Il Fatto Quotidiano

MAI TRAMONTA IL VIALE DEL TRAMONTO

Da noi arrivò solo nel 1951

- » Federico Pontiggia

“IA DIFFERENZA DEGLI OSCAR, rimandati di quasi due mesi nel 2021 a causa della pandemia, gli Emmy Awards sono confermati per il prossimo 20 settembre. Ancora non si conoscono modalità e luogo della 72esima edizione degli “Oscar della tv”, mentre è certo il nome del presentato­re: Jimmy Kimmel, per la terza volta nel ruolo di mattatore della serata o sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo”: forse non valeva per Norma Desmond, ma vale per Viale del tramonto. Un tramonto lungo settant’anni: l’anteprima al Radio City Music Hall di New York il 10 agosto del 1950, nel marzo del ’51 l’approdo nelle nostre sale.

MOLTI SONO I FILM SUL CINEMA, pochi gli eletti, pochissimi i capolavori: Sunset Blvd. lo è e, traguardo ben più impegnativ­o, è pure il capolavoro tra i capolavori di Billy Wilder. Per Carlo Verdone, che l’ha riproposto da guest director dell’ultimo Festival di Torino, “è un film che ha un sapore di morte”. Lo zombie-movie del metacinema, ancor più se Wilder non si fosse curato delle risate allo screen test di Evanston, Illinois, alla fine del ’49 e avesse mantenuto il prologo originario: la camera scendeva dal Sunset Boulevard – l ’ arteria hollywoodi­ana che si tuffa nel Pacifico – all’obitorio, dove il cadavere di Joe Gillis (William Holden) e altre salme iniziavano a parlare.

Non importa, l’incipit definitivo ce lo consegna esanime, riverso e ripreso da una posizione impossibil­e nella piscina di una villa, la sua voce over apre al flashback e ritrova altri morti viventi, Norma Desmond ( Gloria Swanson), l’attempata diva del muto di cui sarà mantenuto, amante e vittima; il di lei maggiordom­o Max ( Erich von Stroheim); il crudele – e decisament­e il più arzillo – Cecil D. Demille che sta girando – davvero – Sansone e Dalila e nulla vuole sapere della Salomè di Norma; Buster Keaton, che gioca a carte con vecchie glorie e per due volte pronuncia un laconico e simbolico “passo”.

Wilder, sceneggiat­ore con Charles Brackett, con cui litigò, e D.M. Marshman Jr., non voleva fossero di Hollywood i primi spettatori perché di Hollywood si parlava, non bene: l’apogeo della decadenza, il narcisismo terminale, il profitto e l’approfitto – Gordon Cole, identità poi mutuata da Twin Peaks, che punta l’isotta Fraschini – per esperanto, le dinamiche servo-padrone per acquisite. Poi, grandezza che sdilinquis­ce nell’ossessione fantasmati­ca, totem che si coprono di ridicolo, piscine che accolgono topi e – Joe legge The Young Lions di Irwin Shaw – leoni, e i film nel film dispensati con sadica generosità da Wilder: Max proietta La regina Kelly, in cui egli stesso, ovvero von Stroheim, diresse la Swanson nel 1928; Norma consegna alla Storia del Cinema l’ “Eccomi, Demille, sono pronta per il mio primo piano”, e con Cecil Gloria lavorò, e non solo, in sei lungometra­ggi, da Perché cambiate marito? del 1919 a Fragilità, sei femmina! del ’21.

I SIMULACRI ABBONDANO, il redde rationem ha la toccata e fuga di Bach suonato da Max al piano, assoluta è la mancanza di prospettiv­a e di proporzion­i: “I am big. It’s the pictures that got small”, pretende appunto

Norma. Ma per le star dei silent film la pena del contrappas­so è la parola. Lungi dal rivendicar­e lo status: “Le grandi stelle non hanno età”, certifica l’estinzione: un grande mondo antico che se ne va, rivolgendo­si contro una nemmeno troppo latente pulsione di morte. Che è la materia di cui sono fatti i sogni di Hollywood: “Ci fu un maragià che venne dall’india per avere una delle sue calze di seta. Quando la ottenne ci si strangolò”.

Non esiste tramonto senza alba, eppure Gloria Swanson si fermò alla notte, la più importante del cinema mondiale: perse l’oscar a favore della Judy Hallyday di Nata ieri. Nella cinquina dell’attrice protagonis­ta più folgorante di sempre, non l’ottenne nemmeno la coppia di Eva contro Eva Anne Baxter e Bette Davis, ma la Swanson perse due volte: come Gloria, e come Norma. Solo il tempo le ha reso giustizia: è morta il 4 aprile del 1983, però ne vediamo ancora la luce. Non succede forse alle stelle del cielo?

@ fpontiggia­1

Il film dei (e sui) film Protagonis­ti il cinema muto e Hollywood: un grande mondo antico che se ne va insieme alla sua diva

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