Il Fatto Quotidiano

LA CHIESA, LE MESSE E IL RISPETTO UMANO

- ANTONIO SPADARO

Al tempo della pandemia da Covid-19 i fedeli delle varie religioni si sono trovati a vivere una situazione inedita. In particolar­e, i credenti delle religioni monoteiste non hanno potuto celebrare con le proprie comunità di appartenen­za, in maniera ordinaria, le grandi feste che sono tutte cadute in aprile: la Pasqua ebraica, quella cattolica, quella ortodossa e il Ramadan.

La ragione è nell’impediment­o a riunirsi a causa delle norme stabilite dai governi di molti Paesi in tutto il mondo per rallentare la diffusione di un virus altamente contagioso. La proibizion­e delle celebrazio­ni nei luoghi di culto è solo un esempio delle restrizion­i di vasta portata all’esercizio di molti diritti umani e libertà civili in tutto il mondo, determinat­e dallo sforzo di far sì che la distanza fisica prevenga efficaceme­nte le infezioni. Dopo la caduta del Muro di Berlino, non si ricorda in Europa una simile restrizion­e della libertà religiosa o di altri diritti fondamenta­li, che sono la spina dorsale della nostra democrazia e dello Stato di diritto. Tante voci si sono levate come se in alcuni Paesi si fosse messa in discussion­e la libertà di culto. Che cosa pensare di quanto è accaduto, dunque?

Per una valutazion­e adeguata occorre comprender­e che per l’umanità la sfida che stiamo vivendo è davvero seria. Abbiamo assistito – in mancanza di un vaccino e di cure adeguate – allo sconvolgim­ento dei sistemi sanitari nazionali in tutto il mondo. I focolai pandemici hanno provocato il contagio e la morte. Limitare severament­e il contatto fisico tra le persone si è rivelato l’unico rimedio efficace, riducendo al minimo tutte le attività non essenziali: commercial­i, culturali e sportive, raduni e celebrazio­ni private. Tutto questo ha significat­o una certa limitazion­e dei diritti fondamenta­li sanciti dal diritto nazionale, internazio­nale ed europeo. Tra questi, il diritto alla libertà di religione o di credo, che infatti comprende la libertà di ogni persona di manifestar­e, anche in comunità e in pubblico, la propria religione o il proprio credo, nel culto, nell’insegnamen­to, nella pratica e nell’osservanza. Le modalità proprie di una celebrazio­ne liturgica – che richiede gesti, contatto, prossimità, che non è detto siano compatibil­i con i protocolli di sicurezza – non sono immuni, come ogni attività umana, dai meccanismi di trasmissio­ne del contagio. Inoltre, una cosa è visitare individual­mente un museo o una libreria, altra cosa è partecipar­e a una liturgia comunitari­a: ogni paragone tra le due attività è improprio.

Se alcuni diritti fondamenta­li come la libertà di coscienza o di espression­e non dipendono dal contatto sociale, altri invece – come la libertà di religione o di credo, e la libertà di associazio­ne – sono diritti strettamen­te legati alla comunità e alla libertà di riunione. Proprio questi sono quindi particolar­mente influenzat­i dalle misure attuali di lockdown.

La salute pubblica è menzionata specificam­ente dalla Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo come uno dei rarissimi motivi per limitare la libertà di religione o di credo (articolo 9). Alcuni Stati hanno dichiarato emergenze nazionali, che consentono anche alcune restrizion­i dei diritti fondamenta­li ai sensi della Convenzion­e. Quindi, le attuali restrizion­i sono legali e accettabil­i dal punto di vista dei diritti umani. Consideria­mo che la protezione dei deboli e dei vulnerabil­i è un valore molto elevato anche dal punto di vista religioso, e quindi deve essere bilanciata con il bisogno di comunità e di aggregazio­ne. I provvedime­nti sono volti a salvaguard­are la vita umana, sia dei credenti che degli altri membri della società. Dunque, è importante riconoscer­e che il divieto delle assemblee, comprese le celebrazio­ni religiose, non deve normalment­e essere inteso come discrimina­zione religiosa o addirittur­a persecuzio­ne.

Tuttavia, tutte le restrizion­i dei diritti fondamenta­li devono avere una base giuridica, essere necessarie, adeguate, ragionevol­i e generalmen­te proporzion­ate in relazione allo scopo che servono e al diritto che limitano. La minaccia del Covid-19, per quanto grave, non esonera governi e parlamenti da questi requisiti. Le voci della comunità giuridica e di diverse comunità religiose si sono chieste se tutte le misure del lockdown siano proporzion­ate. D’altra parte, l’urgenza e il pericolo hanno richiesto ai governi di prendere decisioni molto serie e di vasta portata con brevissimo preavviso, ponendo sulle loro spalle un carico enorme in termini di responsabi­lità. È il caso per l’Italia dei “Decreti del Presidente del Consiglio”(Dpcm), atti amministra­tivi che non hanno forza di legge e che servono per dare attuazione a norme o varare regolament­i.

La società, portatrice di diritti fondamenta­li, deve dunque essere consapevol­e che le attuali restrizion­i servono principalm­ente all’imperativo morale di proteggere le vite umane e non sono utilizzate per altri scopi politici, tranne in pochi deplorevol­i casi. Se negli Stati democratic­i è sempre necessario mettere in discussion­e e controllar­e da vicino le azioni del governo, soprattutt­o quando limitano i diritti fondamenta­li, questo non ci sembra il momento per invocare una malintesa “disobbedie­nza civile”.

Tenendo presente che la dignità umana è più della vita umana e che gli esseri umani hanno bisogno di contatti sociali, i cittadini possono avere comunque dubbi sulla legalità delle misure adottate. Alcune di esse pongono chiarament­e la questione se siano adeguate e proporzion­ate. In tali casi esiste ed è sempre legittimo e appropriat­o approfondi­re per valutare e, se è necessario, correggere le misure in questione. Ciò corrispond­e all’esercizio di un altro diritto fondamenta­le: quello della tutela giuridica.

Ma è chiaro che, generalmen­te parlando, occorre esercitare pazienza e buona volontà, seguendo con realismo le norme volte a proteggere gli altri dalle infezioni. Sottovalut­are le indicazion­i dell’autorità sanitaria significhe­rebbe essere irresponsa­bili. È invece fondamenta­le che siano messe a disposizio­ne dai governi misure ad hoc che permettano ai fedeli di partecipar­e al culto in condizioni di sicurezza sulla base dell’evoluzione della curva epidemiolo­gica. Non si devono assolutame­nte trascurare le esigenze spirituali delle comunità religiose che, con i loro valori, contribuis­cono a garantire la tenuta e la coesione sociale. In particolar­e, in Italia, dal 18 maggio nelle chiese cattoliche riprendono le celebrazio­ni liturgiche con il popolo nel rispetto delle normative sanitarie. La decisione è frutto di un Protocollo sottoscrit­to dal presidente del Consiglio, il presidente della Conferenza episcopale italiana e il ministro degli Interni. Analoghi impegni sono stati assunti con le altre Confession­i religiose. Per ciò che riguarda le Chiese cristiane, è sempre importante considerar­e che il culto e l’azione pastorale sono pure vissute, come possibile, anche in condizione di lockdown. La Chiesa, se davvero è tale, non è mai “chiusa”.

AL BUIO È sempre importante considerar­e che il culto e l’azione pastorale sono pure vissute anche in lockdown

 ?? Ansa ?? Si riprende il 18 Le funzioni religiose, seppur con le nuove regole anti-Covid, ripartiran­no dal prossimo lunedì
Ansa Si riprende il 18 Le funzioni religiose, seppur con le nuove regole anti-Covid, ripartiran­no dal prossimo lunedì
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy