Riaperture, decidono tre governatori del Sud
“FONTANA, TOTI E CIRIO NON SONO PRONTI”
Che succede mercoledì? Si potrà uscire dalla propria Regione per andare a trovare un familiare, passare un weekend fuori o farsi una vacanza? Se lo domandano tutti, ma proprio tutti: se lo domandano, cioè, pure i ministri e il presidente del Consiglio che a quelle domande dovranno rispondere.
LA SITUAZIONEè
a suo modo paradossale: il punto non è tanto sanitario quanto politico. Di fatto, a decidere come e quanto sarà ristabilito il diritto costituzionale alla libertà di movimento saranno tre Regioni del Sud, quelle cioè che minacciano di chiudere le loro (immaginarie) frontiere: Campania, Sardegna e Sicilia in rigido ordine alfabetico, ma qualche sospetto c’è pure sulla Puglia.
Per capire, serve una breve spiegazione. I dati del monitoraggio che affluiscono al ministero della Salute – dovrebbero essere resi noti oggi – vengono ritenuti buoni: ieri 593 contagi (il 65% in Lombardia) ma col record di tamponi fatti, tremila malati in meno in un solo giorno e terapie intensive occupate sotto quota 500, come non accadeva dal 6 marzo.
Tradotto: tutte le Regioni saranno nella categoria “basso rischio”, anche quelle del Nordovest che pure hanno numeri di contagi più sostenuti. La posizione più prudente, al solito, è quella degli esperti del ministero e del Comitato tecnico scientifico (e del ministro Roberto Speranza): questi numeri, per quanto buoni, non intercettano ancora l’effetto delle aperture del 18 (bar, parrucchieri, etc.) e 25 maggio (palestre), meglio sarebbe ritardare tutto di una settimana. Proposta, questa, già scartata: ci sono Regioni con quasi zero contagi e decessi a cui sarebbe difficile spiegare il perdurare delle limitazioni.
Da regola, in realtà, con “rischio basso” dovunque si dovrebbe riaprire la circolazione tra tutte le Regioni, affidandosi solo alla responsabilità dei comportamenti individuali e alle regole stabilite per le attività economiche. Non è detto, però, che sarà così. E qui torniamo alle tre Regioni meridionali o, meglio, ai loro presidenti: Vincenzo De Luca, Nello Musumeci e Stefano Solinas (con Michele Emiliano sullo sfondo).
Sono loro, infatti, che vogliono bloccare gli untori delNord a colpi di frontiere chiuse, “passaporti sanitari” impossibili da ottenere e minacce di quaran
tena. E con loro il governo dovrà trovare un accordo che permetta a tutti gli italiani di muoversi senza discriminazioni incostituzionali.
LA POSIZIONE
di De Luca e soci, però, ieri è stata - ove ne avessero bisogno - rafforzata da un report della Fondazione Gimbe sul periodo 4-27 maggio in cui si sostiene che Lombardia, Piemonte e Liguria non sono in grado di riaprire mercoledì perché “la curva del contagio non è adeguatamente sotto controllo”. In sostanza le tre Regioni non fanno abbastanza “tamponi diagnostici”, cioè esclusi quelli di controllo sui pazienti già positivi, e la percentuale di tamponi diagnostici positivi è “superiore alla media nazionale (2,4%) in maniera rilevante in Lombardia (6%) e Liguria (5,8%) e in misura minore in Piemonte (3,8%)”. Pure quanto ai nuovi contagiati ogni 100mila abitanti, “rispetto alla media nazionale (32), l’incidenza è nettamente superiore in Lombardia ( 96), Liguria (76) e Piemonte (63)”.