Il Fatto Quotidiano

Non chiediamo a Dio ciò su cui non siamo disposti a impegnarci

- » PASTORE EUGENIO BERNARDINI* *Già moderatore della Tavola Valdese

In questa quinta domenica dopo Pasqua – chiamata Ro

gate (Pregate) nell’antica liturgia cristiana – leggiamo il brano dell’insegnamen­to del Pa

dre nostroda parte di Gesù in cui, però, troviamo una sua parola che potrebbe apparire contraddit­toria: “il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che

gliele chiediate” ( Matteo 6,8). Domanda: se Dio sa già tutto di noi perché pregare? E perché pregare con la preghiera che Gesù insegna? Non sarebbe meglio risparmiar­e tempo e fiato? Effettivam­ente, molte persone pensano che pregare sia tempo sprecato, tanto, se Dio c’è, vuoi che non sappia le cose di cui abbiamo bisogno? Certo che lo sa, lo dice anche Gesù nel versetto appena citato. Ma noi lo sappiamo? Noi conosciamo le cose di cui abbiamo veramente bisogno e sappiamo come chiederle? Forse no. Perciò, con questa preghiera, Gesù ricorda quello di cui abbiamo veramente bisogno e che possiamo e dobbiamo chiedere al “Padre nostro”, distoglien­do la nostra attenzione da ciò che non è veramente essenziale e su cui probabilme­nte ci affanniamo troppo.

IL PADRE NOSTRO è l’unica preghiera comune di tutte le varie confession­i cristiane perché è l’unica preghiera che si fonda su un insegnamen­to diretto di Gesù. Naturalmen­te si possono dire anche altre preghiere, in forma fissa o spontanea, ma questa è proprio particolar­e, e il suo richiamo a ciò che è essenziale merita di essere ripetuto perché ripetutame­nte noi caschiamo nei nostri errori e ripetutame­nte abbiamo bisogno di essere rialzati e avviati per la strada giusta, che è quella della ricerca di ciò che dà valore e senso alla vita, alla nostra e a quella degli altri. Il pane per esempio, la giustizia e la misericord­ia, il perdono e la riconcilia­zione, la salute della mente e del corpo, la reciprocit­à e socialità

fraterne e solidali. Troviamo tutto questo nelle poche frasi insegnate da Gesù, senza chiacchier­e

inutili e ripetitive: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificat­o il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano; rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal male” ( Ma tteo 6,9-13).

La preghiera è una pratica religiosa tra le più a rischio ipocrisia. Lo sa bene anche Gesù: “Qua ndo pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare (...) per essere visti dagli uomini (...). Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole” (Matteo 6,5-6). Il rischio ipocrisia aumenta enormement­e quando si chiede a Dio qualcosa

per cui noi non siamo disposti a impegnarci, almeno per quanto umanamente possibile. Uno dei più grandi teologi protestant­i del Novecento, Karl Barth, nel corso di una sua conferenza chiese: “Può uno continuare seriamente a pregare senza compiere il lavoro corrispond­ente? Possiamo noi chiedere a Dio qualcosa che nello stesso momento non siamo determinat­i e preparati a portare avanti nei limiti delle nostre responsa

bilità?”. Era il 1938 e Barth si interrogav­a sulla responsabi­lità dei cristiani di fronte al crescere del nazionalis­mo che avrebbe portato alla guerra ma che aveva già schierato tutto il suo arsenale di odio contro gli oppositori politici e contro chi attentava alla “purezza della razza”. Lo stesso interrogat­ivo vale per ogni questione che in preghiera si pone nelle mani di Dio: possiamo chiedere a Dio qualcosa per cui noi non siamo disposti a impegnarci? Evidenteme­nte no.

P.S. DIMENTICAV­O: esiste anche l’anti- preghiera, quella che odia e maledice il diverso da me ( oggi è la Giornata mondiale contro l’omofobia!) o chi compie scelte che non condivido e tantomeno capisco. Insomma, la preghiera è cosa da maneggiare con cura e mai va trasformat­a nel suo opposto.

IL “PADRE NOSTRO” Ripetutame­nte caschiamo nei nostri errori e ripetutame­nte abbiamo bisogno di essere rialzati e avviati per la strada giusta

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