PATRIMONIO, “I PRIGIONIERI DI ZANDA” POI EVADONO
Tempo di quarantena, di vecchi film e gustosi remake. Così, il celebre Prigioniero di Zenda diventa il Prigioniero di Zand a . T r ama: a esser preso in ostaggio dal senatore Luigi Zanda, indimenticato portavoce di Cossiga e oggi tesoriere del Pd, è il patrimonio culturale della nazione, conferito a un fondo e usato come garanzia dei prestiti internazionali per la ricostruzione dell’economia italiana. E se non paghiamo? “È un’ipotesi a cui non voglio nemmeno pensare”, dice il lungimirante Zanda. Premesso che ci vogliono “idee nuove e molto coraggio”, il senatore ha il coraggio di ripresentare un’idea del 2002 di Tremonti (che l’ha appena rivendicata sul C or r ie re ), ripresa ed estremizzata nel 2014 da Marchino Carrai.
Zanda calza l’elmetto ( eredità del padre: capo della polizia): “Siamo in g u e r ra ”. Metafora demenziale che autorizza le più solenni boiate. Come quella del sindaco Sala, che invece di tacere pensando agli aperitivi sui Navigli, annuncia che nel “dopo guerra” Mattarella dovrà convocare una Costituente per riscrivere la Carta.
Se una cosa questo dramma la insegna, è che la Costituzione va attuata. Per il diritto alla salute individuale e collettiva, per la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale. È lo Stato che bisogna ricostruire: impegnare i gioielli di famiglia, invece, è un atto di disperazione a cui segue il suicidio. Per fortuna siamo al cinema: alla fine, il prigioniero di Zanda evade.