Il Fatto Quotidiano

Tornati dentro i 50 boss più pericolosi

Dopo il dl Bonafede, molti detenuti usciti con la scusa del Covid tornano dentro o in centri clinici penitenzia­ri. Inclusi 2 dei 3 al 41-bis

- » Antonella Mascali

Molti detenuti scarcerati con la scusa del virus rientrano dai domiciliar­i in cella o in centri clinici penitenzia­ri. Inclusi due dei tre che avevano lasciato il 41-bis. La lista è stata stilata dal vicedirett­ore del Dap Roberto Tartaglia

Sono oltre 50 i boss tornati in carcere, in centri clinici penitenzia­ri o in strutture equiparate, a tre settimane dal decreto “anti scarcerazi­oni” voluto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Un provvedime­nto varato dopo che 253 detenuti dell ’ alta sicurezza e tre del 41-bis (356, non 376 complessiv­i come ha scritto la stampa) sono stati posti ai domiciliar­i per alto rischio Covid-19, perché soffrono di altre patologie.

Appena giovedì scorso, sono stati revocati i domiciliar­i a Vincenzino Iannazzo, boss al 41-bis. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Catanzaro alla luce del decreto che ha chiesto ai giudici competenti di riesaminar­e le scarcerazi­oni, dato che siamo nella fase 3 della pandemia. Iannazzo, ritenuto il capo dell’omonima cosca di 'ndrangheta di Lamezia Terme, è stato condannato in appello a 14 anni e mezzo di carcere. Ora è detenuto nel reparto di medicina protetta dell’ospedale Belcolle di Viterbo.

PER UNA REVISIONE

dei domiciliar­i si era mosso il Dipartimen­to dell’Amministra­zione Penitenzia­ria (Dap) che, dopo le dimissioni di Francesco Basentini, ha come direttore Bernardo Petralia. Il vice è Roberto Tartaglia, che ha la delega ai detenuti 41-bis e alta sicurezza. Proprio il decreto del 9 maggio ha attribuito al Dap il potere di indicare ai giudici competenti soluzioni sanitarie adeguate, alternativ­e ai domiciliar­i, che concilino il diritto alla salute dei detenuti con il dritto alla sicurezza dei cittadini, come, appunto, i reparti di medicina protetta dell’ospedale di Viterbo o il Pertini di Roma o i nuovi padiglioni di Parma, Trani, Lecce.

Iannazzo era ai primi posti dell'elenco di 40 detenuti compilato da Tartaglia subito dopo il decreto. Si tratta di una lista “prioritari­a” in base alla pericolosi­tà sociale dei 256 detenuti finiti ai domiciliar­i. E si vedono già dei risultati. Prima che a Iannazzo sono stati revocati i domiciliar­i ad altri boss. Come Francesco Bonura, al 41-bis, legato a Bernardo Provenzano. Il provvedime­nto del giudice di Sorveglian­za di Milano, del 19 maggio, ha recepito l’indicazion­e del Dap (Percolle o Pertini). Il 20 maggio è la Corte d’Appello di Palermo a revocare i domiciliar­i a Cataldo Franco, all’ergastolo per concorso nel rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, sequestrat­o per 25

LA LISTA L’ELENCO DEI “PEGGIORI” STILATO DA TARTAGLIA

mesi, strangolat­o e sciolto nell’acido nel 1996. Sempre della “lista prioritari­a” di Tartaglia, fanno parte altri detenuti a cui sono stati revocati i domiciliar­i in queste settimane: Antonio Sacco, boss di Brancaccio, a Palermo, Pietro Pollichino, boss corleonese; Antonino Sudato, altro boss siciliano; Carmine Alvaro, capo della omonima ‘ndrina di Sinopoli; Antonio Mandaglio, “capo società” di ’ndrangheta nel Lecchese; Vincenzo Lucio, camorrista del clan Birra di Ercolano; Vincenzo Guida, accusato a Milano di aver creato una sorta di “banca della camorra”; Francesco Barivelo, del clan Perelli di Taranto, condannato all’ergastolo per l’omicidio, nel 1994, dell’agente della polizia penitenzia­ria Carmelo Magli: “Dal primo giorno – ha dichiarato Petralia – siamo impegnati a dare seguito al ruolo che il nuovo decreto assegna al Dap, ma in un certo senso questa vicenda era in cima alla lista. Lo dovevamo al corpo che mi onoro di guidare”.

DEI TRE DETENUTI

al 41-bis scarcerati tra marzo e aprile, resta ai domiciliar­i soltanto Pasquale Zagaria, il camorrista del clan dei Casalesi finito a casa della moglie, nel Bresciano, in piena zona rossa Covid, su decisione del Tribunale di Sorveglian­za di Sassari, complice una malagestio­ne del caso da parte del Dap a guida Basentini. Sulla revoca o meno dei domiciliar­i non c’è ancora una decisione del Tribunale di Sorveglian­za perché ha prima dovuto rinviare di una settimana l’udienza, per un difetto di notifica alla difesa e poi, giovedì si è riservato sia sulla revoca o meno del provvedime­nto sia sulla richiesta degli avvocati di rivolgersi alla Corte costituzio­nale, come ha fatto il Tribunale di Spoleto, perché il decreto Bonafede violerebbe il diritto di difesa. Nel frattempo, Zagaria è in un ospedale lombardo per le complicazi­oni di un esame.

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