Indice di contagio sotto l’uno: non ci sono “situazioni critiche”
Il monitoraggio Il report settimanale viene definito “incoraggiante”. Ma i dati rimangono incompleti e i positivi sottostimati
Quello che ha più dubbi è il ministro della Salute, Roberto Speranza. Il report della Fondazione Gimbe, che denuncia l’incompletezza se non la manipolazione dei dati della Regione Lombardia, la più colpita, consiglia molta prudenza sul “liberi tutti” del 3 giugno. Perché i tamponi diagnostici, quelli alla ricerca del virus, sono circa la metà, quindi il rassicurante 2,4 per cento di casi positivi corrisponde a poco meno del 6. Perché la confusione tra dimessi e guariti può indurre una sottostima delle persone contagiose in circolazione. Perché per un gran numero di casi manca ancora la data di inizio dei sintomi, quindi del contagio.
Così ci è voluta mezza giornata di riunioni prima di far sapere che “i dati del monitoraggio sono incoraggianti”, come scrive Speranza in una nota che accompagna lo screening della terza settimana dalla riapertura parziale del 4 maggio, quella dal 18 al 26. “Al momento in Italia non vengono riportate situazioni critiche relative all ’epidemia di Covid-19”, si legge nel rassicurante comunicato dell’Istituto superiore di Sanità (Iss). Poi Gianni Rezza, passato dall’Iss alla direzione Prevenzione del ministero della Salute: “Il trend è buono pressoché in tutte le Regioni il che mostra che gli effetti del
lockdown sono stati estremamente positivi. Naturalmente il virus continuerà a circolare per cui bisognerà continuare a tenere elevata la guardia”.
Dice “pressoché tutte le Regioni” perché l’ormai noto tassi Rt, che misura la media delle persone che ogni infetto contagia, è in genere inferiore a 1. Il Molise è a 2,2 ma “il numero di casi è molto piccolo” scrive l’Iss (436 in totale) e quindi “piccoli focolai locali finiscono per incidere sul totale regionale, senza che questo rappresenti un elemento preoccupante”. L’Umbria è a 0,96, molto vicina a 1, ma vale lo stesso discorso. La Lombardia è a 0,75 e ha registrato 16,68 nuovi casi ogni 100 mila abitanti nei sette giorni presi in esame: naturalmente è il valore più alto. Rimanendo sulle regioni con maggiore incidenza cumulata (casi totali per 100 mila abitanti) il Piemonte (Rt 0,5) è a 12,46 come incidenza settimanale ogni 100 mila abitanti, l’Emilia-Romagna (Rt 0,55) a 6,32, la Liguria ( Rt 0,58) a 6,12, il Veneto (Rt 0,65) solo a 1,63, come il Lazio (Rt 0,74) che è a 1,2 casi in sette giorni ogni 100 mila abitanti. Il Molise ne ha avuti 2,62, l’Umbria 6,37. Abruzzo, Basilicata, Calabria e Campania non hanno trasmesso i dati dell’i n ci d e nz a settimanale.
L’ATTENZIONE
di tutti resta puntata sulla Lombardia che ieri ha notificato 354 nuovi casi di contagio ( totale 88.537 dall’ inizio dell’epidemia) che sono oltre la metà (il 68 per cento) dei 516 contati in tutta Italia (232.248 totali), in linea con l’andamento degli ultimi giorni. I decessi sono stati 38 in Lombardia (16.012 totali) su 87 in tutto il Paese (33.229 totali). A livello nazionale continua il calo dei pazienti attualmente positivi, al netto cioè dei dimessi/guariti e dei deceduti: sono 46.174 di cui 22.683 in Lombardia. Aumentano ancora i tamponi processati, ieri 75 mila in tutto il Paese di cui 14.708 in Lombardia. E prosegue la discesa dei pazienti ricoverati, iniziata ai primi di aprile quando ce n’erano oltre 29 mila nei reparti ordinari e oltre 4 mila nelle terapie intensive. Ieri se ne contavano 7.094 e 475. Ma in Lombardia, per la seconda volta da quando è iniziata la discesa ametà aprile, i ricoverati con sintomi sono aumentati: 82 in più (2,4 per cen
to), dai 3.470 di sabato a 2.552, mentre nelle terapie intensive sono ancora 173 come l’altroieri. Secondo alcuni medici lombardi questi ricoverati sono in gran parte anziani provenienti dalle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), quindi non sarebbero la spia di una ripresa generalizzata dei ricoveri. Vedremo nei prossimi giorni.
Che l’epidemia non sia finita è chiaro a tutti, ieri il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro ha parlato senza mezzi termini della possibile “seconda ondata” in autunno: “Per gli scenari che immaginiamo, in autunno, una patologia come il Sars-cov-2, che è trasmessa da droplet, si può maggiormente diffondere e si può confondere con altre sintomatologie di tipo respiratorio”. I medici di famiglia chiedono proprio all’Iss di preparare per tempo un piano di prevenzione.