Il Fatto Quotidiano

• Barbacetto 40 anni fa 2 stragi

- GIANNI BARBACETTO

Quarant’anni tondi dalla strage di Ustica e da quella di Bologna. E i depistaggi ottusi continuano. Il 27 giugno 1980 finiva in mare, al largo di Ustica, il Dc9 Itavia che seppelliva nel Tirreno i corpi di 81 vittime e l’onore dell’aeronautic­a militare italiana, inghiottit­o dai flutti neri, dalle bugie, dai documenti nascosti. Il 2 agosto 1980 scoppiava alla stazione di Bologna la più sanguinari­a delle bombe italiane, che uccideva 85 persone e ne feriva 200. Quattro decenni dopo, “tornano i vecchi depistaggi”, denuncia il presidente dell’associazio­ne dei familiari delle vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti. “Torna il gioco delle tre carte già tentato anni fa”. Allora era il senatore Carlo Giovanardi a sostenere di aver trovato, partecipan­do ai lavori della Commission­e Moro, “carte che avrebbero potuto riscrivere la storia delle due stragi”.

La pista indicata era quella della bomba a bordo del Dc9 e del terrorismo internazio­nale, libico o palestines­e, entrato in azione anche a Bologna. “Piste smentite e s bu g i ar d at e ”, spiega Bonfietti. Anche dall’ultima sentenza per la strage della stazione, che nel gennaio 2020 condanna Gilberto Cavallini e conferma la pista nera, con esecutori i fascisti dei Nar Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, oltre, appunto, a Cavallini. “Quarant’anni dopo, si torna allo stesso depistaggi­o”, continua Bonfietti: si riferisce alle dichiarazi­oni del presidente del Copasir (il Comitato parlamenta­re di controllo sui servizi segreti), il leghista Raffaele Volpi, che ha detto che il Comitato “auspica che i documenti custoditi negli archivi delle Agenzie di sicurezza sul sequestro di Aldo Moro, sulla strage di Bologna e su quella di Ustica possano essere oggetto di desecretaz­ione e messi a disposizio­ne dell’autorità giudiziari­a, anche alla luce delle rilevanti novità riportate nei mesi scorsi dagli organi di stampa, da cui emergerebb­ero scenari in parte difformi rispetto a quelli accertati dai processi”.

CHE SCENARIO evoca Volpi? Niente pista nera per Bologna: verità ormai processual­mente accertata. E niente battaglia aerea nei cieli di Ustica, in cui aerei Nato per abbattere i Mig libici di Gheddafi colpiscono il Dc9 civile: verità non acclarata processual­mente, ma ipotesi più probabile, benché oscurata dai depistaggi, dalle menzogne dei generali e dalle reticenze dei Paesi alleati. Per Volpi, alla ricerca di un jolly inesistent­e, tornano d’attualità le vecchie carte di un mazzo truccato che da quarant’anni punta a coprire, da una parte, per Ustica, le (eventuali) responsabi­lità dei comandi militari Nato; dall’altra, per Bologna, le (certe) responsabi­lità dei fascisti italiani e dei loro protettori piduisti e di Stato (tra i condannati a Bologna ci sono anche Licio Gelli e due ufficiali del servizio segreto militare, che volevano proprio accreditar­e l’inesistent­e pista internazio­nale).

Ustica. Bologna. Due stragi contigue, due anniversar­i senza verità completa e con eterni depistaggi. “Mi spiace che il presidente del Copasir, o il Copasir nel suo complesso, cadano in questa trappola”, prosegue Bonfietti. Il jolly di Giovanardi e Volpi è “documentaz­ione regolarmen­te custodita” che “non riguarda né Ustica, né Bologna. Si vuole ripetere un’operazione che è già stata ampiamente sbugiardat­a. Poiché sulle stragi non esiste e non può esistere segreto di Stato, tutta la documentaz­ione sulle stragi sia resa pubblica e depositata all’archivio centrale dello Stato, in base alla direttiva Renzi”. Si occupi di questo, il Copasir, invece di resuscitar­e vecchi depistaggi. Per Ustica, conclude Bonfietti, “la vera distruzion­e della documentaz­ione è avvenuta in ambito militare; e oggi l’ostacolo alle indagini della Procura di Roma viene dalla mancanza di collaboraz­ione internazio­nale, con rogatorie verso Paesi alleati che restano senza risposta, in sfregio alla nostra dignità nazionale”.

GIOVANARDI “CI SONO CARTE CHE AVREBBERO POTUTO RISCRIVERE LA STORIA”

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