Autostrade, pressing per il verdetto Da Chigi insistono: obiettivo revoca
governatori Toti e Bonaccini: "Fate presto". Il governo: novità in settimana
Sarà questa, o almeno così promettono, la settimana decisiva per la querelletra governo e Autostrade che si trascina dal crollo del ponte Morandi, ormai dell’agosto di due anni fa. Fonti di palazzo Chigi ammettono che quello in cui ci troviamo è uno “stallo alla messicana”, in cui ognuna delle controparti aspetta e spera che sia l’altra a cedere e che ogni mossa è studiata per “vedere che succede” dal lato opposto del tavolo. Da dieci giorni il dossier curato dalla ministra per i Trasporti e le Infrastrutture Paola De Micheli è nelle mani di Giuseppe Conte, che ora ha intenzione di tornare a gestire in prima persona la trattativa, in particolare dopo lo scontro dell’altro ieri interno ai giallorosa. Con il viceministro Cancelleri, quota M5S, che ha accusato la titolare del dicastero, esponente del Pd, di aver trattato in solitaria. Uno spettacolo che al premier pare non sia piaciuto per nulla (anche perché il dossier ce l’aveva già lui). La separazione consensuale non sembra all’ordine del giorno. Tanto più che, in aggiunta a quella – nota – del 5 marzo scorso, da parte di Aspi ci sarebbe stata anche una successiva ipotesi di accordo, anche quella finita senza intesa con il governo, perché “insoddisfacente” come quella di prima.
È in questo clima di “rapporti di fiducia completamente rotti”, per dirla ancora con fonti di governo, che palazzo Chigi si avvia a ritentare la carta “duri ssima”, la stessa che minaccia da mesi. Ovvero la revoca della concessione, strada che resta impervia per via delle conseguenze giudiziarie che aprirebbe. Ma è quello “l’obiettivo” che si torna a indicare, con la speranza – non troppo malcelata - che i Benetton si convincano a vendere prima di ritrovarsi “una scatola vuota”. Una trattativa che in sostanza va avanti a colpi di ricatti, con l’ultima minaccia, due sere fa, di bloccare gli investimenti e fare causa allo Stato se Atlantia non si vedrà concessa la garanzia pubblica per i 2 miliardi di prestito richiesti. “Non è possibile trovare sul mercato quei soldi che servono per fare tutte le opere - ha ribadito ieri il direttore generale di Aiscat, l’associazione dei concessionari, Massimo Schintu - E non è possibile trovarli esclusivamente a causa dei decreti fatti dal Governo”. Chiedono a Conte di decidere in fretta anche il presidente della Liguria Giovanni Toti (Fi) e quello dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini (Pd): “Ci sono miliardi di opere bloccate che potrebbero partire domattina. La questione va sbloccata al più presto”.