“Noi dimenticati: le cause della Caporetto”
Paola Pedrini, prima firmataria della lettera-denuncia sulla sanità lombarda
“La Regione Lombardia ha una visione ospedalocentrica del sistema sanitario. Ma avere ospedali bellissimi non serve a niente se poi si svuota il territorio”. Paola Pedrini, medico di Bergamo, è la segretaria lombarda della Fimmg, Federazione italiana dei medici di famiglia. È anche la prima firmataria della lettera con la quale, a nome dei colleghi della regione, ha parlato di “Caporetto della sanità pubblica”, denunciando come i dati che vengono diffusi sui contagi siano “lontanissimi dalla realtà: vengono interpretati in modo strumentale”.
Dottoressa Pedrini, può spiegare meglio cosa intende dire quando parla di visione centrata sugli ospedali?
La sanità lombarda punta tutto sulle eccellenze ospedaliere e ha uno scarso interesse per il territorio, che è invece il primo filtro per i cittadini: per la prevenzione, per la diagnosi, per la cura. Un ospedale non è sufficiente se non c’è un territorio forte. E invece questa idea, che tutto deve ruotare intorno agli ospedali, si trascina da tempo. È una scelta politica.
Dettata da quali valutazioni?
Questo bisognerebbe chiederlo alla Regione. Anche se non posso fare a meno di rilevare che se un ospedale può essere concepito come una azienda e come tale gestito, la rete dei medici di famiglia forse è meno gestibile in questa chiave. Quanto all’ investimento sulla sanità privata, ben venga se supporta quella pubblica. Ma non so se i soldi sottratti al territorio siano stati dati ai privati.
Dopo la vostra lettera-denuncia ha parlato con l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera?
Sì. Non ci ha dato risposte concrete.
Parliamo dei numeri su contagi e ricoveri…
I numeri ufficiali sono quelli riferiti ai tamponi che vengono eseguiti negli ospedali. Tutti gli altri pazienti che sono a casa, anche con la polmonite, non vengono sottoposti al test. A Bergamo ci sono 600 medici di famiglia, ognuno ha dai cento ai duecento pazienti sospetti Covid. La Regione ci dice che con i tamponi ha raggiunto la capacità massima.
Ma senza diagnosi certa noi abbiamo estreme difficoltà sia a prescrivere la terapia sia a decidere sulla quarantena. Mentre in ospedale una diagnosi, per verificare se c’è polmonite, la si può fare anche con una Tac.
Quindi i contagi sarebbero molti di più?
Nella sola Bergamo stimiamo che siano dai 70 mila ai 100 mila. I ricoveri si sono ridotti solo perché gli ospedali sono già pieni. Capisco che si voglia tranquillizzare i cittadini, ma manipolando i dati li si prende in giro. Numerosi pazienti sospetti Covid-19 non vengono ricoverati perché gli ospedali sono pieni: restano in isolamento in casa rischiando di contagiare mogli, figli e nonni e così rischiamo una seconda ondata di contagi... Mi auguro che le altre Regioni non facciano i nostri stessi errori.
Ce ne sono altri?
Da subito dovevano esserci le strategie di contenimento. E doveva essere ampliato il sistema dei tamponi, per mettere in quarantena le persone positive e quelle con cui avevano avuto contatti.
Da Gallera nessuna risposta concreta La Regione ha una visione ospedalocentrica. Ma non funziona se si svuota il territorio