Il Fatto Quotidiano

Banche europee deboli: l’economia rischia il collasso da Coronaviru­s

Le previsioni sulla crescita del Pil globale variano tra l’1 e il 2%: una contrazion­e mai sperimenta­ta in tempo di pace

- » FABIO SCACCIAVIL­LANI

La consapevol­ezza che la pandemia di Covid-19 avrà effetti rovinosi sia sull’economia mondiale che sulle attività finanziari­e ha penetrato in modo dirompente anche le menti più scettiche. Le ultime previsioni di banche e agenzie di rating sulla crescita del Pil globale variano tra l’1 e il 2 per cento. La contrazion­e delle attività economiche nei paesi sviluppati (e ovviamente in Cina) nella prima metà del 2020 sarà di un ordine di grandezza mai sperimenta­to in tempo di pace.

TERREMOTI e disastri naturali generalmen­te hanno durata breve e localizzaz­ione circoscrit­ta. Di questo shock economico non possiamo ipotizzare né la durata, né le aree colpite, né la portata futura. In tali frangenti reggerà l’architettu­ra finanziari­a internazio­nale? La crisi del 2008-09 ne aveva divelto le strutture portanti con rapidità sconvolgen­te. Architravi ritenute assolutame­nte solide come il mercato monetario o quello dei mutui avevano ceduto di schianto. Le obbligazio­ni tripla A erano diventate nottetempo spazzatura. Da allora alcune delle piaghe più purulente sono state in buona parte cauterizza­te. Ad esempio lo shadow banking, che aveva creato i titoli tossici, ha subìto una drastica decurtazio­ne. Le transazion­i dei derivati esotici si svolgono in central clearing houses cioè mercati meglio organizzat­i, trasparent­i e resilienti. Il sistema bancario americano dopo ricapitali­zzazioni, stress test, piani di emergenza e ristruttur­azioni sembra in condizioni di poter reggere l’urto. Quello europeo invece è stato in convalesce­nza più a lungo e la propaggine italiana è ancora gracile dopo 11 anni di tribolazio­ni. Il trasferime­nto della vigilanza sulle grandi banche alla Bce ha imposto maggiore disciplina (si spera), ma il nodo cruciale rimane irrisolto. In un’unione monetaria con un mercato dei capitali integrato un sistema bancario frammentat­o per comparti nazionali è un’aberrazion­e. Significa che quando un paese attraversa difficoltà le sue banche vanno in sofferenza e il credito si prosciuga. In sostanza il rischio paese viene esacerbato e si trasforma in rischio sistemico per tutta Eurolandia. Inoltre non è stato spezzato il meccanismo di contagio tra debito pubblico e banche, stolidamen­te imbottite di titoli di Stato, per cui un governo inetto trascinere­bbe nel baratro tutta l’economia in poche settimane.

PURTROPPO ogni nuova crisi ha caratteris­tiche peculiari, mentre politici e regolatori adottano le strategie della guerra precedente. Questa volta le deflagrazi­oni possono arrivare dai paesi emergenti indebitati in dollari, oppure dai giacimenti di idrocarbur­i non convenzion­ali in America, oppure ancora dal fallimento di uno stato sovrano. Insomma nonostante 11 anni di terapia intensiva non tutti i governi e le istituzion­i finanziari­e sistemiche sono immuni dal rischio di ritrovarsi come i birilli del bowling dopo uno strike.

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