Medici non specializzati: da eroi anti-virus a untori senza lavoro
Il 29 maggio protestano i dottori. Sono laureati, ma senza specializzazione non c’è futuro: ora chiedono l’accesso al corso. Altrimenti c’è l’espatrio. Ma chi curerà gli italiani?
Da eroi contro la pandemia a untori, fino alla disoccupazione: è la parabola dei medici (laureati) senza specializzazione. In pieno lockdown sono stati chiamati in trincea, a combattere il Sars- CoV- 2; con contratti a tempo e senza straordinari, s’intende. Il 1º maggio, come “r in g ra zi amento”, arriva la stigmate degli untori: “Gli specializzandi hanno una vita sociale attiva, sono loro a creare pericolo negli ospedali”, ha detto Daniele Donato, direttore dell’Azienda ospedaliera di Padova. I giovani dottori in corsia hanno scioperato il 5 maggio. Ma almeno sono iscritti alla specializzazione: un miraggio, per molti altri è un miraggio. Pperciò i medici scendono in piazza il 29 maggio.
“DOPO IL SACRIFICIO nei reparti Covid il futuro è precario o senza lavoro”, avvisa Francesco Possanzini, 28 anni. I manifestanti si organizzano sulla pagina Facebook "Medici in mobilitazione permanente": “Chiediamo che ogni laureato abbia accesso alla specializzazione”, dice Possanzini. Oggi assiste i malati Covid poco gravi, nelle loro case: è quotidianamente esposto al contagio, Francesco, lavorando a Macerata nell’Unità Speciale di continuità assistenziale (Usca). Sono i team medici che seguono i pazienti a domicilio: la cosiddetta “medicina territoriale”, invocata come antidoto al collasso sanitario. Le Usca sono nate a marzo, con la “chiamata alle armi” dei medici laureati, ma senza accesso al corso per specializzarsi. Come Francesco Possanzini: “Abbiamo tappato i buchi nella sanità, con responsabilità medico- legali di cui non avremmo dovuto farci carico”. E quando la pandemia sarà alle spalle torneranno a casa, contemplando il futuro nero: “Senza specializzazione i medici possono stare solo in guardia medica con contratti precari”, spiega Possanzini. Ma in Italia è una corsa a ostacoli infinita, la specializzazione.
Il prossimo bando sarà a luglio o a settembre. Il guaio non è quando, ma quanti: “Parteciperanno tra i 22 e 25 mila medici e i posti disponibili saranno 12-13 mila”, dice Possanzini. Ergo: circa 1 medico su 2 non passerà, a tutto danno dei pazienti. I dottori “a spasso”, infatti, lasceranno sguarniti gli ospedali. Nel 2025 mancheranno 16 mila medici, secondo le stime pre-pandemia. Grazie a Quota cento, 24 mila dottori andrebbero in pensione entro il 2021, per il sindacato dei medici e dirigenti sanitari (Anaao e Assomed). Ecco perché i medici in corsia ora sono una priorità, dopo aver tagliato 37 miliardi in 10 anni. Dal 2009, infatti, c’era il blocco delle assunzioni. Ma a dicembre dell’anno scorso, col Dl fiscale, il cambio di rotta: le Regioni ora possono aumentare il personale sanitario (ogni anno) ma con parsimonia, spendendo non più del 15% dell’aumento stabilito per il Fondo sanitario nazionale.
Come inizio, si potrebbe garantire la specializzazione ai medici impiegati contro il Covid, invece di rispedirli a casa col contratto scaduto. Altrimenti, per loro, c’è l’espatrio: “L’Italia è tra i pochi Paesi europei dove la laurea non dà accesso alla specializzazione”, dice Francesco Possanzini. Nessuna meraviglia, dunque, se in Ue il 52% dei dottori che emigra viene dallo Stivale. Ecco il nostro primato.