La Bce “francese” schiaffeggia Berlino: gli acquisti raddoppiano
SFIDA Lagarde dice apertamente che la sentenza tedesca contro il Qe non sarà rispettata: e così archivia pure il Mes
La Bce a guida francese non lascia, anzi (quasi) raddoppia. Il Consiglio dei governatori non ha alcuna intenzione di piegarsi alla spigolosa sentenza di inizio maggio della Corte costituzionale tedesca sul Quanti
tative easing che poteva azzopparla e, al termine della riunione di ieri, ha annunciato che il programma anti-pandemia “Pepp” (acquisti di titoli pubblici e privati sul mercato) sarà aumentato nella portata ed esteso nel tempo: oltre ai 750 miliardi già annunciati, la Banca centrale comprerà per altri 600 miliardi e almeno fino al 30 giugno 2021 (anziché fermarsi a fine anno). Non solo: i titoli in portafoglio saranno rinnovati alla scadenza almeno per tutto il 2022.
La Bce, in buona sostanza, rende inutile il Mes (il famigerato ex fondo salva-Stati), che a Francoforte hanno sempre ritenuto “inadeguato” e – in quanto strumento di controllo sui bilanci degli Stati – vero oggetto dello scontro in atto tra la Banca centrale europea e un bel pezzo dell’establishment tedesco fin dai tempi di Draghi. Insomma, quello di ieri è uno schiaffone.
KARLSRUHE PER “CHRISTINE”, È UN PROBLEMA DI MERKEL & C.
La sfida della presidente Christine Lagarde al sistema Germania è apparsa ancor più chiara in conferenza stampa: i giudici tedeschi le chiedono, riassumendo molto, di limitare la quantità degli acquisti sul mercato e di effettuarli, comunque, sulla base della cosiddetta capital key, cioè rispettando la proporzione di ogni Paese nel capitale della banca. Questo limiterebbe molto la capacità d’azione della Bce, che non intende adeguarsi: l’andamento del Pil e dell ’ inflazione (entrambi in picchiata) segnalano una “forte e urgente necessità” di deviare dalla
capital key per evitare i “rischi di frammentazione” dell ’Eurozona (ad esempio spread troppo alti) e questa flessibilità “sarà mantenuta per tutta la durata del Pepp”.
Quanto alla sentenza di Karlsruhe, per Lagarde se la vedessero tra loro i tedeschi: “Abbiamo certamente preso nota di quel giudizio, che è diretto al Parlamento e al governo tedesco. E siamo fiduciosi che verrà trovata una soluzione che non comprometterà l'indipendenza della Bce, la legge europea e la sentenza della Corte Ue”, che ha giudicato il Quantitative easing
“in linea col nostro mandato”.
IL RISULTATO UNA BOCCATA D’OSSIGENO PER ROMA E PARIGI
Finora, unendo i programmi attivi (Pepp e il Qe2 resuscitato nel 2019), i Paesi più beneficiati dalla “flessibilità” della Bce sono Italia, Francia e Spagna: non a caso ieri pomeriggio i rendimenti dei loro titoli di Stato sono calati. E qui veniamo agli effetti “politici” della decisione. Il primo, come detto, è che Angela Merkel, il governatore della Bundesbank Jens Weidmann e il Parlamento tedesco ora sono in un bel pasticcio: la Bce non si piega ai diktat in arrivo da Karlsruhe, ma per loro sarà difficile far finta che la Corte costituzionale non abbia parlato (in teoria, se la Bce non dimostra di rispettare le regole dettate dai giudici tedeschi, la Buba dovrebbe uscire dai programmi della Banca centrale europea). Il secondo effetto è il grosso aiuto che ai Paesi più in difficoltà arriva dalla scelta di Lagarde e soci: a questi ritmi, di fatto la Bce sta monetizzando il deficit degli Stati (il che sarebbe vietato dai Trattati) e rendendo obsoleti gli strumenti del passato, Mes in testa. Il Pepp consente all’Italia di andare sui mercati a tassi vantaggiosi; senza condizionalità aggiuntive; per necessità individuate dal governo evitando maratone burocratiche a Bruxelles o “scontrini” che giustifichino le spese. Niente timore infine di “effetti stigma”, cioè che i mercati pensino che siamo alla canna del gas.
I CONTI DELLA SERVA PERCHÉ IL SALVA-STATI NON CONVIENE PIÙ
La presunta convenienza economica del Mes (e anche di altri tipi di prestiti “eccezionali”) si scontra – a non voler entrare nel tecnico, trattandosi di strumenti finanziari differenti (il fondo salva-Stati è un creditore “privilegiato”) – con un effetto secondario, ma decisivo, degli acquisti della Bce: i titoli vengono tenuti fino a scadenza e gli interessi “retrocessi” allo Stato. Insomma, quei soldi tornano al Tesoro via Banca d’Italia (per l’80% del totale dei titoli) e pro-quota per il resto anche dalla Bce. A Francoforte hanno calcolato che dal 2015 al 2019, tra i vari programmi, al Tesoro sono stati retrocessi interessi per oltre 23 miliardi ed è una cifra che andrà crescendo negli anni.
Un volume di fuoco che, insieme al Qe-2 residuo, somma a 1.500 miliardi di euro (ma molti pensano verrà aumentato a settembre): la quota italiana sarebbe di circa 250- 260 miliardi, ma se la Bce continuasse a deviare dalla capital
keyal ritmo tenuto negli ultimi due mesi saremmo ben oltre i 300 miliardi, una cifra che metterebbe al sicuro il rinnovo del debito circolante e anche l’extra-deficit di cui l’Italia avrà bisogno, il tutto ridando indietro gli interessi al Tesoro. Una cosetta di cui tener conto quando ci si avventura nei “conti della serva” sulla convenienza dei 36 miliardi del Mes.
VANTAGGIO BANKITALIA POI RIDARÀ GLI INTERESSI AL TESORO