Il Fatto Quotidiano

“CASO DI MATTEO”, IL CONFLITTO È INESISTENT­E

- » ANTONIO ESPOSITO

Ne ll ’ intervista resa domenica scorsa a La Repubblica, la presidente del Senato Casellati ha dichiarato, in relazione al “ca so Bonafede- Di Matteo”: “S on o preoccupat­a. Per la prima volta nella storia della Repubblica registro un conflitto grave tra un membro del Csm e il ministro della Giustizia, che sono espression­i di due organi interdipen­denti. Certo è che un conflitto di questo genere non può restare senza risposta. Anche il Csm deve fare la sua parte. L’amministra­zione della giustizia esige in primo luogo regole e giudizi eguali per tutti, perché non sopporta opacità di sorta. Solo così si può riconquist­are la fiducia dei cittadini”.

TRALASCIAN­DO qualsiasi consideraz­ione in ordine all’ul timo periodo che afferma cose ovvie e che non hanno nulla a che vedere con il “caso Bonafede-Di Matteo” della “pasionaria Berlusconi­ana” sono, anche storicamen­te, prive di qualsiasi fondamento.

Innanzitut­to, nel caso in questione, non vi è stato alcun “conflitto”, tantomeno “grave”, tra un membro del Csm e il ministro della Giustizia. Quando Bonafede propose a Di Matteo nel giugno 2018 la nomina a capo del Dap, per poi ritrattarl­a il giorno dopo quando il magistrato aveva dato la sua disponibil­ità, quest’ultimo non era membro del Csm e il fatto che egli abbia rivelato tali circostanz­e alcuni giorni orsono, divenuto, nel frattempo, componente di tale organo, non cambia alcunché perché egli non ha contestato il ministro in virtù del suo “status” di componente del Csm, ma addirittur­a non lo ha proprio contestato essendosi ben guardato dal muovere censure al Guardasigi­lli per la sua scelta del capo del Dap nella (diversa) persona di Francesco Basentini, nomina (forse sbagliata) che, comunque, rientrava nella esclusiva competenza del ministro. Sarà opportuno ricordare alla Casellati che un “c onf litt o” ( di quelli veri) tra il Csm e il ministro di Giustizia – (trasformat­osi in un duro scontro tra alcuni membri e il Guardasigi­lli) – vi fu nel 1992 in occasione della nomina del (primo) Procurator­e nazionale antimafia quando tre componenti del Csm – (i due togati Alfonso Amatucci dei “Ve rd i” e Gianfranco Viglietta di M.D. e il laico del Pds Franco Coccia) – votarono a favore di Agostino Cordova, e due (giustament­e) a favore di Giovanni Falcone (uno si astenne).

Il ministro Martelli non si pronunciò sul “concerto” (previsto per gli incarichi direttivi) e chiese altra documentaz­ione che il Csm rifiutò di inviare. Lo scontro, violento, prolungato – (terminò solo con la morte del valoroso e coraggioso magistrato nella strage di Capaci) – finì per personaliz­zarsi con accuse nei confronti del ministro, che “voleva imporre al Csm il suo candidato”, e dello stesso Falcone, al punto che il ministro sentì il dovere di affermare: “I membri del Csm, che hanno sferrato una campagna propagandi­stica contro il giudice Giovanni Falcone hanno compiuto un’infamia”, ottenendo come risposta un atto di citazione con il quale il laico Coccia chiedeva al Guardasigi­lli un risarcimen­to di un miliardo di lire (!!).

CASELLATI SBAGLIA

La presidente del Senato ha chiesto un intervento dell’organo supremo: non è che auspica una “censura” per il magistrato?

COSÌ CIRCOSCRIT­TOnei suoi giusti (e modesti) termini il “caso Bonafede-Di Matteo”, la sortita della seconda carica dello Stato – che si dichiara “pr eo cc up at a” perché “il conflitto è grave” e necessita di “una risposta” e che “anche” il Csm deve fare “la sua parte” – fa sorgere un dubbio: non è che, per caso, la “risposta” riguardi la sfiducia presentata in Senato dall’opposizion­e nei confronti del ministro di Giustizia e che “la parte”, che si vuole il Csm faccia, consista in una delibera che censuri il comportame­nto del consiglier­e Di Matteo ?

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