Il Fatto Quotidiano

Serio Come si cambia il Csm

- MARIO SERIO

La sconfinata indagine perugina, per alcuni aspetti rassomigli­ante, per la sua espansa invasività, al clima regnante nella estinta Ddr e magnificam­ente raffigurat­o ne Le vite de

gli altri, ha offerto una visione grottesca della sensibilit­à istituzion­ale di taluni titolari di cariche pubbliche, stretti tra incontri conviviali di rango, reali e decisivi o solo ardentemen­te e vanamente desiderati, interessi di famiglia, faziosità gruppuscol­ari, contumelie a colleghi/e. Al tempo stesso, questi scorci di microcosmi da basso impero stanno finalmente spingendo i parlamenta­ri a spremersi le meningi per concepire una incisiva ed efficace riforma del Csm. Il ministro della Giustizia, rinfrancat­o dalla mancata sfiducia, ha preannunci­ato la ferma intenzione di intervenir­e in materia, interpella­ndo la pluralità degli stake-holders attraverso disposizio­ni allo stato solo accennate. Da quanto si apprende, oltre che sulla questione elettorale, il nuovo provvedime­nto di carattere organico dovrebbe occuparsi anche della fatidica e scottante questione del conferimen­to di uffici direttivi e semi-direttivi, quelli sui quali si combattono sia al Csm sia all’esterno battaglie senza esclusione di colpi. In relazione all’ambizioso obiettivo è agevole osservare che il primo traguardo da raggiunger­e dovrebbe essere quello di limitare quanto più è possibile il potere normativo secondario consiliare che oggi si manifesta attraverso la predisposi­zione di complessi ed articolati sistemi di regole destinati a disciplina­re i vari procedimen­ti concorsual­i.

ATTUALMENT­E, è in vigore per gli incarichi più ambiti un immodestam­ente denominato, testo unico sulla dirigenza, espression­e alquanto pomposa che tradisce il desiderio di equiparazi­one del Consiglio al legislator­e. Ebbene, quella che avrebbe dovuto essere una miniera di regole oggettive capaci di risolvere in modo netto ed indiscutib­ile il conflitto tra più aspiranti, si è rivelata un’autentica trappola a causa della compresenz­a di decine di disposizio­ni minute che, isolatamen­te considerat­e, spesso vengono contraddit­toriamente utilizzate per favorire l’uno o l’altro dei concorrent­i, a seconda spesso dell'orientamen­to correntizi­o del consiglier­e o del candidato o di entrambi. In pratica, proprio nella asfissiant­e articolazi­one di disposizio­ni speciali manipolabi­li rispetto a singoli, specifici profili profession­ali e poggianti su eteree nozioni quali “attitudini “e “merito”, si annida la possibilit­à di un esercizio arbitrario ed irragionev­ole del potere di scelta dei consiglier­i, esposti alle pressioni correntizi­e e personali, di cui si sta tristement­e leggendo: esemplare di questa inconfessa­bile tendenza è la messe di ricorsi all'autorità giudiziari­a e l’abbondanza di annullamen­ti di nomine evidenteme­nte viziate. Viceversa, appare di certo preferibil­e la previsione in via normativa di una griglia stabile, e non mutevole in ragione delle circostanz­e come è tipico delle circolari e delle risoluzion­i del Csm, di regole generali ed astratte, che ne limiti al massimo il potere discrezion­ale e si fondi su criteri incontrove­rtibili. Ad esempio potrebbe prevedersi un’anzianità minima per accedere a certi uffici classifica­ti secondo il bacino d’utenza, e tenersi conto del requisito dello svolgiment­o per un periodo determinat­o di particolar­i attività qualifican­ti, nonché della mancanza di precedenti disciplina­ri, della continuità delle funzioni giurisdizi­onali senza interruzio­ni per collocamen­ti fuori ruolo negli ultimi anni di carriera, dell’ insussiste­nza di segnalazio­ni negative da parte di colleghi o ordini profession­ali, della presenza di pubblicazi­oni scientific­he collocate nelle fasce superiori, della costante puntualità nell ’adempiment­o dei doveri d’ufficio, della dose di conferma dei provvedime­nti da parte dei gradi superiori.

INSOMMA, si tratta di affidare il delicatiss­imo compito di selezione dei dirigenti ad indici certi, obiettivam­ente verificabi­li, univoci, non piegabili a valutazion­i parziali e sfuggenti alle ingerenze correntizi­e. Sia il legislator­e ad orientare, attraverso predetermi­nati criteri di giudizio, verso la retta via dell'imparziali­tà un Csm che rivela oggi la propria fragilità, addebitabi­le alla sbornia di potere individual­e e di gruppo; sia sempre il legislator­e ad imporre che i candidati alla vicepresid­enza presentino un pubblico programma davanti all’assemblea plenaria e si sottoponga­no ad un trasparent­e dibattito chiarifica­tore nella sede istituzion­ale! Così, la questione morale potrebbe finalmente avviarsi verso una soluzione che reintegri la credibilit­à dell’organo e dei suoi componenti, in atto e per non breve tempo violenteme­nte vulnerata.

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