Il Fatto Quotidiano

Nardella tiene chiusi i musei: così ricatta il governo Conte

La cultura come merce di scambio

- » TOMASO MONTANARI

AFirenze

il sindaco Dario Nardella prende in ostaggio Masaccio e Donatello, e minaccia di non liberarli finché il governo Conte non ripianerà il buco di un bilancio comunale dissennata­mente fondato sulla tassa di soggiorno garantita dall’overtouris­m che, fino a ieri, consumava e insieme teneva in piedi Firenze. Non è un’iperbole: i Musei Comunali non hanno riaperto.

A Firenze il sindaco Nardella prende in ostaggio Masaccio e Donatello, e minaccia di non liberarli finché il governo Conte non ripianerà il buco di un bilancio comunale dissennata­mente fondato sulla tassa di soggiorno garantita dall’ov e rt o u ri s m che, fino a ieri, consumava e insieme teneva in piedi Firenze. Non è un’iperbole: i Musei Comunali ( del calibro della Cappella Brancacci e dello stesso Palazzo Vecchio) non hanno riaperto. In un comunicato assai preoccupat­o per la sorte dei lavoratori, la Cgil ha scritto che Nardella tiene chiusi i musei “come monito nei confronti del governo centrale nel caso in cui non arrivino adeguate risorse pubbliche”. Più che un monito, un ricatto, sulla pelle dei lavoratori.

La momentanea fine della bolla dell’overtouris­mstrappa la maschera alla insopporta­bile retorica fiorentina della cultura. Ricordate il decreto di Renzi (e Franceschi­ni) che, nel settembre 2015, inseriva i musei tra i servizi essenziali? Allora si trattava di impedire che i lavoratori del Colosseo facessero legittimam­ente sciopero: “Non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalis­ti contro l’Italia”, tuonò Renzi presidente del Consiglio. Oggi è il suo erede Nardella a prendere in ostaggio i musei pubblici, dimostrand­o quanto gliene importi del servizio essenziale della cultura. Il museo vale finché rende: ma un minuto dopo che smette di farlo, si può buttar via la chiave. D’altra parte, Renzi lo aveva detto apertament­e: “Gli Uffizi sono una macchina da soldi, se li facciamo gestire nel modo giusto”. Inceppatas­i la macchina, i musei possono pure morire.

MA NARDELLA GIURA di non essere Renzi, e ora va dicendo di aver finalmente capito che quel modello era insostenib­ile. Se questa clamorosa conversion­e fosse vera, se non fossero solo lacrime di coccodrill­o, invece di farci assistere a questa squallida sceneggiat­a il sindaco dovrebbe cogliere l’occasione per cambiare tutto. Ad esempio: i musei comunali dovrebbero essere gestiti per il pubblico, non come depositi di capolavori amministra­ti dalla politica. Se non fosse possibile, bisognereb­be avere il coraggio di rinunciare al balzello del biglietto. Si pensi alla Cappella Brancacci di Masaccio e Masolino, artificios­amente separata dalla basilica del Carmine di cui fa parte, e visitabile attraverso un percorso che toglie a chi la vede la coscienza dell’unità del contesto in cui si trova. In questi giorni, con il ‘sequestro’ dei musei comunali, la Cappella è visibile da lontano, dalla chiesa, ma è resa inaccessib­ile da dissuasori ora doppiament­e surreali. Ebbene, si abbia il coraggio di rimuoverli per sempre. Per tutti gli altri veri musei (da Palazzo Vecchio al Museo del Novecento) il 1º passo sarebbe costituire, finalmente, al loro interno delle vere comunità di ricercator­i (assunti a tempo indetermin­ato). E poi farli guidare da direttori scovati con bandi internazio­nali (affidati alla comunità scientific­a) e non da imbarazzan­ti figure locali con l’unico merito di esser completame­nte genuflesse al sindaco.

PRIMA ANCORA, bisognereb­be ripartire dalle circa 200 persone che lavorano neimusei comunali, e che oggi si vedono ‘sequestrat­e’ insieme alle opere che custodisco­no: “Addetti in appalto, con stipendi bassi e con contratti part time involontar­i: cioè lavoro povero”(ancora la Cgil). Il Comune non deve usare questi lavoratori per strappare al Governo soldi una tantum, con cui tamponare la spesa corrente, ma dovrebbe semmai chiedere un’integrazio­ne struttural­e al bilancio della cultura per assumerli a tempo indetermin­ato, reinternal­izzando così una funzione cruciale. Se non lo fa, è perché il sistema dell’arte comunale rimanga nelle mani in cui lo mise Renzi sindaco: quelle fidatissim­e dell’amico scout Matteo Spanò, presidente di Muse, l’associazio­ne che gestisce questo patrimonio senza eguali al mondo. Lo stesso Spanò che presiede quella Banca di Credito Cooperativ­o di Pontassiev­e che nel 2010 concesse alla

Chill Post di Tiziano Renzi un mutuo di 496 mila euro (l’inchiesta per bancarotta fraudolent­a della società fu archiviata nel 2016).

Ora che la gallina delle uova d’oro s’è bloccata, i fiorentini si accorgono che l’arte dei loro padri non è più per loro: spariscono i turisti e il luna park abbassa il bandone. Come mi ha scritto un amico la cui famiglia ha contribuit­o a fare la storia della cultura fiorentina dell’ultimo secolo: “Sono tantissimi i fiorentini che, come me, assistono basiti alla totale assenza di attenzione politica ai fabbisogni culturali dei cittadini. La chiusura dei musei fiorentini rappresent­a una delle più gravi barbarie (…). Non capisco perché non si consenta una volta tanto, in condizioni (speriamo) irripetibi­li, di aprire i musei come fossero case, a chi questa città la vive. (…) Ancora una volta si perde una grande occasione per cercare di ristabilir­e quel necessario senso di cittadinan­za e di appartenen­za che da tanto, troppo tempo questa città ha ormai perduto. Mi dispiace e mi fa anche tanta rabbia, perché siamo chiamati al sacrificio e alla rinuncia senza poter imparare dai nostri avi che le barbarie e la desertific­azione dello spirito si combattono anche con la bellezza che ci appartiene, ma che di fatto ci viene negata ‘perché non è convenient­e aprire i musei’”. C’è del metodo in questa follia: chi tratta i lavoratori come merce, considera merce i musei. In questo caso, merce di scambio.

La scelta di non riaprire? ‘Un monito verso Palazzo Chigi nel caso non arrivino adeguate risorse pubbliche’

CGIL

Invece di farci assistere a questa squallida sceneggiat­a il primo cittadino dovrebbe cogliere l’occasione per cambiare tutto

La bellezza sotto chiave I cittadini si accorgono che i capolavori non sono per loro: senza vacanzieri, l’ingresso resta sbarrato

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Sopra, Palazzo Vecchio , ancora chiuso A sinistra, Dario Nardella
LaPresse Opere in ostaggio Sopra, Palazzo Vecchio , ancora chiuso A sinistra, Dario Nardella
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