Troppo lobbismo nel piano Colao: giallorosa nervosi
Alta tensione Chigi liquida l’irritazione dem: “Rancori per i sondaggi” I nodi della task force: concessioni e condoni
Tutto il Pd riunito canta la stessa canzone: “Non si può tirare a campare, basta chiacchiere”. E da Palazzo Chigi, la casa del presidente del Consiglio sempre più terzo rispetto ai partiti, filtra un’unghiata: “Forse dà fastidio l’altissimo consenso di cui gode Giuseppe Conte”. Ed è già questa la fotografia di una maggioranza che sta assieme per forza. “Navighiamo a vista” riassume una fonte di governo del M5S, dove non mancano i critici del premier, anzi. Ma tanto “un’alternativa non c’è, anche con un minimo rimpasto verrebbe giù tutto” sostiene il grillino di rango. Figurarsi se tirassero giù il Conte che piace a pochi ma di cui nessuno può fare a meno.
Perché un vero piano B non c’è. E poi perché è davvero troppo forte nei sondaggi. Quello di Sky domenica raccontava che un M5S guidato dall’avvocato risalirebbe al 20 per cento, sopra il Pd. Un dato che ha colpito molto i big 5 Stelle e che ha suscitato altri mal di pancia tra i dem. E comunque a complicare le cose c’è anche e innanzitutto il Mes, il fondo Salva-stati che anche ieri Nicola Zingaretti ha descritto come “una leva straordinaria”. Provocando la replica del Movimento: “L’insistenza del Pd sul Mes non scalfisce la nostra posizione, semmai rischia di indebolire la posizione dell’Italia in Europa”. Ma non basta, perché in serata dal M5S urlavano contro “il blitz vergognoso di Pd e centrodestra nelle Marche, che a tre mesi dalle Regionali vogliono modificare la legge elettorale per impedire che i candidati presidenti eletti in Consiglio siano solo i primi due”.
UN’ALTRA RISPOSTAal
curaro al segretario dem: “Si presume che Zingaretti non ne fosse al corrente quando oggi faceva un appello a non ostacolare nei territori le alleanze...”. Non proprio un buon viatico per Conte, che ieri sera ha riunito i capidelegazione di maggioranza, assieme al ministro per l’Economia Gualtieri e al sottosegretario Riccardo Fraccaro, per raccontare cosa ha in mente per gli Stati generali per l’economia, che inizieranno a Roma giovedì. Il premier ha illustrato a grandi linee gli obiettivi e il programma, dicendosi disposto anche a invitare le opposizioni. Un modo per ricucire innanzitutto con il Pd, che lo aveva accusato di “non averci detto niente prima”. Nel frattempo ieri dalla task force guidata da Vittorio Colao è arrivato il rapporto per la “ripar tenza” di un’Italia “resiliente”. Peccato che molta della nostra capacità di difenderci da “futuri choc di sis tema”, dipende da parole d’ordine che sentiamo da qualche decennio: innovazione, digitalizzazione, parità di genere, inclusione e “rivoluzione verde”. A Palazzo Chigi l’hanno già liquidata come la scoperta dell’acqua calda. Ma forse non hanno ancora letto le 121 schede di lavoro. Perché hanno ragione – Colao e i suoi – a dire che “questo non è un libro bianco, sono azioni concrete”. Che siano in linea con l’e spe ri en za giallorosa, è tutto da vedere.
La prima riguarda l’annosa questione su cui Confindustria minacciava barricate: “Escludere il contagioCovid-19 dalla responsabilità penale del datore di lavoro per le imprese non sanitarie”, recita il rapporto Colao, che esonera le aziende anche nel caso in cui l’Inail riconosca l’infortunio al lavoratore. Altre – come la deroga per il 2020 al decreto Dignità, che amplia i rinnovi dei contratti a termine – le avevamo già sentite. Altre pure, ma in tempi non sospetti: tipo la voluntary di
sclosure – ovvero, il condono – per lavoro nero e redditi non dichiarati. Una prece sul passato, mentre per il futuro tornano gli
Il piano Consegnate a Conte le 121 schede: c’è lo scudo per i datori di lavoro e per i redditi non dichiarati
antichi incentivi all’uso del contante e il bando alle banconote sopra i 100 euro. Poi c’è la proroga delle concessioni: si citano le spiagge ma pure le autostrade, il gas, l’energia. E sempre le concessioni vengono evocate per “beni immobiliari di valore storico e artistico” da trasformare in alberghi. Si immagina un divieto di opposizione degli enti locali per infrastrutture di “interesse strategico”. E semplificazioni al Codice degli appalti. Decisioni che – spiegano dal governo – saranno solo “una base di partenza” per il piano di rilancio. Che riguarda anche concorsi pubblici, dottorati di ricerca e asili nidi aperti anche nei festivi. Peccato che il sabato del villaggio, a occhio e croce, sia soprattutto quello delle solite lobby.