Il Fatto Quotidiano

“E a Berlino si sente ancora parlare di corona-party, sono irresponsa­bili”

- USKI AUDINO

italiani all'estero, per i rapporti con l'Italia che abbiamo, è come se venissimo dal futuro rispetto ai paesi in cui viviamo. Ci sentiamo un po' come Cassandra” dice Andrea, astrofisic­o di 47 anni, che vive con la famiglia da 19 anni a Monaco. La Baviera è stato il primo Land in Germania a vietare di uscire di casa solo se non per un numero limitato di motivi. “Il governo federale ha fatto quello che doveva” dice Andrea. “Avendo un paio di settimane di vantaggio sull'Italia, era giusto che facesse le cose con gradualità: prima chiudere stadi, poi le scuole, locali e palestre, e ora il divieto di uscire di casa. L'impression­e è che nessuno minimizza. Stanno usando il tempo in più per preparasi, nelle strutture sanitarie come nell'economia”. Diversa è l'opinione di Ottavia, 47 anni, referente dell'Agenzia nazionale del turismo e a Berlino da 11 anni. “Mi sento insicura e sorpresa di come è stata gestita la situazione qui” continua. “Mi pare incredibil­e che ogni Land prende le decisioni in autonomia: la Baviera chiude e Berlino no, ma invita a prendere le distanze”. “Lo stupore è che l'esperienza italiana non sia stata presa da esempio qui”, aggiunge. Giusy, danzatrice di 25 anni e in Germania da 3, è spaventata: “Qui sottovalut­ano il problema. La gente è menefreghi­sta e non rispetta le distanze” racconta. Ora che dall'Italia non arrivano più soldi, non può rinunciare al suo lavoro di cameriera. “Sarebbe da chiudere tutto e anche il mio capo è d'accordo. Ma finché la decisione non arriva dal governo, a lui non arrivano i soldi per metterci in cassa integrazio­ne” dice. “I miei amici italiani comunque stanno tutti chiusi in casa”. In Germania vivono 831.000 italiani registrati all'Aire, 38.000 a Berlino, riferisce

2020).

Clorinda è un'infermiera di 37 anni e vive da 5 anni con la famiglia a Koepnick, nella cintura Est di Berlino. “Qui si sente ancora parlare di corona-party mentre in Italia si muore” ci racconta. “Il governoha capito la gravità della situazione e si appella alla responsabi­lità dei cittadini. Ma per i miei vicini di casa, ad esempio, il divieto di uscita è difficile da accettare, lede la loro idea di libertà e in più qui nell'ex Est non vogliono sentir parlare di reclusione in casa, troppo vicina la memoria del muro” dice. “Finora il governo ha fatto bene. Lavorando in ospedale so che certe misure drastiche le puoi prendere solo sulla base dei numeri e finora i contagi erano pochissimi”. Fino al 13 marzo erano 3.300 i contagi e 8 morti, ieri il conto è salito a oltre 23.000 infettati e 93 vittime. l'ambasciata italiana (dati

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