3. IL PREMIER: “FARÒ COME LA FRANCIA”
Dopo l’apertura di Gualtieri, il premier chiude all’uso del fondo salva-Stati
Il Mes non lo vuole nessuno
Il Movimento 5 Stelle, come detto ieri al Fatto dal capo politico Vito Crimi, sul Meccanismo europeo di solidarietà ( Mes) non ha cambiato idea: “Noi restiamo sul no”, cioè sul no a ricorrere ai prestiti dell’ex fondo Salva-Stati. E non pare aver cambiato idea neanche Giuseppe Conte, che ha sempre definito quello strumento “inadeguato”: il presidente del Consiglio ha scelto di esplicitare, seppur in un articolo di retroscena, la sua posizione su Repubblica, lo stesso giornale sul quale il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri si era mostrato assai più possibilista (“il Mes costituisce una importante rete di sicurezza”, “un eventuale utilizzo da parte dell’Italia verrà valutato a tempo debito”).
IL “TEMPO DEBITO” di Conte è sostanzialmente mai: la sua posizione è che l’Italia potrebbe accettare di chiedere l’aiuto della nuova linea di credito sanitaria del Fondo solo se lo facesse prima la Francia, un’eventualità già esclusa dal governo di Emmanuel Macron, che invece – come l’Italia – dovrebbe ricorrere ai prestiti del fondo Sure contro la disoccupazione. Le ragioni di Conte sono due, una oggettiva – per così dire – e l’altra di contingenza politica. Partiamo da quest’ultima, che è anche la più ovvia: se il M5S non cambia idea sul no al “salv a- S tati ”, chiederne l’intervento vuol dire aprire una crisi di maggioranza e far cadere il governo.
La ragione oggettiva è invece poco considerata dalla pubblicistica nostrana: ricorrere al Mes – ammesso che sia in qualche modo conveniente e nient’affatto concesso che non sia un modo di portarsi la Troika in casa – avrebbe un “effetto stigma” sull’Italia. Tradotto: sarebbe come dire ai mercati che siamo in difficoltà, cioè come sanguinare davanti agli squali. Risultato: la pretesa convenienza del Mes (tutta da verificare su presupposti tecnici reali, visto che i suoi cantori spesso dimenticano le commissioni e il fatto che si tratta di crediti “privilegiati”) sarebbe annullata con una richiesta di maggiori esborsi sul resto del nostro debito mandandoci dritti sotto le cure delle cosiddette Omt della Banca centrale europea, sulla cui natura “greca” – o “condizionata” come dicono quelli bravi – nessuno dubita.
L’effetto stigma, peraltro, sarebbe un dato di fatto, a stare a un modulo per l’assistenza finanziaria del Mes pubblicato sul sito del Parlamento finlandese (il file è del 4 maggio): lo ha pubblicato ieri La Verità rivelando come nel preambolo il Paese che chiede aiuto debba ammettere “un rischio per la stabilità finanziaria”.
UNA FORMULA troppo esplicita che, se sono furbi, verrà attenuata, ma che rivela una volta di più la natura politico-ideologica di questo fondo a solida guida tedesca: una banca per Paesi che stanno andando per stracci e che ha l’u ni co mandato di far rientrare i soldi in cassa con gli interessi.
Il vero ostacolo sulla “via francese” di Conte è il Pd (a non dire di quello stato d’animo detto Italia Viva): a quanto risulta al Fatto, gira fra i maggiorenti del partito un dossier che dovrebbe dimostrare l’estrema convenienza dei prestiti “sanitari” del Mes. L’offensiva mediatica partirà nelle prossime settimane. Certo, se tutti gli altri Paesi Ue si ostinano a non volerne sapere sarà dura anche per gente ottimista come i democratici. D’altra parte, la trattativa sul Recovery Fund non pare andare nel verso desiderato da Roma.
Le manovre dem
Il Pd, fan dei prestiti a rischio Troika, sta per aprire un fronte dentro la maggioranza