Zaia? No, il Veneto lo ha salvato Crisanti, nonostante il boiardo della Sanità Mantoan
Il virologo ha suggerito la ricetta vincente al governatore, che lo ha ascoltato
Modello Veneto? Luca Zaia valoroso timoniere della nave in tempesta, “astro nascente della Lega” e magari, chissà, premier? Sarebbe meglio andare cauti. All’origine del successo della Regione Veneto nel contenere l’epidemia di Covid rimane pur sempre una delle vicende più imbarazzanti di questi mesi, difficile da dimenticare.
LO SCONTRO tra il professor Andrea Crisanti, il virologo dell’Università di Padova che ha ispirato al governatore le scelte vincenti, e il supermanager della sanità regionale scelto da Zaia nel 2010 Domenico Mantoan, che dal novembre scorso si è insediato alla presidenza dell’Aifa (sempre su indicazione di Zaia).
La data della disputa dice già molto: il 12 febbraio, prima di Codogno. E anche l’oggetto del contendere: gli asintomatici, chi ha contratto l’infezione ed è in grado di trasmetterla silenziosamente ad altri. Il vero “cigno nero ” del l’ep idemia soprattutto in quei giorni di febbraio, perché in grado di rendere inefficaci tutte le precauzioni adottate dai governi occidentali: dai termoscanner negli aeroporti alla definizione di “caso sospetto” stabilita dall’Oms e adottata da quasi tutti i paesi inclusa l’Italia, che faceva riferimento a una grave sintomatologia respiratoria.
Lo scambio di lettere è noto: Crisanti propone di estendere i tamponi ai “soggetti asintomatici rientranti dalla Cina”, iniziativa che fa infuriare Mantoan al punto da spingerlo a minacciare conseguenze per quello screening che non rientrava “tra la prestazioni coperte dal fondo del Ssn”, il Servizio sanitario nazionale. In quel momento “il virologo di Vo” arrivato a Padova dall’Imperial College di Londra non era noto al grande pubblico e non sedeva ancora nel comitato tecnico scientifico della Regione Veneto istituito il 4 marzo. Ma su come affrontare l’epidemia aveva già le idee chiare: a metà gennaio, quando ancora il contagio sembrava una lontana “sindrome cinese”, Crisanti convince l’ospedale di Padova ad acquistare reagenti per mezzo milione di tamponi. E a partire dal genoma del nuovo virus elabora un test che offre risposte in tre ore. Queste intuizioni e l’acquisto di un robot Usa in grado di processare 10 mila tamponi al giorno, sono alla base del successo del Veneto.
12 febbraio
Il professore chiedeva tamponi a chi veniva dalla Cina, il manager era contrario:
"Il Ssn non paga"
A GENNAIO il virologo elabora anche linee-guida avanzatissime (adottate dall’Università di Padova quando ancora non esistevano quelle nazionali) che prevedevano l’isolamento domiciliare per tutti gli esponenti della comunità accademica rientranti dai viaggi nelle aree colpite, “sia in assenza
che in presenza di sintomi”, fino al risultato del tampone. L’Oms ammetterà solo ad aprile la minaccia rappresentata dagli asintomatici.
Ma il Veneto, ad eccezione di Crisanti, quanto era pronto ad affrontare l’epidemia? A Zaia si deve senz’altro l’intuizione di aver ordinato lo screening di massa sulla popolazione di Vo’ Euganeo, forse proprio per riparare a quell’imbarazzante scontro sulla ricerca degli asintomatici ( che nel paesino del Padovano risulteranno essere più del 50% degli infetti). Per il resto, la sua linea è cambiata in continuazione. Il 27 febbraio chiedeva di “riaprire le scuole”, scagliandosi contro una “pandemia mediatica e digitale”. Salvo poi coinvolgere Crisanti nel comitato di esperti e adottare lo stile di guerra che l’ha contraddistinto nella fase acuta della pandemia, carico di immagini crude del tipo “le tubature degli ospedali sono congelate da quanto ossigeno consumano i malati”. O ancora, a proposito delle distanze di sicurezza: “Inutile che vi stia a dire di cercare il metro di distanza, evitate! Chiunque si avvicina a noi può mandarci in terapia intensiva, vedetevi già col tubo in bocca”. Ciononostante nei giorni scorsi ha preteso che le più prudenti distanze indicate dall’Inail per la riapertura fossero ridotte a un metro. Insomma, il merito di Zaia è uno: aver capito che la battaglia si vinceva domando l’epidemia. Per poter riaprire prima e meglio.