Serio Come si cambia il Csm
La sconfinata indagine perugina, per alcuni aspetti rassomigliante, per la sua espansa invasività, al clima regnante nella estinta Ddr e magnificamente raffigurato ne Le vite de
gli altri, ha offerto una visione grottesca della sensibilità istituzionale di taluni titolari di cariche pubbliche, stretti tra incontri conviviali di rango, reali e decisivi o solo ardentemente e vanamente desiderati, interessi di famiglia, faziosità gruppuscolari, contumelie a colleghi/e. Al tempo stesso, questi scorci di microcosmi da basso impero stanno finalmente spingendo i parlamentari a spremersi le meningi per concepire una incisiva ed efficace riforma del Csm. Il ministro della Giustizia, rinfrancato dalla mancata sfiducia, ha preannunciato la ferma intenzione di intervenire in materia, interpellando la pluralità degli stake-holders attraverso disposizioni allo stato solo accennate. Da quanto si apprende, oltre che sulla questione elettorale, il nuovo provvedimento di carattere organico dovrebbe occuparsi anche della fatidica e scottante questione del conferimento di uffici direttivi e semi-direttivi, quelli sui quali si combattono sia al Csm sia all’esterno battaglie senza esclusione di colpi. In relazione all’ambizioso obiettivo è agevole osservare che il primo traguardo da raggiungere dovrebbe essere quello di limitare quanto più è possibile il potere normativo secondario consiliare che oggi si manifesta attraverso la predisposizione di complessi ed articolati sistemi di regole destinati a disciplinare i vari procedimenti concorsuali.
ATTUALMENTE, è in vigore per gli incarichi più ambiti un immodestamente denominato, testo unico sulla dirigenza, espressione alquanto pomposa che tradisce il desiderio di equiparazione del Consiglio al legislatore. Ebbene, quella che avrebbe dovuto essere una miniera di regole oggettive capaci di risolvere in modo netto ed indiscutibile il conflitto tra più aspiranti, si è rivelata un’autentica trappola a causa della compresenza di decine di disposizioni minute che, isolatamente considerate, spesso vengono contraddittoriamente utilizzate per favorire l’uno o l’altro dei concorrenti, a seconda spesso dell'orientamento correntizio del consigliere o del candidato o di entrambi. In pratica, proprio nella asfissiante articolazione di disposizioni speciali manipolabili rispetto a singoli, specifici profili professionali e poggianti su eteree nozioni quali “attitudini “e “merito”, si annida la possibilità di un esercizio arbitrario ed irragionevole del potere di scelta dei consiglieri, esposti alle pressioni correntizie e personali, di cui si sta tristemente leggendo: esemplare di questa inconfessabile tendenza è la messe di ricorsi all'autorità giudiziaria e l’abbondanza di annullamenti di nomine evidentemente viziate. Viceversa, appare di certo preferibile la previsione in via normativa di una griglia stabile, e non mutevole in ragione delle circostanze come è tipico delle circolari e delle risoluzioni del Csm, di regole generali ed astratte, che ne limiti al massimo il potere discrezionale e si fondi su criteri incontrovertibili. Ad esempio potrebbe prevedersi un’anzianità minima per accedere a certi uffici classificati secondo il bacino d’utenza, e tenersi conto del requisito dello svolgimento per un periodo determinato di particolari attività qualificanti, nonché della mancanza di precedenti disciplinari, della continuità delle funzioni giurisdizionali senza interruzioni per collocamenti fuori ruolo negli ultimi anni di carriera, dell’ insussistenza di segnalazioni negative da parte di colleghi o ordini professionali, della presenza di pubblicazioni scientifiche collocate nelle fasce superiori, della costante puntualità nell ’adempimento dei doveri d’ufficio, della dose di conferma dei provvedimenti da parte dei gradi superiori.
INSOMMA, si tratta di affidare il delicatissimo compito di selezione dei dirigenti ad indici certi, obiettivamente verificabili, univoci, non piegabili a valutazioni parziali e sfuggenti alle ingerenze correntizie. Sia il legislatore ad orientare, attraverso predeterminati criteri di giudizio, verso la retta via dell'imparzialità un Csm che rivela oggi la propria fragilità, addebitabile alla sbornia di potere individuale e di gruppo; sia sempre il legislatore ad imporre che i candidati alla vicepresidenza presentino un pubblico programma davanti all’assemblea plenaria e si sottopongano ad un trasparente dibattito chiarificatore nella sede istituzionale! Così, la questione morale potrebbe finalmente avviarsi verso una soluzione che reintegri la credibilità dell’organo e dei suoi componenti, in atto e per non breve tempo violentemente vulnerata.