Il Fatto Quotidiano

La Lega, partito bifronte stretto fra Salvini e Zaia

Estate di paura Salvini in tre mesi ha perso otto punti e teme di finire come Renzi. Ora girerà l’Italia per arginare Meloni e il Doge veneto. Slogan: “Protesta e proposta”

- » Gianluca Roselli

Rischia di essere un mojito amaro come una cicuta quello che Matteo Salvini sarà costretto a bere quest’estate. Non sappiamo ancora se il Capitano, nel suo giro d’Italia appena partito, ad agosto passerà per il suo amato Papeete . Molti lo sconsiglia­no, ma chi lo conosce sa bene che il Capitano adora quella parte di Romagna e difficilme­nte rinuncerà a trascorrer­e qualche giorno di relax nello stabilimen­to di Massimo Casano

va , nel frattempo premiato con un seggio a Strasburgo. Un soggiorno, che, se avverrà, anche a causa del distanziam­ento sociale, sarà assai più sobrio rispetto a quello della pazza estate 2019, tra sbevazzate, dj set e cubiste in tanga.

IL PROBLEMA

è che Matteo Salvini ha paura. È terrorizza­to dall’erosione del consenso. Teme che le preferenze degli italiani continuino a scivolargl­i via come sabbia tra le dita. Trema soprattutt­o al pensiero di fare la fine di Matteo Ren

zi: apice e discesa in un paio di giri di giostra, e tanti saluti. Altrimenti non si spieghereb­be la chiamata alle armi di ieri dalle pagine della St a m p a , dove il leader leghista ha chiesto elezioni politiche a ottobre, insieme a Regionali e Comunali. Con un election day “monstre”, grandioso quanto impossibil­e visto che prima va fatto il referendum sul taglio dei parlamenta­ri. Allora perché il capo della Lega se n’è uscito così?

La risposta sta nei numeri e in due personaggi che gli tolgono il sonno. I primi sono impietosi: nel giro di tre mesi, secondo Ipsos, la Lega è passata dal 32 al 24,3%. Quasi 8 punti lasciati sul terreno, che diventano più di 10 se pensiamo alle Europee del 28 maggio 2019, quando il Carroccio raggiunse il suo massimo storico, col 34,3%, oltre 9 milioni di voti. Sondaggi che continuano a scendere in maniera inversamen­te proporzion­ale a quelli di Fratelli d’Italia, data al 16,2%, più 4 punti rispetto a febbraio, tutti tolti al Carroccio. E alla popolarità di

Luca Zaia, il primo competitor di Salvini da quando è segretario. Il governator­e che, in epoca di emergenza Covid, a parte qualche gaffe, non ha sbagliato un colpo. Zaia che per ora esclude di voler scalare il partito (“non gli piace fare il capo, ma amministra­re, da governator­e e da ministro”, giurano in Lega), ma domani chissà. Tanto più che a Salvini hanno dato molto fastidio un paio d’interviste recenti in cui il Doge ha toccato quasi solo temi nazionali, alzando il tiro. “Salvini è populista, Zaia è popolare. La differenza è tutta qua”, ha detto l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi, che conosce bene entrambi.

IL CAPITANO

ha bisogno quindi di tornare al centro della scena e di riprendere la sua narrazione. Perché ormai se si pensa alla buona amministra­zione, non solo sanitaria, il modello Veneto ha soppiantat­o il modello Lombardia. Ed è proprio la Lombardia il tallone d’Achille del Capitano, dove la vera “governatri­ce” si dice sia la sua ex compagna

Giulia Martinelli, capo della segreteria di Attilio Fontana.

Poteva essere il trampolino di lancio verso la conquista di Milano e invece si sta rivelando una Caporetto, come dimostra pure l’ultima tegola caduta sulla testa del presidente, con il conflitto d’interessi sulla commessa per i camici. “Se perdiamo consensi è anche per lo sciacallag­gio mediatico sulla regione”, dicono dallo staff del leader leghista. “Il calo, però, era previsto perché con la pandemia abbiamo pagato la mancanza delle piazze e il contatto con la gente. Mentre Conte e il suo governo hanno tratto vantaggio dalla sovraespos­izione dovuta all’emergenza”, si aggiunge. E così il Capitano è già ripartito come una trottola coi suoi tour, per vedere se il suo popolo c’è ancora.

NEL FRATTEMPO

ha dettato la linea. “Protesta e proposta”, sarà il ref rai n dell ’ es tate 2020. Incunearsi nelle difficoltà economiche e sfruttare al massimo l’insoddisfa­zione degli italiani in attesa dei soldi: imprese, autonomi, dipendenti in cassa integrazio­ne. E poi vecchi cavalli di battaglia: lotta alla burocrazia sull’onda del modello Genova e flat tax. Di immigrati non si parla più e quindi non ne parla neanche lui, mentre sull’Europa “brutta e cattiva” userà bastone e carota, a seconda del momento. Perché il nuovo nemico numero uno, per lui, è il governo Conte che “affama gli italiani”. La sua Lega, dunque, tornerà stucchevol­mente barricade

ra , come dimostra la nomina di Alberto Bagnai al dipartimen­to economico del partito (preferito a Claudio Borghi), con Giancarlo Giorgetti sempre più defilato, costretto a ululare alla luna.

Non solo. I rapporti con gli alleati si fanno sempre più tesi. In Puglia e in Campania Salvini farà di tutto per non candidare Raffaele Fitto (FdI) e Stefano Caldoro (FI), mentre Silvio Berlusconi e

Giorgia Meloni, velenosi, non si oppongono alla candidata leghista in Toscana ( Su

sanna Ceccardi), regione data per persa. E l’estromissi­one dell’unico assessore leghista ( Luigi Mazzuto) dalla giunta molisana per volontà del governator­e forzista Do n at o

Toma contribuis­ce a incendiare gli animi.

NESSUN

ripensamen­to, invece, sulla scelta “na zio nale ”. “Invece Salvini dovrebbe tornare a guardare al suo territorio, a fare gli interessi del Nord, come fa benissimo Zaia”, osserva Stefania Piaz

zo, che ha ridato vita, sul web, a La Nuova Padania. “Meno populismo e più popolo, meno social e polemicuzz­e quotidiane, più visione politica, e in cima a tutto l’economia post Covid”, continua Piazzo. Che poi confida: “Matteo è un grande leader, ha salvato la Lega, ma ora mi sembra solo, circondato da ragazzini che sanno solo fare sì con la testa. Questo alla lunga si paga…”. E ora gli scontenti sanno dove guardare: verso est, verso San Marco, verso il Doge veneto.

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I due leader separati in casa Il segretario Matteo Salvini e, a destra, Luca Zaia FOTO LAPRESSE

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