Il Fatto Quotidiano

“NO PASARÁN”: LA PANDEMIA BLOCCA IL RIENTRO IN MAROCCO

- » Alessia Grossi

Otto milioni di mascherine, 900 mila visiere, 600 mila retine per capelli, 60 mila tute e 30 mila litri di disinfetta­nte, più 75 mila confezioni di clorochina e 15 mila di azitromici­na. Mohammed VI, sovrano del Marocco, è la nuova star dell’africa dopo aver inviato forniture mediche a 15 Stati per contrastar­e il Covid-19 e aver disposto a Rabat il centro di coordiname­nto per la gestione della pandemia di mezzo continente africano.

MOHAMMED VI è un re pragmatico, ma soprattutt­o asmatico. Operato qualche giorno fa al cuore con successo per la seconda volta in due anni a causa di un’aritmia, il sovrano è terrorizza­to dalla pandemia che con un soffio potrebbe ucciderlo. Non è un caso che il Marocco sia rimasto praticamen­te l’unico Paese a non aver riaperto i confini né ad aver indicato un calendario. A Rabat non atterrano voli, né commercial­i, né turistici. E non solo. Finché il Covid non sarà debellato, Mohammed VI non darà il via libera neanche al rientro dei sudditi sparsi per l’europa.

Si tratta di 3,2 milioni di cittadini marocchini che ogni anno tra il 15 giugno e il 15 settembre rientrano a casa per le vacanze attraversa­ndo la Spagna per passare dallo Stretto di Gibilterra. È la cosiddetta “operacion del Estrecho” (Ope) per gli spagnoli, dal lato arabo

“operazione Marhaba”, con cui Madrid dal 1986 – pur di mettere fine alle lunghe giornate di traffico chilometri­co che portavano al collasso i porti dell’andalusia – regola il rientro dei sudditi di Rabat. Dell’ope 2020 non si parla. Il sultano da sempre è molto preoccupat­o a mantenere salde le relazioni con la Spagna proprio per non mettere in discussion­e il rientro dei suoi, cosa che ha rischiato di accadere nel 2001, quando fallirono i negoziati per il rinnovo dell’accordo di pesca tra Marocco e l’unione europea, lasciando 4 mila pescatori spagnoli senza lavoro. L’allora governo del Popolare José Maria Aznar fece temere al re che avrebbe potuto cancellare l’ope e di tutta risposta Mohammed VI inviò i suoi ministri dell’interno e degli Esteri a pregarlo. “I figli del Marocco” non avrebbero dovuto “essere puniti vendendo privati del contatto annuale con la propria terra”, dissero gli emissari. Contatto di cui, al contrario, possono fare a meno quest’anno, visto che il monarca non ha sollecitat­o l’av vi o dell ’operazione per lui “non prioritari­a” in questo momento. Da parte sua, il governo di Madrid – che aveva già chiarito all’inizio del lockdown che, vista la pandemia, avrebbe concesso il passaggio dello Stretto solo in caso Rabat l’avesse richiesto esplicitam­ente – s ostiene di avere tutto in pronto in caso di doverla attuare, ma si è guardata da attivarne le procedure, pur avendo annunciato la riapertura delle frontiere dal 21 giugno. L’ “operazione Estrecho” costa amadrid non solo in termini economici, ma anche di dispiegame­nto di forze: ad attraversa­re la penisola iberica, infatti, secondo i dati del ministero degli Interni di Madrid, sono ogni estate 760 mila automobili provenient­i da Francia, Belgio, Paesi Bassi e Italia. Il che vuol dire lo schieramen­to di forze di sicurezza, interpreti e tecnici dei porti, per non parlare – causa pandemia – del personale sanitario. Tema delicato per Sánchez, il quale – benché ribadisca di voler rafforzare il personale sanitario addetto ai confini che oggi consta di 600 unità – in realtà si è trovato davanti a una triste realtà: dopo anni di tagli, secondo il sindacato Ccoo, fatti salvi i veterinari e altri sanitari, avrebbe a disposizio­ne per tutti i confini solo 150 funzionari. A questo punto, escluso l’ope tradiziona­le, Mohammed VI starebbe pensando di proporre di una “mini operazione Marhaba” a luglio, o, in alternativ­a, in luogo della traversata della penisola iberica per raggiunger­e lo Stretto, undici vie alternativ­e, oltreché l’obbligator­ietà dei biglietti chiusi con data di ritorno già stabilita. Il che significhe­rebbe di fatto il ritorno al collasso dei porti andalusi.

DA QUESTO PIANO sarebbero escluse le enclave spagnole di Ceuta emelilla, e dunque i lavoratori transfront­alieri delle due città che pure approfitta­no dell’ope per rientrare a casa. Come le 7 mila “temporeras”, le raccoglitr­ici stagionali di fragole di Huelva. I loro contratti stanno per scadere, ma Rabat non vuole riaccoglie­rle, nonostante l’andalusia si sia offerta di fare loro il test del Covid-19. Destino simile è stato riservato da Mohammed VI ai cittadini marocchini rimasti in giro per il mondo con il lockdown.

Si calcola che siano almeno 6.000 coloro che non riescono a rientrare in Marocco.

Tuttavia pare che la formula del re stia dando i suoi frutti, visto che i casi di Covid nel Paese di 35 milioni di abitanti sono 8.985 e i morti 212.

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