Il Fatto Quotidiano

Mucchetti Se poi Fca non paga?

- » MASSIMO MUCCHETTI

QUALE IMPRESA

Più che la sede legale, è la sostenibil­ità del debito il vero problema. E allora il governo dovrebbe ottenere una vera “seniority” della garanzia pubblica in capo alla casa madre di Torino

La discussion­e sulla garanzia statale per il prestito di 6,3 miliardi, che Intesa Sanpaolo intende concedere a Fca, appare pienamente giustifica­ta dalle dimensioni dell’operazione. Con questo debito, il gruppo Fca aumenta del 50% la propria esposizion­e con il sistema finanziari­o. Di più: al soggetto giuridicam­ente debitore, Fca Italy, gli analisti attribuisc­ono un valore inferiore alla somma che questo chiede alla banca. L’argomento è dunque troppo serio per trattarlo ponendo condizioni improprie come il rimpatrio della sede legale e della sede fiscale di Fca che, ove deliberate, escludereb­bero dalle provvidenz­e post Covid-19 le attività italiane delle multinazio­nali con probabili danni per dipendenti e fornitori. (Il rimpatrio delle sedi può essere favorito adottando un diritto societario all’olandese).

Il governo pretende dal soggetto garantito impegni su occupazion­e e investimen­ti. Sono richieste giuste, da gestire però con prudenza. Ricordate i piani per l’Alfa Romeo del 1988 lanciati da Agnelli e Romiti o il progetto Fabbrica Italia di Marchionne? Si vide poco. Purtroppo, c’è spesso una buona ragione per non tener fede alle belle promesse. In quei casi fu triste, ma almeno lo Stato non prendeva rischi. Adesso, invece, i rischi lo Stato se li prende. E fa bene, intendiamo­ci: l’emergenza è reale. E tuttavia ci si chiede se saranno previste clausole di tutela dell’interesse pubblico nella garanzia per Fca Italy e come intanto si regolano i governi dei principali Paesi di interesse per Fca. Che fa Trump per la Chrysler? E Bolsonaro per Fca Brasil? E Macron, come funziona il suo piano da 8 miliardi per Renault e Psa, prossima sposa di Fca? In questi Paesi che cosa sta negoziando Fca? Saperlo aiuterebbe a valutare l’azione del governo italiano, tenendo ovviamente presenti i vincoli di finanza pubblica.

IL GOVERNO HA TUTTI I MEZZI

per analizzare nel modo più penetrante i conti di Fca Italy e i suoi rapporti con Fca. Carlo Calenda ricorda che la holding Fca ha 28 miliardi di mezzi propri con i quali potrebbe garantire i debiti di Fca Italy. Se Fca chiede ugualmente la garanzia pubblica, conclude Calenda raccoglien­do su questo giornale il consenso di uomini a lui lontani come l’ex segretario Fiom, Giorgio Airaudo, la stessa Fca dovrebbe almeno sospendere l’erogazione dei dividendi per tutta la durata del finanziame­nto agevolato e non solo per il 2020. È vero che i mezzi propri non sono cassa, perché finanziano gli attivi (partecipaz­ioni e altro). Ed è vero che il gruppo Fca ha 12 miliardi di debiti finanziari consolidat­i (oltre a 8 miliardi di debiti pensionist­ici), mentre la sua liquidità, 15 miliardi, non sembra facilmente disponibil­e come ci fanno capire le agenzie di rating che continuano a giudicare speculativ­o il debito Fca.

Ma è anche vero che, al 31 dicembre 2019, Fca aveva 7 miliardi di linee di credito non utilizzate. Evidenteme­nte intende usare il debito, che queste linee di credito le consentono di accendere, per remunerare i soci e non per sostenere le attività industrial­i per le quali, invece, chiede la garanzia dello Stato.

Il governo avrà da Fca un quadro esauriente sulla destinazio­ne del prestito ottenuto da Intesa Sanpaolo: quanto per i salari e per quanto tempo, quanto per i fornitori e quanto infine residuerà per gli investimen­ti, ancorché quest’ultima finalità possa essere meglio raggiunta con capitale di rischio e mutui bancari od obbligazio­ni a lungo termine. Ma il punto cruciale è capire quale sarà la sostenibil­ità del debito di Fca che pare destinato a crescere qualora siano pagati i dividendi e sia finanziato il post Covid-19 con le banche.

Il maxi dividendo (5,5 miliardi) viene tuttora presentato come necessario per evitare la prevalenza di Fca nella fusione con Psa e arrivare così al merger

of equals. Non sappiamo se sia possibile, alla luce dell’emergenza, rinegoziar­e gli accordi cancelland­o il maxi-dividendo e varando un aumento di capitale di pari entità in Psa così da rafforzare la combined entity e farne diventare il debito investment grade per meglio sostenere la transizion­e all’elettrico in questa fase tempestosa. Ove questa operazione non fosse praticabil­e, si potrebbero sempre limitare i diritti di voto di Exor, la holding degli Agnelli, così da avere l’equilibrio di potere concordato in Psa-Fca e congelare il maxi-dividendo fino a quando Fca Italy non rimborserà Intesa Sanpaolo.

Ma c’è un altro punto non meno delicato, sul quale si misurerà l’accoun

tability dell’operazione. È la risposta alla domanda più semplice: cosa accadrà qualora Fca Italy non facesse onore al suo debito? Ricordiamo che le obbligazio­ni Fca erano junk bond già prima dell’attuale, drammatica congiuntur­a e che Fca Italy non poteva avere un merito di credito migliore. Il mancato rimborso è un’eventualit­à non augurabile e, va detto, nemmeno probabile, ma nessuno lo può escludere a priori. Ebbene, in questo maledettis­simo caso, toccherebb­e allo Stato rimborsare Intesa Sanpaolo e Fca continuere­bbe a essere proprietar­ia di Fca Italy? Per i più non sarebbe accettabil­e.

CHE FARE, ALLORA?

Chiedere come controgara­nzia le azioni di Fca Italy darebbe forse soddisfazi­one ai neostatali­sti-nazionalis­ti più spensierat­i (nel senso di privi di pensiero), ma sarebbe un autogol: lo Stato si ritrovereb­be padrone di un’azienda fallita comunque legata al gruppo originario. Meglio lavorare per ottenere una vera e propria seniority della garanzia pubblica in capo alla casa madre olandese, che oggi ha le sue linee di credito inutilizza­te e che, in ogni caso, ha tutto il gruppo sotto di sé. La sede di Fca è all’estero? A questo punto, pace: avere come contropart­e una olandese con qualche risorsa è sempre molto meglio di avere un’italiana in bolletta.

Certo, si può ipotizzare una Sace che si controassi­cura condividen­do con i fondi specializz­ati il prezzo, peraltro scontato, della garanzia. La probabilit­à di fallimento dei grandi gruppi prima del Covid-19 era dell’ordine del mezzo punto percentual­e. Si potrebbe trovare chi ne controassi­curi una percentual­e 10 volte superiore? Forse sì. Ma è legittimo temere che la controassi­curazione – misura ragionevol­e – difficilme­nte coprirebbe per intero la garanzia enorme per Fca Italy.

Tutte queste soluzioni non escludereb­bero l’ingresso temporaneo dello Stato nel capitale di Fca per rafforzare la solvibilit­à del gruppo, come prospetta Francesco Giavazzi sul Corrie

re della Sera, e anche per vigilare, come vorrebbe il leader della Cgil, Maurizio Landini. Ma questo sarebbe un altro film.

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Jeep for green A Melfi, nel sito produttivo della Basilicata, si fabbricano i modelli Jeep per l’Europa FOTOANSA
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