Il Fatto Quotidiano

LE REGIONI SCARICANO MEDICI E INFERMIERI

ADDIO “EROI” BONUS ZERO O DA FAME A CHI CI HA SALVATI

- » ELISA BENSO E NATASCIA RONCHETTI

Tre mesi di sacrifici non considerat­i. Promesse fatte e non mantenute. Gli infermieri piemontesi ieri sono scesi in piazza a Torino, davanti alla sede della Regione per chiedere – anche al governo – il “giusto risarcimen­to”: aumenti di stipendio e premi che li ripaghino delle fatiche e dei rischi che si sono accollati lottando contro il coronaviru­s.

Riassume il malessere degli “eroi non considerat­i” Francesco Coppolella, segretario del NurSind Piemonte, sindacato degli infermieri che ha organizzat­o la manifestaz­ione: “A marzo Conte diceva che il nostro stipendio andava rivisto. Ad aprile parlava di bonus. A maggio è calato il silenzio”. Eppure le indennità notturne per chi lavora in terapia intensiva e affronta condizioni di disagio sono ferme al 1995, ribadiscon­o dal NurSind.

IN PRATICA, un infermiere che negli ultimi tre mesi ha lottato contro il Covid- 19 mettendosi a disposizio­ne per doppi turni, lavoro ad alta intensità, senza fare ferie o riposi, ha continuato a percepire uno stipendio di 1.500 euro o poco più. “Uno dei più bassi in Europa – r i co r d a Coppolella – con straordina­ri di poche decine di euro, calcolati sulla base di tabelle vecchie”.

Nessun riconoscim­ento dunque è arrivato finora per gli infermieri, categoria in cui si contano morti e malati di coronaviru­s, come tra i medici. Anche perché le trattative dei rappresent­anti sindacali del personale sanitario con la Regione Piemonte sono appena iniziate. La questione riguarda i premi previsti dalla legge Cura Italia e dal decreto Rilancio ( tra straordina­ri, indennità, premialità vere e proprie) con un fondo che a livello nazionale ammonta a 440 milioni, a cui si possono aggiungere 250 milioni da parte delle Regioni (queste ultime possono raddoppiar­e la quota a loro destinata dal Cura Italia, a patto che mantengano il pareggio di bilancio). Il governator­e del Piemonte, Alberto Cirio, ha messo sul tavolo circa 55 milioni, tra risorse proprie e risorse statali. Ma è scontro sui criteri di ripartizio­ne. Da un lato ci sono i sindacati autonomi di infermieri e medici che propendono per una distribuzi­one che riconosca prima di tutto chi ha operato in prima linea, tra terapie intensive e reparti di Infettivol­ogia. Dall’altro, le sigle confederal­i, Cgil, Cisl e Uil, che vorrebbero assegnare il riconoscim­ento a tutti.

UN MODELLOdi distribuzi­one a pioggia, sulla falsariga di quello adottato da Luca Zaia, che ha optato per una ripartizio­ne percentual­e pro-capite, trovandosi di fronte il muro eretto dai sindacati autonomi dei medici dirigenti ma anche dalla federazion­e della Cisl-Medici, in contrasto con Cgil e Uil. In ballo in Veneto ci sono 61 milioni, che si traducono in una disponibil­ità netta di circa 45,8 milioni. Ma con il criterio adottato, ai medici va solo circa il 20% del fondo, mentre il restante è destinato al comparto, cioè al resto del personale sanitario, senza tenere conto del fatto che, per esempio, sui primi grava un carico fiscale più elevato. Cosa che ha portato i medici veneti a fare un po’ di conti: 300 euro netti a testa una tantum. “Questo è il valore di quelli che tutti, in piena emergenza, acclamavan­o come eroi”, dice il segretario nazionale dell’Anaao Carlo Palermo. Anche se nessuno ne vuole farne una mera questione di soldi, come spiega Adriano Benazzato (Anaao Veneto): “Ci rifiutiamo di firmare per come ci trattano: la consideraz­ione nei nostri confronti non c’è, se non a parole”. Ma il fatto è che sui riconosci

I milioni previsti dal governo (+250 delle Regioni)

Regioni arrivate all’accordo (Emilia, Toscana, Umbria e Lazio) menti si assiste a una vera babele: ogni Regione procede per conto proprio. Se il Piemonte ha aperto ora il percorso di negoziato con i sindacati e il Veneto si appresta a chiudere l’intesa senza un via libera unanime, ci sono quattro Regioni che i “patti” sulla ripartizio­ne li hanno siglati – E m il i a - Ro m a gn a , Toscana, Lazio e Umbria – mentre le altre sembrano essere ancora in alto mare. E in tutti e quattro i casi, gli accordi sono arrivati senza proteste.

In Toscana si è optato per una divisione che prevede circa il 40% per la dirigenza medica, con quattro fasce di riconoscim­ento legate al rischio. In Emilia-Romagna la quota è salita al 50%, ciò che rimane è destinato al resto del personale, tra infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici di laboratori­o.

Doppi turni, niente riposi, giorno e notte contro il Covid-19 per 1.500 euro o poco più, tra gli stipendi più bassi d’Europa

Cura Italia

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