Il Fatto Quotidiano

COME EVITARE DI FARE PIÙ DEBITI

- ▶ PHILIP LAROMA JEZZI

Chi paga il prezzo di un ulteriore aumento del debito pubblico italiano? Premesso che gli Stati, diversamen­te dagli individui, sono astrattame­nte immortali, un problema di restituzio­ne in sé del debito sovrano non esiste; e quindi questo “peso” viene trasmesso di generazion­e in generazion­e senza particolar­i patemi d’animo.

La vera questione, dunque, è quella della gestione e della sostenibil­ità di questo fardello.

SE IL DEBITO DIVENTA sproporzio­nato, gli investitor­i cominciano a preoccupar­si che lo Stato non sia in grado di onorare gli impegni presi e, quindi, o smettono di acquistare i suoi titoli, anzi li vendono, oppure pretendono interessi crescenti. È la famosa self-fullfillin­g-profecy: si comincia a temere che l’Italia faccia default e, a causa dei comportame­nti che quel timore determina, il default si materializ­za davvero.

Insomma, c’è una soglia oltre la quale il debito, da una cosa assolutame­nte normale, e infatti tutti gli Stati lo hanno, diventa un grosso problema.

Sembra di capire che noi questa soglia l’abbiamo superata da un pezzo e se è vero che le prospettiv­e di crescita del Pil sono agghiaccia­nti, si comprende agevolment­e che stiamo correndo un grosso pericolo.

Ecco, allora, che l’idea di accattonar­e finanziame­nti dalla Ue a me urta parecchio: considero la Ue un parente, o alla peggio un congiunto, dell’Italia e dunque mi aspetterei soluzioni che, pur senza deresponsa­bilizzarci, allo stesso tempo non ci trasformin­o in un vero e proprio zombi finanziari­o. Certo, è vero che gli Stati che in passato hanno fatto ricorso a finanziame­nti europei, come la Grecia, la Spagna e l’Irlanda, dopo una prima fase di lacrime e sangue hanno ripreso fiato. Ma, salvo dimostrare che tali esperienze siano replicabil­i nel caso Italia, la “ripresa” ha prodotto conseguenz­e gravissime del loro rispettivo tessuto sociale. In particolar­e, è aumentata la diseguagli­anza: i ricchi sono diventati più ricchi mentre gli altri sono diventati tutti più poveri.

Perché questo? Per tanti motivi, ma il principale è che il debito, quando diventa eccessivo, costringe lo Stato a fare due cose: aumentare le imposte e ridurre i servizi e, guarda caso, entrambe queste cose incidono sulle fasce economicam­ente più deboli della popolazion­e.

Quanto all’imposizion­e, questo è vero in quanto non sono le rendite, in particolar­e finanziari­e, a essere colpite dall’aumento della fiscalità, ma il lavoro. I redditi da lavoro e delle piccole imprese sono gli unici a essere assoggetta­ti alla tassazione progressiv­a, mentre il resto “gode” di una flat tax di fatto.

Ma è sul versante dei servizi che il fenomeno è più dirompente.

Per capirlo dobbiamo considerar­e che la “ricchez za” di una persona non si misura solamente dai soldi che ha, ma anche dalla quantità e qualità dei beni e servizi di cui essa ha diritto in quanto cittadino di un certo Stato.

È intuitivo che, a parità di soldi sul conto corrente, uno svedese è più “ricco” di un italiano o di un greco. Ed è altrettant­o intuitivo che, a parità di beni e servizi offerti da uno Stato ai propri cittadini, sono quelli più deboli che ne usufruisco­no di più: se sono infatti una persona dotata di mezzi economici ingenti, non mi preoccupo se la sanità pubblica è penosa perché posso farmi curare a pagamento, se del caso in Svizzera o negli Usa.

ECCO SPIEGATOco­me l’aumento eccessivo del debito produca conseguenz­e negative sulla distribuzi­one della ricchezza nazionale. Ma quel che è più grave è che l’aumento della diseguagli­anza avviene in modo incontroll­ato e in assenza di un processo democratic­o che vi sovrintend­a. Se gli americani votano un presidente che promette la riduzione della pressione fiscale sui ricchi e della copertura sanitaria dei poveri, direi che se la sono cercata. Ma quando ciò avviene in conseguenz­a del fatto che la finanza pubblica va fuori controllo perché la nave ha imbarcato troppa acqua, ecco allora che il problema diventa assai più grave e investe la stessa tenuta del sistema di check and balances che ci siamo dati.

Detto questo, io preferirei di gran lunga che la ricchezza nazionale, anziché essere drenata dalle forze incontroll­abili del cosiddetto Mercato, fosse gestita in maniera consapevol­e. L’Italia è, sotto tanti punti di vista, un Paese povero popolato da ricchi. Questo, nel sacrosanto rispetto della Costituzio­ne, deve cambiare: prima di ricorrere al debito eccessivo, e metterci in mano alla speculazio­ne internazio­nale, dobbiamo far fronte con i mezzi che già abbiamo.

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