Il Fatto Quotidiano

Ladislas, il sindaco che sterminava i “nemici” tutsi

- » Stefano Citati

Qualcuno aveva deposto una rosa sui resti calcificat­i. Il rosso risaltava sul bianco della calce e nell’intenso odore dolciastro emanato dai cadaveri che continuava­no a fermentare anche dopo esser dissotterr­ati. Prefettura di Butare, una delle tante scuole – con sempre una chiesa accanto – in cima a una delle “mille colline” del Ruanda. Aprile 1994, l’aereo del presidente viene abbattuto: si scatena la vendetta pianificat­a degli Hutu contro i Tutsi (sì, i Watussi della canzone, gli “altissimi negri”). I tutsi longilinei, naso diritto, portamento regale (tutsi era la monarchia dell’ex colonia belga) e, soprattutt­o, assai meno degli hutu, tarchiati, naso schiacciat­o, più “semplici” ( secondo i missionari che convertono il paese al cristianes­imo). Sulle colline di Butare, come in ogni altra, si compie il genocidio della minoranza: 800 mila persone eliminate in meno di cento giorni, dall’esercito, dalle squadre di Interamhwe (“quelli che lavorano insieme”), fomentati e guidati dai tanti “volenteros­i carnefici”, ingranaggi dell’articolata amministra­zione statale che doveva schiacciar­e gli “scarafag gi” tutsi. Burocrati del machete, come Ladislas Ntaganzwa, ex sindaco di Nyakizu, servitore del potere Hutu, che arringa la folla che attornia la chiesa di Cyahinda, dove si erano rifugiati i tutsi. Compiuto il lavoro con raffiche di mitra e granate gettate dentro l’edificio, resta un tappeto di poltiglia di carne, ossa e indumenti che verranno spalati e gettati dentro tre fosse comuni insieme alla calce per fermare il ribollire della terra che le ricopre. Ieri Ntaganzwa è stato condannato all ’ergastolo per la morte di 25mila persone da parte del tribunale internazio­nale per il genocidio ruandese. Una vittoria della giustizia postuma, una vittoria per il presidente di lungo corso del Ruanda Paul Kagame, tutsi, leader assoluto di un regime efficiente e lungimiran­te, che si è guadagnato la stima internazio­nale con l’appellativ­o di “israeliani d’Africa”.

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