Calamandrei e Bobbio, lettere sulla morale
Mio
caro Bobbio, sto raccogliendo per il Ponte alcuni articoli di avvocati penalisti, magistrati e criminalisti sulle relazioni tra la polizia e la magistratura nella ricerca dei colpevoli. Ora mi capita sott’occhio un’osservazione contenuta nell’ultimo volume delle opere di Gramsci, pubblicate da Einaudi ( Passato e presente, 1951, pag. 185), nel quale si fa un riavvicinamento che per me riesce nuovo “tra il metodo istruttorio per ricostruire la responsabilità penale dei singoli individui e il metodo critico, proprio della filosofia della prassi, di ricostruire la ‘personalità’ oggettiva degli accadimenti storici e del loro svolgimento”. Secondo questa osservazione, nella procedura penale attuale la confessione dell’imputato avrebbe perduto la importanza decisiva che aveva un tempo, perché, com’è detto nella introduzione al Capitale di Marx, “non si può giudicare un’epoca storica da ciò che essa pensa di se stessa, così come non si giudica ciò che un individuo è da ciò che egli sembra a se stesso”. Io non so se sia proprio esatto questo parallelismo, e se sia vero che la concezione del processo penale sia stata modificata per effetto del metodo critico (a giudicar dalle botte che danno i poliziotti per estorcer le confessioni, direi che il metodo critico ha lasciato le cose come erano due secoli fa).[…] In ogni modo, poiché gli spunti giuridici che si trovano in Gramsci sono assai suggestivi, mi permetto chiederti se non crederesti di scriver qualcosa per il Ponte...
Caro Calamandrei, non avevo ancora visto il passo di Gramsci che mi citi nella lettera. L’ho esaminato attentamente. Mi pare che l’avvicinamento tra i nuovi metodi processuali e la filosofia della prassi sia arbitrario o perlomeno sia tanto generico che non se ne può cavare nulla. Anzitutto ci sarebbe da contestare l’equiparazione tra metodo critico e filosofia della prassi. Se metodo critico nella storiografia è, mi pare, qualcosa di assai più vasto che non la filosofia della prassi, e comunque non è stato scoperto dalla filosofia della prassi, questa, se mai, può avervi aggiunto qualche espediente metodologico minore, o meglio una maggiore consapevolezza. La frase di Marx che non si deve giudicare di un’epoca storica di quel che essa dice di se stessa, non mi pare caratteristica della filosofia della prassi; mi pare una cautela di cui ogni bravo storico si vale. Siamo quindi in un campo fluido (...). Non escludo che si possa fare una ricerca più ampia sugli spunti di teoria giuridica in Gramsci. Ma occorre un lavoro lungo e paziente. Sto seguendo una tesi di laurea sopra la teoria del diritto e dello Stato in Gramsci. Vedo che c’è molto da dire. Ma appunto per qualcosa di serio ci vuole del tempo