• Luttazzi Grillo, Vespa e Di Maio
Ci sono persone che hanno il senso del tempo come nel film “Il giorno della marmotta” (tweet di Beppe Grillo contro Di Battista, che proponeva un’assemblea costituente delle anime del Movimento “e vedremo chi vincerà”).
RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI: stiamo rivedendo daccapo il loop in cui, da qualche anno, Grillo è impaniato. Grillo vuole il vincolo di mandato, ipotesi che confligge col diritto alla libertà d’espressione: l’immagine giusta è quella di Grillo e Di Maio da Vespa, con Dimaio seduto sulle ginocchia di Grillo, il ventriloquo che manipola il pupazzo infilando la mano sappiamo dove. Col vincolo, si potrebbe ridurre il Parlamento a una riunione dei capigruppo, e chissene della funzione di rappresentanza. Anche nel Movimento le votazioni contano poco: se il risultato delle grillarie non piace a Grillo, si rifanno le grillarie. Altro esempio: il 6 febbraio 2016 Grillo ordinò ai parlamentari M5S di votare secondo coscienza il ddl Cirinnà, nonostante i 20mila iscritti certificati del M5S avessero deciso che i parlamentari dovevano votare “sì”. Poi ci sono i dietrofront: in un celebre tweet del 23 gennaio 2017, Grillo scrisse: “Salvini, Meloni, mangiate tranquilli. Il M5S non fa alleanze con quelli che da decenni sono complici della distruzione del Paese.” Lo diceva anche del Pd. Una volta protestarono i grillini storici, richiamando Grillo alle sue responsabilità e rinfacciandogli i suoi voltafaccia. E Grillo sbottò: “Non rompete i coglioni a me, che ho fatto così tanto per questo Paese”. Poteva continuare a fare il comico, invece decise di prendere il potere, quindi non rompetegli i coglioni. Non sei molto credibile quando parli di democrazia, se hai creato un movimento senza democrazia interna, senza congressi e libere elezioni della classe dirigente; un movimento dove si fanno votare gli iscritti soltanto sugli argomenti che fanno comodo e con una piattaforma digitale misteriosa, gestita dal vertice. Né sei credibile se parli di crisi economica e di decrescita felice dalle tue ville o a bordo di uno yacht. Un plurimilionario che fa l’indignato, si presenta come salvatore della patria e si atteggia a spiritosone: è la trama del nostro sciagurato Groundhog day. Dopo il voto della piattaforma Rousseau che bocciò l’autorizzazione a procedere contro Salvini (piattaforma i cui conteggi restano volutamente misteriosi: ecco una bella scatoletta di tonno da aprire!), Marco Travaglio scrisse l’editoriale “Dalle 5 Stelle alle 5 Stalle”, per denunciare che il berlusconismo aveva contagiato i grillini, poiché con quel voto si erano rimangiati la lotta contro la Casta. La sera stessa, Travaglio andò a vedere Grillo al Brancaccio. Scrisse l’ansa, facendo la cronaca dello show: “A un certo punto, il garante dei 5 Stelle va da Marco Travaglio, presente in platea – Travaglio, devi fare come i preti: devi parlare di politica, ma non devi dare programmi politici –.” A parte il paragone sbagliato (la dottrina sociale della Chiesa è un programma politico, ed è tutt ’altro che illegittima), la preoccupazione di Grillo è comprensibile: Travaglio è molto più bravo di lui, sia come politico che come satirico; volendo, con un editoriale se lo mette in tasca, il Movimento. Nel frattempo, Di Maio e Dibba si ignorano come due etero che a tredici anni hanno avuto un’esperienza gay al campeggio.