Quando l’editore vince sempre: criticare la Fiat non è barbarie
Caro Coen, come diceva il Principe de Curtis, sono uomo di mondo e ho pure fatto il militare a Cuneo. Quindi capisco che quando l’editore-padrone chiama, tu direttore rispondi. Soprattutto se il padrone è la Fiat. Che chiede un prestito più che agevolato di 6,3 miliardi, e qualcuno ( finanche nel disastrato centrosinistra) protesta ricordano la storia delle società nei paradisi fiscali europei. Apriti cielo, perché subito scende in campo una nutrita pattuglia di commentatori, editorialisti, storici della domenica, per “ripristinare la verità”. Ovviamente la loro verità. Chi oggi attacca la Fiat (e a cascata tutti gli altri potentati finanziari) è un selvaggio, un assatanato luddista da indicare subito al pubblico ludibrio. Ha scritto giorni fa Massimo Giannini, direttore de La Stampa: “Un’idea tanto rozza dei rapporti tra economia, politica e informazione non esisteva neanche negli Anni ’ 50, quando a Torino la Fiat e il Pci costruivano la trama delle relazioni industriali del Paese”. È l’inizio di una narrazione dell’Italia del dopoguerra (ricostruzione, boom economico) tutta rose e fiori. Sembra di vederli i leader del Pci e della Cgil intenti con Agnelli e Valletta a costruire “trame”. La Storia non andò esattamente così. Ricostruzione e boom sconvolsero il Paese in modo selvaggio. Lo scontro sociale era fortissimo, le sofferenze di intere aree sociali indescrivibili. Servivano braccia e il Sud (impoverito e tradito da una riforma agraria sempre più svuotata dei suoi aspetti innovativi) moriva. In soli cinque anni, dal 1958 al 1963, dal Mezzogiorno partirono un milione e mezzo di persone verso le regioni del triangolo industriale. Tanti Rocco e i suoi fratelli presero il “Treno del sole” e si ammassarono nella stazione di Torino Porta Nuova. Paesi abbandonati. Famiglie divise. Tanta sofferenza, e lotte, scioperi per condizioni di vita umane. Questa è la “nostra” Storia. Mi iscrivo al partito dei “rozzi”, perché il dolore di milioni di uomini e donne vale più di 6,3 miliardi di euro.