Sui contratti a termine c’è una deroga, solo per l’estate però
In deroga al decreto Dignità sarà possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti a tempo determinato anche senza le causali previste dalla legge voluta dal Di Maio “g i a l l overde”. Questa la misura inserita nel decreto Rilancio (non ancora in Gazzetta ufficiale) che ha fatto gridare ad alcuni, tra cui il Cor Sera, al “liberi tutti” annunciando la rapida dipartita della stretta sul lavoro precario voluta dal M5S. Ma ad oggi il provvedimento è una revisione che non ha nulla di sostanziale: è una norma temporanea, dettata dall’urgenza, per evitare che chi ha un contratto a termine – ogni mese ne scadono circa 300mila – venga lasciato a casa. Con l’aggravio che avrebbero come unico aiuto la Naspi, che però ha un importo più basso rispetto agli altri ammortizzatori sociali. La soluzione adottata prevede, quindi, per i prossimi due mesi e mezzo la rimozione del parametro più rigido introdotto a luglio 2018 dal decreto Dignità: l’obbligo per le aziende di indicare la causale per i rinnovi dei contratti a termine o per quelli che hanno già una durata superiore ai 12 mesi.
LA MINI PROROGA, nelle intenzioni del governo, serve a rafforzare la portata di quanto già previsto dal Cura Italia, che ha introdotto una specifica (e altrettanto temporanea) deroga al generale divieto di prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato e di somministrazione (il lavoro interinale non è invece previsto dal decreto Rilancio) presso le aziende che hanno deciso di richiedere gli ammortizzatori sociali. In altre parole, per evitare che un lavoratore a cui sta scadendo il contratto possa restare senza cassa integrazione, il suo datore di lavoro deve rinnovarglielo. “È un provvedimento quanto mai necessario. Non può essere considerato un misuratore dell’efficacia del decreto Di gni tà”, commenta il presidente della Fondazione consulenti del lavoro Rosario De Luca. Ideologia permettendo.