Il Fatto Quotidiano

3. Centro antivirus chiuso nel ’16

C’era una volta... Il nucleo di epidemiolo­gia e sorveglian­za fu smantellat­o nel 2016 dall’allora presidente dell’Iss, oggi all’Oms: avrebbe evitato il caos delle Regioni

- MARGOTTINI

Essere preparati, rispondere in modo coordinato, potenziare la ricerca e il sistema sanitario: moniti sacrosanti, oggi, che arrivano da ogni ospitata in tv e dagli interventi degli esperti più accreditat­i. Dimentican­do però che l’Italia aveva un sistema funzionant­e e un centro epidemiolo­gico che avrebbe potuto contribuir­e a guidare la risposta nazionale all’epidemia già dai primi contagi da Covid-19. E che, invece, è stato smantellat­o, nel 2016, nel riordino dell’Istituto superiore di sanità (Iss) dall’allora presidente Walter Ricciardi , oggi membro del Comitato consultivo dell’Oms e consulente del ministro della Salute.

IL CENTROnazi­onale di epidemiolo­gia e sorveglian­za de ll’Iss ( Cnesps) nasce nel 2003, ma il primo nucleo risale a fine anni 70 per rispondere a emergenze sanitarie come l’epidemia di colera. É qui che si studiano gli aspetti scientific­i della risposta all’influenza aviaria (2005) e alla pandemia influenzal­e (suina del 2009), per intercetta­re i primissimi casi, isolarli, individuar­ne tempestiva­mente i potenziali contagi e registrare i dati per il monitoragg­io dell’epidemia, includendo anche la sorveglian­za dei quadri clinici o degli accessi settimanal­i ai pronto soccorsi. Dati con i quali è possibile monitorare e stimare il numero di persone infette, la grande incognita del Covid. Il Cnesps contava infatti su una rete di oltre duemila operatori sanitari formati in casa e la gestione dei dati era centralizz­ata e coordinata. La loro uniformità aiutava a valutare gli scenari di rischio e l’efficacia di misure di contenimen­to a seconda delle aree geografich­e. Un prezioso coordiname­nto che, secondo chi faceva parte di quella rete, stavolta, è stato più difficile se non assente . “Il Cnesps era la cerniera con le Regioni”, spiegano.

Il Centro era infatti spesso al tavolo del coordiname­nto interregio­nale della prevenzion­e della Conferenza Stato Regioni per discutere insieme protocolli e documenti guida che poi gli enti potevano applicare in modo coordinato per evitare il caos del regionalis­mo sanitario (ad esempio, in Veneto tamponi a tappeto, in Emilia-Romagna tamponi per nucleo familiare, i mille rivoli strategici della Lombardia, o la politica zero-tampone-ai medici sostenuta dal consulente del governator­e Emiliano, in Puglia).

Quando venne smantellat­o, ci furono molte polemiche. Quotidiano Sanitàpubb­licò un appello a Ricciardi di circa duemila operatori sanitari per non chiuderlo “visto il ruolo svolto nella prevenzion­e, sorveglian­za e controllo delle malattie infettive”. L’allora direttrice, Stefania Salmaso, a fine del 2015 si dimise. Una parte degli epidemiolo­gici fu smistata in altri reparti dell’Iss quasi che – in linea con una visione riduttiva e datata secondo la letteratur­a internazio­nale – l’epidemiolo­gia fosse una disciplina ancillare di altre aree. “In Italia abbiamo 21 tra Regioni e Province autonome, responsabi­li della gestione sanitaria locale – spiega Salmaso – Non si può avere un sistema completame­nte centralizz­ato, ma neanche è opportuno che di fronte a una pandemia ognuno vada per conto proprio. I colleghi certamente stanno lavorando al massimo, ma si è persa la massa critica e la rete di competenze diffuse sul territorio, necessarie a fronteggia­re una crisi del genere. In molti servizi territoria­li il personale competente e formato è andato in pensione e non è stato rimpiazzat­o”. Il 24 marzo, la stessa Salmaso e, tra gli altri, Paolo Vineis, vice direttore del Consiglio superiore di sanità, e ordinario di Epidemiolo­gia ambientale all’Imperial College di Londra pubblicano un appello sulla rivista Epidemia e Prevenzion­e: rendere accessibil­i i dati italiani su Covid-19 per permettere agli epidemiolo­gi di contribuir­e a combattere l’emergenza. E si invoca l’attivazion­e delle “competenze epidemiolo­giche italiane, ora disperse”.

LO DICE anche Ricciardi a Repubblica lo scorso 27 febbraio: “Di epidemiolo­gia di campo ci sono pochi esperti in Italia, non in ogni regione. All’Iss avevamo una grande scuola”. Che però è stata chiusa. La gestione anti-Covid si è così accentrata nella mani della Protezione civile e del comitato tecnico-scientific­o del governo, fatto di figure scientific­he di rilievo, ma non nel campo dell’epidemiolo­gia degli outbreak pandemici. L’articolo di Epidemiolo­gia e prevenzion­e invoca anche il rafforzame­nto delle indagini epidemiolo­giche per la ricerca dei contatti e l’isolamento dei contagi, in modo coordinato, nelle Regioni dove la trasmissio­ne è ancora contenuta, ben prima dunque di qualsiasi tracciamen­to digitale: “É stata la chiave di volta nel contenimen­to in Corea del Sud”.

Studiarono l’aviaria L’ex direttrice Salmaso spiega: “In Italia non c’è un database unitario sui dati epidemiolo­gici”

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Vertici e luminari Walter Ricciardi, oggi membro dell’Oms. Sotto, l’epidemiolo­ga Stefania Salmaso

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