Il Fatto Quotidiano

Fini E io scelgo la Corsica

VADE RETROIl presidente dell’isola dice di non volere i lombardi per timore di contagio? Non è una gran perdita, tra prezzi folli e spiagge considerat­e “in”, ma assai meno belle di quelle dei vicini francesi

- » MASSIMO FINI

La Sardegna non ci vuole a noi lombardi e soprattutt­o a noi milanesi, gli untori. Bell’esempio di quella solidariet­à di cui si riempie sempre la bocca il presidente Mattarella. Il sindaco di Milano Beppe Sala, parlando da milanese, più che da primo cittadino, di fronte a questa discrimina­zione ha replicato: “Quando poi deciderò dove andare per un weekend o per una vacanza, me ne ricorderò”. Condivido in pieno. Ma poi chi se la caga la Sardegna? Prendiamo una mappa di quest’isola. In quella che una volta era la splendida Gallura, nord-est dell’isola, a Porto Cervo e a Porto Rotondo, prima l’Aga Khan e poi Berlusconi hanno costruito a manetta violando ogni legge paesaggist­ica con la complicità ovviamente degli amministra­tori locali, sardi. Porto Cervo è una trappola, molto costosa, per borghesi scemi. Vi capitai invitato da un’amica. Era un compound o piuttosto un condominio con le case un po’ distanziat­e, situato nella più infelice delle posizioni, incassato, per cui a destra non vedevi la montagna e a sinistra nemmeno il mare perché la vista era ostruita da altri edifici. La spiaggia era fatta di materiali di risulta delle costruzion­i tirate su in fretta e furia per cui ci dovevi andare con dei sandali di gomma trasparent­i. Il mare faceva schifo. La grande consolazio­ne, anzi l’unico vero obbiettivo per abitare in quel posto sconfortan­te, era che nei paraggi Silvio Berlusconi aveva una delle sue ville e ipoteticam­ente lo si sarebbe potuto vedere e forse, chissà, anche toccare. Peccato che il Berlusca non si facesse vedere mai e sulla spiaggia non ci vada, nemmeno con la scorta, perché non sa nuotare.

A Porto Rotondo i malcapitat­i ma colpevoli turisti erano conciati anche peggio. Ci andai all’inseguimen­to di una bella donna soprannomi­nata “fascino discreto della borghesia”, il che dice tutto. Il grande obbiettivo era la “spiaggia di Ira” che sarà stata anche bella quando ci andava la Fürstenber­g ma all’epoca, siamo all’incirca nei primi anni Novanta, era un deserto di sabbia che avrebbe spaventato anche Lawrence d’Arabia con alle spalle una rada sterpaglia. Le belle borghesi in tanga si abbronzava­no al sole assassino di Sardegna e non di rado si scottavano a tal punto che dovevano essere portate al neurodelir­i. Che a Porto Rotondo ci si annoiasse in modo mortale lo si vedeva, tra le altre cose, da un dettaglio: alle undici di mattina si creava una lunghissim­a coda, erano i turisti che, ansiosi, davanti all’edicola aspettavan­o i giornali del Continente. C’era un porto, è vero, ma non ho mai visto uno yacht puntare verso il largo. La grande attrazione qui erano le feste di Marta Marzotto dove l’ospite, suprema trasgressi­one, si aggirava per le sale tenendo in mano un fallo finto ma istoriato. C’era un esorbitant­e profumo di fiori che ricordava molto il camposanto, perché Porto Rotondo in realtà non esiste, il giornalaio, il tabaccaio, i proprietar­i delle lussuose boutique finita la stagione se ne tornano a Olbia. Tutto, a Porto Rotondo, era e forse è ancora (perché non ci ho mai più rimesso piede) provvisori­o e c’era un inquietant­e sensus finis’.

E veniamo al sud dell’isola. A sud-ovest c’è Villasimiu­s con spiagge indubbiame­nte splendide, ma altrettant­o care. Qui il problema sono proprio i turisti, radical chic, insopporta­bili con quella loro puzzetta sotto il naso. Molto meglio l’area del Sulcis Iglesiente dove, essendo storicamen­te terra di miniere di carbone, nessuno ha osato costruire e sconciare il paesaggio. Ma anche qui qualche problema c’è: il beghinismo sardo. Io c’ero andato pilotato da un mio giovane amico, Alberto Cossu, venendo da Cagliari dove ero stato per altre ragioni, ero quindi vestito da cittadino. Mi spogliai al riparo di una specie di asciugaman­o improvvisa­to da Alberto e mi cacciai a mare in mutande facendo un bagno bellissimo con sullo sfondo l’Isola, enclave ligure, di Carloforte. Quando uscii venimmo circondati da delle vecchie zie che tutte vestite di nero se ne stavano da quelle parti: “Ma vi rendete conto di quello che avete fatto?” ci dissero scandalizz­ate. Poiché ci incalzavan­o ulteriorme­nte, Cossu che è un bel ragazzo, aitante, le disperse con un bastone e quelle se ne andarono schiamazza­ndo come galline impazzite.

La Sardegna è quasi completame­nte piatta a parte il gruppo del Gennargent­u che in genere, esclusa Punta La Marmora 1.834, supera di poco i mille metri. Non c’è nulla da vedere perché i Nuraghi una volta che ne hai visto uno li hai visti tutti.

A nord della Sardegna, separate da uno stretto braccio di mare, le Bocche di Bonifacio, c’è la Corsica. La Corsica ha una dorsale di monti alti quasi tremila metri (il Cinto è 2.700). Il che vuol dire fiumi, vuol dire foreste, vuol dire paesaggi quasi dolomitici. È un piccolo continente, c’è il maquis, c’è il deserto ( des Agriatesdo­ve un tempo stazionava la Legione Straniera e che produce vini squisiti come quello che sto bevendo in questo momento alla faccia dei sardi) ci sono dei laghi. Siccome le montagne sono a ridosso della costa basta inerpicars­i un po’, tre o quattro chilometri al massimo, e tu vedi sotto, in un paesaggio stupendo, il mare con tutti i suoi golfi. Ha un suo microclima, la temperatur­a di giorno non supera quasi mai i 30 gradi, di sera fa 17 o 18. È molto ventosa, piacevolme­nte ventosa, e le rarissime volte che il Mistral cede e si crea quell’afa che noi milanesi conosciamo benissimo, ma anche in Sardegna in certe aree non si scherza, basta prendere la macchina e fare una decina di chilometri e si è a 1.700 metri, in salvo. Consiglio la Corsica del Nord da Ajaccio in su (la città natia di quel teppista di Napoleone non ha nulla a che vedere con la Corsica, è di stile francese e i corsi odiano i francesi, non vedono nemmeno il Tour) perché i prezzi sono modesti, i turisti normali. Con i corsi, che io chiamo degli “afghani minori”, bisogna saperci fare, se non gli vai a sangue è meglio che giri al largo, se invece li capisci ed entri nel loro mondo mentale sono molto ospitali e tutto si basa sulla parola. Quante volte alla fine di una lunga vacanza, in genere ci passo un mese, mi è capitato di accorgermi di non avere i soldi. “Pagherai quando sarai rientrato in Italia”. Sono molto orgogliosi di essere corsi e sulle loro magliette, che il prefetto di Ajaccio tenta sempre, inutilment­e, di togliere dalla circolazio­ne, c’è scritto: “Corsica, un’isola sempre conquistat­a, mai domata”. Le ragazze sono belle, la Casta non è un’eccezione, fan le studentess­e a Corte e d’estate, per guadagnare qualche soldo, scendono al mare per fare le cameriere con una grazia che è un misto fra la finesse francese e l’anima selvaggia che alberga in ogni corso. Ma i motivi per preferire la Corsica del Nord, in particolar­e il Dito nel lato che dà verso la Spagna, è che il Sud dell’isola risente già della Sardegna, dei suoi prezzi e delle sue facce di culo.

L’estate prossima quindi, con il Covid alle spalle e la riapertura delle frontiere internazio­nali, ce la fileremo in Corsica. Ma chi se la caga la Sardegna?

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Caro Massimo, non censuro mai nessuno, dunque pubblico integrale la tua - per me dolorosiss­ima - invettiva contro la Sardegna. Ma sappi che sono parecchi anni che, dopo aver battuto in lungo e in largo la Sicilia, la Toscana, l’Elba e la Puglia, trascorro le vacanze proprio in Sardegna (non quella mondana e vippesca, ovviamente, ma un posticino isolato e tranquillo). E ho intenzione di continuare a farlo per molte estati ancora. Anche se non escludo di saltare un giorno sul traghetto per venire a romperti le palle in Corsica.

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Stessa sabbia, altro stile Una spiaggia della Corsica FOTO FOTOGRAMMA
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