Non solo fregate: costruiremo navi militari in Egitto
In questi ultimi giorni, il governo pretende sui giornali la verità egiziana sulla morte del ricercatore universitario Giulio Regeni. Da ottobre, invece, lo stesso governo negozia col regime del generale Al Sisi un’ampia vendita di armi e una sinergia nell’industria bellica per entrare nel mercato africano. Per esempio Fincantieri ha intenzione di formare un consorzio con il Cairo e di costruire in stabilimenti egiziani pattugliatori d’altura per il fabbisogno dellamarina di Al Sisi, ma anche di altri Stati del continente. Ogni tappa di questa vicenda chiarisce la posizione del governo sul “dossier Egitto”.
23 SETTEMBRE 2019. A margine dell’assemblea generale dell’onu a New York, il premier Conte e il ministro Di Maio incontrano Al Sisi. Al centro del colloquio, dice Di Maio, c’è l’impegno a collaborare su Regeni.
OTTOBRE 2019. La Presidenza del Consiglio informa la multinazionale statale Fincantieri che il Cairo ha immediato bisogno di una coppia di fregate Fremm (la tecnologia di bordo è di Leonardo). Il cliente ha urgenza, è assai soddisfatto dei prodotti italiani, si rivolge ancora a Roma dopo aver acquistato 32 elicotteri per un valore di 881 milioni di euro.
C’è soltanto un modo per accontentare Al Sisi: sottrarre due navi già destinate alla Marina italiana. Fincantieri avvia l’operazione assieme a Chigi.
FEBBRAIO 2020.
Il dem Guerini, ministro della Difesa, crea le condizioni per la cessione delle Fremm: ritira dalla pensione due navi e ne ordina altre due a Fincantieri. La Marina è in subbuglio, ma prevale l’interesse nazionale. Allora Fincantieri, secondo la legge 185/90, presenta istanza a Uama – l’unità del ministero degli Esteri che autorizza le esportazioni di materiale bellico – per discutere con gli egiziani. Uama deve intervenire tre volte: apre e chiude le trattative e poi assegna la licenza alla vendita. Il Cairo ha un vasto elenco di desideri: due fregate subito, due in futuro; i succitati pattugliatori d’altura da Fincantieri; 24 caccia Eurofighter e 20 velivoli da addestramento M346 di Leonardo. Per la coppia di Fremm, la “Spartaco Schergat” e la “Emilio Bianchi” tolte alla Marina, Fincantieri fissa il prezzo a 1,4 miliardi di euro. Il Cairo si ferma a 1,25 miliardi e subordina all’affare Fremm il resto della commessa di Fincantieri e, si presume, pure di Leonardo. Un’intesa che per l’italia pesa oltre 10 miliardi di euro e che per Fincantieri equivale a salvaguardare l’occupazione.
GIUGNO 2020. Per Uama la seconda verifica è superata: l’accordo si può sottoscrivere. Il consenso politico, peraltro unanime, arriva con il Consiglio dei ministri di giovedì 11 giugno. Vuol dire che per Uama e governo, dopo una riflessione avviata in febbraio, l’egitto rispetta la legge 185/90, in particolare il comma 6 dell’art. 1, cioè il Cairo non ha commesso violazioni dei diritti umani nel caso Regeni o in quello del giovane Zaky arrestato al rientro da un viaggio di studio o ancora in quello della ragazza torturata per aver sventolato una bandiera arcobaleno (e che poi si è suicidata), non è protagonista di conflitti armati e non viola embarghi di armi come in Libia dove foraggia l’esercito di
Haftar contro il governo di Tripoli in teoria sostenuto da Roma. Per ragioni economiche e geopolitiche, il governo italiano decide così. A differenza del vecchio programma, il 5 giugno la “Schergat” non viene consegnata alla Marina, ma si trova nei cantieri liguri, vicina alla “Bianchi”(ancora da terminare), entrambe da sottoporre a un lavoro di conversione dalla durata di due mesi poiché l’egitto non fa parte della Nato. La licenza di Uama per l’esportazione è una formalità e non serve mica oggi. Oggi serve, invece, la firma del contratto con il Cairo. Però il governo si stupisce di una scelta presa mesi fa e da cui non si torna più indietro, perché ci si è spinti troppo in avanti. Dopo i contatti con Al Sisi del 23 settembre a New York, del 19 novembre a Berlino, del 14 gennaio al Cairo, del 26 dicembre, dell’11 marzo, del 3 aprile e del 7 giugno al telefono, solo per restare alla stagione giallorosa, stasera il premier Conte dovrà riferire i progressi su Regeni all’omonima commissione parlamentare d’inchiesta.
CASO REGENI COSA C’È IN BALLO NELLA TRATTATIVA CON IL CAIRO