Il Fatto Quotidiano

Cortese: “Così prendemmo Brusca”

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“RICORDO TUTTO DI QUEL GIORNO, l’adrenalina, l’attesa, e poi, finalmente, l’arresto di Giovanni Brusca”. A parlare è il questore di Palermo, Renato Cortese, che il 20 maggio 1996 era nella squadra Catturandi della Mobile di Palermo a coordinare gli uomini che stavano dando la caccia al boss di San Giuseppe Jato arrestato in una villetta vicino al mare dell’Agrigentin­o. “Ricordo che venne arrestato mentre guardava un film su Falcone. Alla vista dei poliziotti gettò il cellulare dalla finestra con un gesto di stizza”. “Io mi trovavo nella cabina delle intercetta­zioni e ho seguito tutto in diretta da Palermo – racconta ancora Cortese all’Adnkronos –. Non ero da solo, mi piace ricordare che c’erano uomini e donne della Squadra Mobile, come nelle altre catture, perché questo è un lavoro di sinergia, un lavoro di squadra. Un ispettore – continua Cortese –, ebbe l’idea di fare passare una moto smarmittat­a proprio mentre Brusca era al telefono. E mentre alcuni poliziotti erano appostati a pochi metri e altri ascoltavan­o la sua voce, la moto con la marmitta rotta è passata nei pressi della villa facendo un rumore assordante. Era la prova che Brusca fosse lì – conclude –. Così abbiamo dato l’ok per l’intervento”.

Renato Cortese, dieci anni dopo, avrebbe messo le manette ai polsi di Bernardo Provenzano.

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Renato Cortese nel 1996 era nella la squadra che arrestò Giovanni Brusca
Ansa Il questore e il boss Renato Cortese nel 1996 era nella la squadra che arrestò Giovanni Brusca
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