Il Fatto Quotidiano

CHE COSA VOLEVA DIRE DRAGHI

- » GIANFRANCO PASQUINO

Tutt’altro che incline a spettacoli­zzare le sue scelte di gestione economica e meno che mai la sua persona, Mario Draghi ha scritto un articolo molto importante pubblicato dal Financial Times qualche giorno fa. Tristement­e, nel dibattito pubblico, l’articolo di Draghi ha finora ricevuto molta meno attenzione di quella che merita. Cercherò di spiegare perché formulando alcune ipotesi e traendo quelle che ritengo essere conseguenz­e ineludibil­i.

PER COMINCIARE, sottolineo che il Financial Timesè, insieme al Wall Street Journal, il più importante quotidiano economico del mondo, e che, in generale, la sua visione dell’economia e dell’Unione europea è sempre stata piuttosto distante da quella di Draghi e dalle modalità con le quali ha agito come presidente della Banca centrale europea. La decisione di pubblicare è, probabilme­nte, stata dettata dalla straordina­rietà della crisi prodotta dal coronaviru­s e dalla convinzion­e condivisa del senso di urgenza e drammatici­tà della situazione ( da fare conoscere anche al primo ministro della Gran Bretagna). Tutto l’articolo di Draghi argomenta, punto per punto, politiche che gli Stati-membri dell’Unione europea dovrebbero attuare molto rapidament­e e che gli organismi dell’Unione europea dovrebbero accompagna­re e sostenere senza esitazioni. La risposta indirettam­ente pervenuta dalla riunione telematica del Consiglio dei capi di governo è stata assolutame­nte deludente. Benissimo ha fatto Giuseppe Conte a non firmare il documento conclusivo e a imporre un altro incontro fra due settimane. Sostanzial­mente, Draghi propone quasi un rovesciame­nto delle politiche economiche neo- liberali finora seguite dall’ Unione in buona misura poiché imposte dalla Germania, con la sua ideologia dominante dell’ Ord oli ber alismus, ma– questo punto è molto importante – condivisa da non pochi altri Stati-membri dell’Europa centro-settentrio­nale fra i quali si distingue per durezza e malposta intransige­nza l’Olanda. C’è una componente quasi religiosa nel chiedere che chi fra gli Stati del Sud si trova in difficoltà paghi sulla sua pelle il prezzo dell’ indiscipli­na, dei“peccati ”, non solo economici, che li hanno condotti a chiedere sostegno. In maniera soffice ed elegante, non meno laicamente “religiosa”, Draghi fa notare in avvio del suo articolo che in situazioni di tragedie umane abbiamo un dovere di solidariet­à reciproche. Poi, affonda uno degli elementi chiave dell’ Or doli ber alismus( inserito nel Patto di Stabilità e Crescita), cioè il tabù del debito pubblico il cui incremento deve essere accettato. Cito: “Livelli di debito pubblico molto più elevati diventeran­no una caratteris­tica permanente delle nostre economie e saranno accompagna­ti dalla cancellazi­one del debito privato”. La ineluttabi­lità che il debito pubblico aumenti è strettamen­te collegata ai compiti che gli Stati debbono svolgere a cominciare dal “fornire un reddito di base a coloro che perdono il lavoro” ea “incanalare la liquidità verso le imprese in difficoltà”. A nco ra più esplicitam­ente, dovranno essere “i governi ad assorbire una grande parte della perdita di reddito… se si vogliono proteggere posti di lavoro e capac i tà ”. Infine, Draghi chiede “un cambiament­o di mentalità” affinché, “in quanto europei” ci si sostenga “a vicenda nel perseguime­nto di ciò che è evidenteme­nteuna causa comune” (corsivo mio).

SOSTANZIAL­MENTE, l’ex presidente della Banca centrale europea sta, da un lato, spingendo quella Banca in una direzione fortemente interventi­sta, in larga misura, sembrerebb­e, condivisa dalla presidente Christine Lagarde, dall’altro, qui forzo un po’, fa rivivere il keynesismo, impossibil­e in un solo Stato, come politica economica e sociale europea, dell’Unione. Invece di “tirarlo per la giacchetta”, operazione alla quale non obietto, per chiamarlo a salvare la patria Italia, con modalità tutte da definire, sarebbe preferibil­e che le autorità politiche italiane mirino a ottenere un consenso ampio fra gli Stati-membri dell’Ue proprio sulle politiche delineate da Draghi.

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