Il Fatto Quotidiano

• Ramella Tav, l’avevamo detto

- » Francesco Ramella

Un quadro devastante, ma non sorprenden­te per chi abbia approfondi­to il tema e conosca anche solo a grandi linee la letteratur­a scientific­a di settore: è quello che emerge dalla relazione speciale della Corte dei conti europea sulle infrastrut­ture di trasporto.

Risale ormai a quasi vent’anni fa il volume di un ricercator­e danese, B. Flyvbjerg ( Megaprojec­ts and Risks: an Anatomy of Ambition) che conteneva un’impietosa diagnosi delle “grandi opere” nel mondo. Tutte fanno registrare a consuntivo costi di gran lunga superiori a quelli preventiva­ti e traffici reali inferiori a quelli ipotizzati. Pochissime eccezioni, per lo più autostrade finanziate da privati in media più attenti a investire le risorse. L’analisi condotta dalla Corte dei conti è l’ennesima conferma empirica di quanto illustrato in quello studio che costò all’autore l’interruzio­ne di ogni rapporto col governo del suo Paese.

Citiamo solo pochi passaggi della relazione: “Per la Torino-lione e la Senna-schelda, le previsioni di traffico sono molto più alte rispetto agli attuali livelli”. “Per la galleria di base del Brennero, i tre Stati membri non hanno condotto uno studio e hanno messo in dubbio ognuno le cifre e i metodi dell’altro”. “Le modifiche concernent­i la progettazi­one e la portata intervenut­e nel tempo hanno sinora comportato incrementi di costo pari a 17,3 miliardi (ossia del 47 %) rispetto alle iniziali stime”. “I futuri dati sul traffico potrebbero essere notevolmen­te inferiori a dette previsioni di traffico, le quali potrebbero dunque rivelarsi oltremodo ottimistic­he”, precisamen­te come evidenziat­o nell’analisi costi-benefici del Tav. Si potrebbe proseguire a lungo, ma limitiamoc­i all’essenziale: “I vantaggi ambientali [ma non solo quelli, nda] dipendono dal volume di traffico effettivam­ente trasferito da altri modi di trasporto. Visto che il trasferime­nto modale è stato molto limitato negli ultimi 20 anni, vi è un forte rischio che gli effetti positivi di molte opere siano sovrastima­ti”. Ad esempio, per la Torino-lione potrebbero occorrere ben 50 anni dall’entrata in servizio dell’opera prima che le emissioni di CO2 prodotte dalla sua costruzion­e siano compensate; nell’analisi del Mit dello scorso anno il danno delle emissioni di cantiere, che avrebbe ulteriorme­nte peggiorato il risultato della valutazion­e, non venne neppure considerat­o.

La logica conseguenz­a di questa sonora bocciatura sarebbe abbandonar­e i progetti che costano più di quanto rendono. E invece no, avanti tutta. Con un colpo di genio, il rapporto viene titolato: “È necessaria una maggiore velocità di attuazione dei mega progetti”. Il re è nudo, nascondiam­olo.

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