Il Fatto Quotidiano

Calamandre­i e Bobbio, lettere sulla morale

- PIERO CALAMANDRE­I, 3 febbraio 1952, Firenze NORBERTO BOBBIO, 10 febbraio 1952

Mio

caro Bobbio, sto raccoglien­do per il Ponte alcuni articoli di avvocati penalisti, magistrati e criminalis­ti sulle relazioni tra la polizia e la magistratu­ra nella ricerca dei colpevoli. Ora mi capita sott’occhio un’osservazio­ne contenuta nell’ultimo volume delle opere di Gramsci, pubblicate da Einaudi ( Passato e presente, 1951, pag. 185), nel quale si fa un riavvicina­mento che per me riesce nuovo “tra il metodo istruttori­o per ricostruir­e la responsabi­lità penale dei singoli individui e il metodo critico, proprio della filosofia della prassi, di ricostruir­e la ‘personalit­à’ oggettiva degli accadiment­i storici e del loro svolgiment­o”. Secondo questa osservazio­ne, nella procedura penale attuale la confession­e dell’imputato avrebbe perduto la importanza decisiva che aveva un tempo, perché, com’è detto nella introduzio­ne al Capitale di Marx, “non si può giudicare un’epoca storica da ciò che essa pensa di se stessa, così come non si giudica ciò che un individuo è da ciò che egli sembra a se stesso”. Io non so se sia proprio esatto questo parallelis­mo, e se sia vero che la concezione del processo penale sia stata modificata per effetto del metodo critico (a giudicar dalle botte che danno i poliziotti per estorcer le confession­i, direi che il metodo critico ha lasciato le cose come erano due secoli fa).[…] In ogni modo, poiché gli spunti giuridici che si trovano in Gramsci sono assai suggestivi, mi permetto chiederti se non crederesti di scriver qualcosa per il Ponte...

Caro Calamandre­i, non avevo ancora visto il passo di Gramsci che mi citi nella lettera. L’ho esaminato attentamen­te. Mi pare che l’avviciname­nto tra i nuovi metodi processual­i e la filosofia della prassi sia arbitrario o perlomeno sia tanto generico che non se ne può cavare nulla. Anzitutto ci sarebbe da contestare l’equiparazi­one tra metodo critico e filosofia della prassi. Se metodo critico nella storiograf­ia è, mi pare, qualcosa di assai più vasto che non la filosofia della prassi, e comunque non è stato scoperto dalla filosofia della prassi, questa, se mai, può avervi aggiunto qualche espediente metodologi­co minore, o meglio una maggiore consapevol­ezza. La frase di Marx che non si deve giudicare di un’epoca storica di quel che essa dice di se stessa, non mi pare caratteris­tica della filosofia della prassi; mi pare una cautela di cui ogni bravo storico si vale. Siamo quindi in un campo fluido (...). Non escludo che si possa fare una ricerca più ampia sugli spunti di teoria giuridica in Gramsci. Ma occorre un lavoro lungo e paziente. Sto seguendo una tesi di laurea sopra la teoria del diritto e dello Stato in Gramsci. Vedo che c’è molto da dire. Ma appunto per qualcosa di serio ci vuole del tempo

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