“Gli autori sono i miei genitori, ma il mio maestro è il pubblico”
ex musa di Almodóvar torna al cinema italiano
L’abbiamo
amata nel ruolo di Agrado in Tutto su mia madredi Almodóvar. Con il magnetico sguardo dalle profondità oceaniche, Antonia San Juan è tornata al cinema italiano in Istmo, firmato da Carlo Fenizi, regista pugliese che con la sua quarta opera continua a “sfidare la realtà, a sfuggirle, per poi provare a c om p re n de rl a ”. È lui a spiegare la scelta di un titolo forte come la potenza simbolica della sua storia, “metafora perfetta di separazione e unione che rivela quanto qualunque barriera interiore non riesca a bloccare l’impeto dell’emozioni”. E racconta di un’estasi registica vissuta con Antonia, dopo aver creato per lei un personaggio che porta il suo nome ed è specchio dell’anima sospesa del protagonista Orlando (Michele Venitucci). Cosa l’ha convinta ad accettare il ruolo ?
Era destino che accadesse. Ho apprezzato molto la sceneggiatura e con Carlo si è stabilita subito una connessione speciale. È importante sentire la fiducia e l’ammirazione. Quando questo accade è naturale consegnarsi all’altro.
Un paradosso che questo film esca in un tempo (di pandemia) in cui ci sentiamo tutti ai confini delle nostre esistenze…
Una casualità incredibile perché il tema che suscita grande riflessione riguarda due tipi di confinamento. Quello autoindotto del protagonista, per il quale il virus diventa il fattore umano: ombra e proiezione di ogni paura. E quello indotto dalla realtà esterna, che produce una condizione di prigioniera al mio personaggio, la cui sedia a rotelle non le impedisce di celebrare la vita.
Il protagonista è ostaggio non solo della sua casa dove lavora come traduttore, ma anche dei social che utilizza come influencer.
Lui è prigioniero di gabbie mentali. Lei gode di una libertà che va molto oltre la circostanza fisica e diviene esempio per Orlando, opponendosi alla sua incapacità di avanzare nella vita nel momento in cui rifiuta di lavorare con chi non ha la capacità di essere libero.
Che esperienza è stata girare tra Foggia e Lesina, con cast e maestranze pugliesi ?
Ho un ricordo bellissimo di tutte le persone che hanno lavorato
sul set, emozioni che ogni volta che ricordo, mi lasciano senza parole.
Le mancava il cinema italiano?
Sono cresciuta con Una giornata particolare, Giulietta degli
Spiriti, La ciociara, ho adorato la Loren, la Magnani e la Cardinale. Sento nostalgia dell’It ali a, tanto da essermi convinta di aver avuto in una vita precedente – pur non avendo questo tipo di fede –, un contatto fortissimo con questo Paese. Anche l’esperienza con Salvatores in Amnesia è stata la conferma di un’a ttrazione per il cinema italiano che non è mai finita. Ha lavorato anche nel teatro e in tv...
Ho imparato a unire le varie discipline: la televisione è necessaria per avere popolarità, ma il teatro è da sempre un’autentica passione. L’essere stata poi anche regista e sceneggiatrice mi ha consentito di essere l’attrice che desideravo essere.
Fenizi dice di lei che è un’attrice in ascolto rispetto alla vita… È la dote più importante per un interprete. Gli autori sono stati i miei genitori, ma i l primo vero maestro è stato il pubblico. Se si ha la capacità di ascoltarlo, guida alla verità della scena. Un’idea sul pubblico del futuro ?
Ho imparato a vivere come tutti nell’incertezza, ma soprattutto a non avere paura. Si pensava che il cinema fosse in crisi e poi sono nate le piattaforme digitali. È bene rimanere al passo con i tempi. Che Istmo – disponibile sulla piattaforma Chili – sia dunque per ognuno occasione per riflettere sul grado di prigionia, libertà o felicità che si vivono. Lo sarà certamente.
Ho imparato a vivere nell’incertezza, come tutti, ma soprattutto a non avere paura: bisogna rimanere al passo con i tempi