La Lombardia fa tutto da sé L’ospedale in Fiera è realtà
Inaugura la struttura realizzata da società legate alla Regione “Dal governo centrale nessun aiuto, nemmeno i ventilatori di Consip”
In piazza Gino Vella c’è il palazzo un po’ bruttino di Casa Milan, davanti una cancellata aggredita dai rampicanti, dietro l’ulti mo lembo della Fiera di Milano, poi lo stradone della tangenziale che porta ai laghi. Oltre quelle vecchie inferriate, fino a pochi giorni fa, c’era uno spazio vuoto e anche malmesso in attesa dell’ennesima esposizione. Ora no, ora si notano distintamente tre silos bianchi della Sapio Group, da qui partono decine di condotte. È la centrale dell’ossigeno, una delle più grandi d’Italia, allestita in pochi giorni per dare aria alle terapie intensive del nuovo ospedale Covid della Fiera di Milano. Che corre a velocità impensabile e che, otto giorni dopo la definizione del progetto finale, è pronto a partire. Meglio di Wuhan.
UN VERO MIRACOLO, un simbolo dello spirito milanese, di chi ci ha messo testa e cuore, degli ingegneri e degli operai che sono italiani, ma anche rumeni, marocchini e di cento altre nazioni. Perché se la Regione Lombardia, come spiegato dal Fatto, ha sottovalutato in parte il rischio, commettendo errori decisivi, dall’a l t ro , scoppiata l’emergenza, ha tirato fuori molto di buono. Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera, ha abbandonato uffici e poltrone, sta più in cantiere che a casa, dorme tre ore a notte, casco e giacca arancione. Moltissimo del merito e dello spirito è suo.
Qui poi tutto è lombardo. Spiace dirlo ma è così. Un dato che a crisi archiviata sarà certo tema del dibattito politico. “In Fiera - ci spiega un ingegnere - i pochi ventilatori che dovevano arrivare con il bando Consip non sono arrivati. Il denaro, circa 15 milioni di euro, per mettere in piedi un vero ospedale, sono di Fondazione Fiera non del governo centrale”. Molti professionisti poi arrivano da Infrastrutture lombarde. Il materiale per allestire i letti di intensiva è stato recuperato dalla Regione in giro per il mondo. L’intero pacchetto è pagato da Fondazione Fiera. Tutto è stato costruito in house e in questo modo, visto che Fondazione è società di diritto privato, si sono evitati i lacci della burocrazia pubblica. Nelle prossime ore, dopo l’inaugurazione di oggi, la struttura passerà, sotto forma di donazione, al Policlinico di Milano che dovrà iniziare un’opera di sanificazione con la prospettiva di portare i primi pazienti già nel fine settimana. “Abbiamo costruito una bellissima ruota di scorta”, spiega il direttore di rianimazione del Policlinico Antonio Pesenti. Una ruota che difficilmente non sarà usata, anche perché i ricoveri in terapia intensiva ogni giorno sono tra i 95 e i 125. Recuperare ogni volta posti non è facile. Certo, a quattro settimane dal contagio le persone iniziano a guarire e vengono dimesse, altre invece muoiono.
Il cuore della struttura, al momento, è al padiglione due. Poche rampe e l’ambulanza potrà arrivare nella cosiddetta tenda calda. Dieci giorni fa, qui c’era solo un modulo appena allestito. Si pensava di andare avanti così, poi molto è stato ripensato, anche in seguito all’arrivo di Guido Bertolaso. Ed eccoci allora tra operai e tecnici, acqua e mascherine, occhi stanchi, poche urla e solo il rumore degli attrezzi. Oltre 200 operai per ogni turno hanno lavorato e lavorano 24 ore su 24. Si cammina dentro a un vero ospedale. Non vi è la minima percezione che questa sia una struttura da campo.
La prima camera che si incontra è quella del laboratorio di analisi. In totale sono tre. Poco oltre ecco la stanza per le radiografie. È tutto pronto, manca solo il macchinario. Chi è invece già arrivata e sta in mezzo a un’altra camera avvolta nel cellophane è la macchina per la Tac. Ci sarà anche una piccola sala operatoria. Si prosegue oltre, tra pareti bianche montate su strutture portanti, autentica opera di carpenteria, nulla qui è prefabbricato.
Sulla destra, lungo il corridoio, si aprono le stanze per i pazienti. Sette letti per camera, moltiplicato per otto moduli. Si inizia così e si arriverà a oltre 200. Le camere sono ampie, sotto a ogni numero colorato in verde ci sono gli attacchi per l’ossigeno. Sono già pronti, mancano solo i macchinari custoditi gelosamente in un magazzino interno alla Fiera.
L’AMBIENTE è strutturato in due corridoio paralleli. Il primo introduce ai letti di terapia intensiva. Qui ogni ingresso è dotato di un’area di compensazione dove i medici si svestiranno e potranno poi accedere al secondo corridoio dove sono state costruite altre stanze per riposare e analizzare i dati. A fianco si apre una sala che verrà utilizzata per la formazione di medici e infermieri. Le stanze per i pazienti ora sono quattro, diventeranno otto e si proseguirà fino a completare il padiglione due. Il padiglione uno è già stato pavimentato. Insomma, la grande diga per respingere la piena del virus è stata eretta.
Roma è lontana
L’opera è costata circa 15 milioni di euro, fondi garantiti da Fondazione Fiera, ente di diritto privato, che la donerà al Policlinico