I gialli di Perugia: l’uomo del Colle e il trojan “a rate”
Lo scandalo Csm e il consigliere del Colle Le interruzioni complicano la ricostruzione dei dialoghi di Palamara e C. che citano Erbani
In gergo si chiamano
chunk e in sostanza sono delle interruzioni. E a quanto pare, il trojan che ha intercettato Palamara, di chunk ne avrebbe fin troppi. Ma non si tratta soltanto di questo. Ieri la difesa dell’ex presidente dell’Anm s’è presentata in procura per ascoltare gli audio e confrontarli con le trascrizioni effettuate dal Gico della Guardia di Finanza. Gli avvocati Roberto Rampioni e Benedetto Buratti hanno già lamentato nei giorni scorsi – con un’istanza inviata alla procura di Perugia – che “durante l’ascolto delle fonie s’è potuto appurare, in molti casi, una sostanziale divergenza tra quanto riversato nei brogliacci e quanto effettivamente ascoltato”.
Poiché gli audio non sono stati depositati, e non avendo quindi la possibilità di verificare personalmente, possiamo inquadrare questo rilievo nella naturale schermaglia tra difesa e accusa. C’è però un precedente.
Il Fatto , nell’unico audio che ha potuto analizzare – quello della sera del 21 maggio, in cui Palamara incontra l’ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio – una divergenza, con la trascrizione del Gico, l’ha effettivamente riscontrata. L’audio tra le 21.53 e le 21.58 è stato classificato dal Gico come “rumori”. E in effetti il fruscio è altissimo. Pochi secondi prima delle 21.58 c’è però un dialogo, di circa un minuto, che il Fatto ha potuto ascoltare. Resta il dato che l’audio non inizia dal momento dell’incontro, ma quando il dialogo è già in fase avanzata. La difesa di Palamara ha chiesto di trascrivere quella manciata di secondi mai verbalizzata. E il Gico ha coperto la falla. Lì dove, secondo i finanzieri, Palamara dice la parola “carabinieroni” il Fatto ha invece sentito la parola “Pignatone”. Nella trascrizione del Gico di quei pochi secondi non c’è mai la parola “Mattarella” che il Fatto ha invece sentito. In u n’altra occasione Palamara sembra fare il nome di Erbani (Stefano, consigliere giuridico di Mattarella, ndr) che nella trascrizione del Gico non c’è.
IN SOSTANZA,
gli audio possono essere interpretati diversamente, ma la difesa di Palamara ci ha assicurato di ricordare che, nel dialogo con Fuzio, si fecero proprio i nomi che abbiamo menzionato. Se così fosse, fermo restando che la trascrizione giusta potrebbe essere quella del Gico, sarebbe interessante capire perché Fuzio e Palamara parlino di Pignatone, Erbani e Mattarella. E soprattutto: perché affrontano questo argomento proprio la sera del 21 maggio? Una risposta potrebbe darla l’audio tra il 20 e il 21 notte, quando Palamara incontra Lotti e Ferri. Vediamo perché. A mezzanotte e cinque minuti i tre fanno un discorso a tratti incomprensibile durante il quale menzionano ancora una volta Erbani. Ferri dice: “... ma poi io gli ho detto ad Antonio, il Consigliere non lo toccare mai... la figura di merda che...”. L’Antonio in questione potrebbe essere Lepre, ex togato del Csm. Lotti interviene dicendo: “... quello che si deve fare...”. E Ferri: “... eh, che devo fare... io, ho detto, (incomprensibile) io me ne assumo le responsabilità. ..”. E Palamara: quando Erbani (...) però dice
Si tratta di una falsità totale e assolutamente incredibile Stefano Erbani
quelle cose...”. Risponde Ferri: “... (incomprensibile) ... la verità”. Il punto è che in un’altra intercettazione Palamara sostiene con l’ex vice presidente del Csm Giovanni Legnini: “Lepre ha chiamato Cosimo... e l’ha fatto tornare.. non so dove stava.. gli ha fatto prendere un treno per tornare a Roma… dicendogli ‘guarda c’hanno messo il trojan non parliamo più’...”.
Palamara potrebbe persino mentire sapendo di mentire. Però quel che ha detto a Legnini lo ripete ai pm di Perugia che gli chiedono delle voci sul trojan e proprio di Erbani: “Non voglio insinuare nulla – risponde Palamara – e ho il massimo rispetto di tutti, ma di certo a Roma girava voce che io avessi il trojan, e ne parlammo con Ferri, il quale lo aveva saputo da alcuni consiglieri ai quali Erbani aveva riferito che qualcuno era stato infettato dal trojan e io notavo che in tanti temevano di parlare con me”.
È DI QUESTO che parlano Lotti, Ferri e Palamara la notte il 20 e il 21 maggio, tanto da spingere Palamara, la sera del 21 maggio, a discuterne con Fuzio? Per saperlo bisognerebbe apoter ascoltare entrambe le conversazioni dall’inizio. Ma non è detto che sia possibile.
Ieri la difesa di Palamara ha tentato di sentire gli audio precedenti alla mezzanotte e cinque minuti. Interpellato dal Fatto , l’avvocato Buratti ha risposto: “La ricostruzione dell’intera vicenda è molto faticosa in quanto è necessario sentire uno per uno i file, che si presentano spezzettati, ma anche perché al momento non sono stati rinvenuti alcuni progressivi, come nel caso della vicenda sulle indiscrezioni sul trojan oggetto di specifiche domande dell’ interrogatorio di Palamara sul dottor Erbani”.
In sostanza, sostiene Buratti, mancano dei piccoli tasselli.
“Contiamo di ricostruire”, conclude, “con il supporto necessario degli audio, la vicenda relativa ai fatti oggetto delle domande nel corso dell’interrogatorio del nostro assistito”. Ovvero la presunta fuga di notizie sul trojan.
Il Fatto ha contattato il consigliere giuridico del Quirinale Stefano Erbani che, sulla vicenda trojan, ha ribadito: “Si tratta di una falsità totale e assolutamente incredibile”. Il Quirinale già lo scorso anno commentò: “La Presidenza della Repubblica non dispone di notizie su indagini giudiziarie e dal Quirinale non può essere uscita alcuna informazione al riguardo”. E Ferri riferì al Fat to : “Questa voce sull' inchiesta sulle nomine fu connessa nelle voci di corridoio a un incontro tra un esponente di Unicost e Stefano Erbani. Io ovviamente non so se sia vero l' incontro, né le maldicenze che circolavano. E non ne ho mai parlato con nessuno dei due di questo”. Non abbiamo alcun motivo di non credere alle parole di Erbani, Ferri e del Quirinale, ma resta il fatto che se davvero, come sostiene la difesa di Palamara, mancano trascrizioni o ci sono addirittura interruzioni negli audio, la situazione è complicata. Non sarebbe un caso isolato. Il Fatto ha già ricostruito l’assenza, negli audio del 9 maggio 2019, di una cena tra Palamara e Pignatone. Quella sera il trojan non funzionò. Non esistono registrazioni dalle 16 in poi, quando Palamara annuncia la cena in questione. Secondo la difesa esiste però una telefonata intercettata, la sera del 9 maggio, che pur depositata non è stata inserita nelle informative. Sarebbe accaduto – segnala la difesa nell’istanza – anche l’ 8 maggio. Durante la cena del 9 maggio il telefono quindi funzionò. Ma solo per le intercettazioni telefoniche.