A giudizio il teste pro Castellucci: trema vertice Aspi
Si chiama Paolo Anfosso il progettista di Autostrade per l’italia (Aspi) accusato di aver mentito durante il processo per i 40 morti del bus precipitato ad Acqualonga nel luglio 2013 dopo aver sfondato dei new jersey “di secondo impianto” marci e maltenuti. È stato rinviato a giudizio per falsa testimonianza e dal dibattimento che inizierà il 2 novembre potrebbero arrivare cattive notizie per l’ex Ad di Aspi Giovanni Castellucci e per il processo di Appello che affronterà ad ottobre a Napoli da imputato assolto in primo grado.
La procura di Avellino guidata da Rosario Cantelmo è infatti convinta che Anfosso non abbia detto il vero in aula per coprire gli ex vertici di Aspi su una spinosa questione: quella dell’esistenza o meno di un input del Cda dietro la decisione di non sostituire le barriere sotto accusa per la strage del bus. Non si spiegherebbe altrimenti la ‘ritrattazione’ di Anfosso tra le dichiarazioni rese alla Finanza il 31 marzo 2014 durante le indagini, e quelle rese in udienza il 17 febbraio 2017. Tre anni prima Anfosso ammette l’esistenza di “una delibera aziendale che sancisce il principio della riqualifica delle sole barriere di primo impianto”, la delibera Cda del dicembre 2008 per la quale Castellucci è imputato. Poi davanti al giudice, incalzato dal pm, afferma invece che la linea “non limitava solo alle barriere di primo impianto” e che “da approfondimenti successivi… mi risulta non ci sia una correlazione tra la delibera e quanto da me dichiarato…”. Il pm ha contestato le discrepanze. Ma il giudice ha utilizzato le dichiarazioni di Anfosso in tre pagine delle motivazioni che hanno assolto Castellucci e i vertici Aspi, addossando le colpe ai soli dirigenti di tronco (tutti condannati), e non ha inviato la testimonianza di Anfosso al pm perché “non si ravvisa il reato di falsa testimonianza”. Un altro Gip invece ne ha visto gli indizi, e ora il processo ad Anfosso è una mina vagante sull’assoluzione di Castellucci.