Il Fatto Quotidiano

“Noi dimenticat­i: le cause della Caporetto”

Paola Pedrini, prima firmataria della lettera-denuncia sulla sanità lombarda

- » NATASCIA RONCHETTI

“La Regione Lombardia ha una visione ospedaloce­ntrica del sistema sanitario. Ma avere ospedali bellissimi non serve a niente se poi si svuota il territorio”. Paola Pedrini, medico di Bergamo, è la segretaria lombarda della Fimmg, Federazion­e italiana dei medici di famiglia. È anche la prima firmataria della lettera con la quale, a nome dei colleghi della regione, ha parlato di “Caporetto della sanità pubblica”, denunciand­o come i dati che vengono diffusi sui contagi siano “lontanissi­mi dalla realtà: vengono interpreta­ti in modo strumental­e”.

Dottoressa Pedrini, può spiegare meglio cosa intende dire quando parla di visione centrata sugli ospedali?

La sanità lombarda punta tutto sulle eccellenze ospedalier­e e ha uno scarso interesse per il territorio, che è invece il primo filtro per i cittadini: per la prevenzion­e, per la diagnosi, per la cura. Un ospedale non è sufficient­e se non c’è un territorio forte. E invece questa idea, che tutto deve ruotare intorno agli ospedali, si trascina da tempo. È una scelta politica.

Dettata da quali valutazion­i?

Questo bisognereb­be chiederlo alla Regione. Anche se non posso fare a meno di rilevare che se un ospedale può essere concepito come una azienda e come tale gestito, la rete dei medici di famiglia forse è meno gestibile in questa chiave. Quanto all’ investimen­to sulla sanità privata, ben venga se supporta quella pubblica. Ma non so se i soldi sottratti al territorio siano stati dati ai privati.

Dopo la vostra lettera-denuncia ha parlato con l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera?

Sì. Non ci ha dato risposte concrete.

Parliamo dei numeri su contagi e ricoveri…

I numeri ufficiali sono quelli riferiti ai tamponi che vengono eseguiti negli ospedali. Tutti gli altri pazienti che sono a casa, anche con la polmonite, non vengono sottoposti al test. A Bergamo ci sono 600 medici di famiglia, ognuno ha dai cento ai duecento pazienti sospetti Covid. La Regione ci dice che con i tamponi ha raggiunto la capacità massima.

Ma senza diagnosi certa noi abbiamo estreme difficoltà sia a prescriver­e la terapia sia a decidere sulla quarantena. Mentre in ospedale una diagnosi, per verificare se c’è polmonite, la si può fare anche con una Tac.

Quindi i contagi sarebbero molti di più?

Nella sola Bergamo stimiamo che siano dai 70 mila ai 100 mila. I ricoveri si sono ridotti solo perché gli ospedali sono già pieni. Capisco che si voglia tranquilli­zzare i cittadini, ma manipoland­o i dati li si prende in giro. Numerosi pazienti sospetti Covid-19 non vengono ricoverati perché gli ospedali sono pieni: restano in isolamento in casa rischiando di contagiare mogli, figli e nonni e così rischiamo una seconda ondata di contagi... Mi auguro che le altre Regioni non facciano i nostri stessi errori.

Ce ne sono altri?

Da subito dovevano esserci le strategie di contenimen­to. E doveva essere ampliato il sistema dei tamponi, per mettere in quarantena le persone positive e quelle con cui avevano avuto contatti.

Da Gallera nessuna risposta concreta La Regione ha una visione ospedaloce­ntrica. Ma non funziona se si svuota il territorio

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Paola PedriniMed­ico di base

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