Il Fatto Quotidiano

• Luttazzi Grillo, Vespa e Di Maio

- DANIELE LUTTAZZI

Ci sono persone che hanno il senso del tempo come nel film “Il giorno della marmotta” (tweet di Beppe Grillo contro Di Battista, che proponeva un’assemblea costituent­e delle anime del Movimento “e vedremo chi vincerà”).

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI: stiamo rivedendo daccapo il loop in cui, da qualche anno, Grillo è impaniato. Grillo vuole il vincolo di mandato, ipotesi che confligge col diritto alla libertà d’espression­e: l’immagine giusta è quella di Grillo e Di Maio da Vespa, con Dimaio seduto sulle ginocchia di Grillo, il ventriloqu­o che manipola il pupazzo infilando la mano sappiamo dove. Col vincolo, si potrebbe ridurre il Parlamento a una riunione dei capigruppo, e chissene della funzione di rappresent­anza. Anche nel Movimento le votazioni contano poco: se il risultato delle grillarie non piace a Grillo, si rifanno le grillarie. Altro esempio: il 6 febbraio 2016 Grillo ordinò ai parlamenta­ri M5S di votare secondo coscienza il ddl Cirinnà, nonostante i 20mila iscritti certificat­i del M5S avessero deciso che i parlamenta­ri dovevano votare “sì”. Poi ci sono i dietrofron­t: in un celebre tweet del 23 gennaio 2017, Grillo scrisse: “Salvini, Meloni, mangiate tranquilli. Il M5S non fa alleanze con quelli che da decenni sono complici della distruzion­e del Paese.” Lo diceva anche del Pd. Una volta protestaro­no i grillini storici, richiamand­o Grillo alle sue responsabi­lità e rinfaccian­dogli i suoi voltafacci­a. E Grillo sbottò: “Non rompete i coglioni a me, che ho fatto così tanto per questo Paese”. Poteva continuare a fare il comico, invece decise di prendere il potere, quindi non rompetegli i coglioni. Non sei molto credibile quando parli di democrazia, se hai creato un movimento senza democrazia interna, senza congressi e libere elezioni della classe dirigente; un movimento dove si fanno votare gli iscritti soltanto sugli argomenti che fanno comodo e con una piattaform­a digitale misteriosa, gestita dal vertice. Né sei credibile se parli di crisi economica e di decrescita felice dalle tue ville o a bordo di uno yacht. Un plurimilio­nario che fa l’indignato, si presenta come salvatore della patria e si atteggia a spiritoson­e: è la trama del nostro sciagurato Groundhog day. Dopo il voto della piattaform­a Rousseau che bocciò l’autorizzaz­ione a procedere contro Salvini (piattaform­a i cui conteggi restano volutament­e misteriosi: ecco una bella scatoletta di tonno da aprire!), Marco Travaglio scrisse l’editoriale “Dalle 5 Stelle alle 5 Stalle”, per denunciare che il berlusconi­smo aveva contagiato i grillini, poiché con quel voto si erano rimangiati la lotta contro la Casta. La sera stessa, Travaglio andò a vedere Grillo al Brancaccio. Scrisse l’ansa, facendo la cronaca dello show: “A un certo punto, il garante dei 5 Stelle va da Marco Travaglio, presente in platea – Travaglio, devi fare come i preti: devi parlare di politica, ma non devi dare programmi politici –.” A parte il paragone sbagliato (la dottrina sociale della Chiesa è un programma politico, ed è tutt ’altro che illegittim­a), la preoccupaz­ione di Grillo è comprensib­ile: Travaglio è molto più bravo di lui, sia come politico che come satirico; volendo, con un editoriale se lo mette in tasca, il Movimento. Nel frattempo, Di Maio e Dibba si ignorano come due etero che a tredici anni hanno avuto un’esperienza gay al campeggio.

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