Il Fatto Quotidiano

WOODCOCK DOPO L’ASSOLUZION­E: IL CSM FA SENTENZE O DÀ SEGNALI?

- ANTONIO MASSARI

Può un giudizio disciplina­re rappresent­are un “se gn al e” pe r questo o quel magistrato? No, poiché siamo di fronte a un vero e proprio giudice e una sentenza a tutti gli effetti. Sarebbe come domandare: può un imputato per omicidio essere assolto o condannato per dargli un “segnale”? È tutto fin troppo ovvio. Eppure tocca discuterne, alla luce dell’assoluzion­e che il Csm, dopo il rimpallo con la Corte di Cassazione, ha dovuto sancire due giorni fa per il pm Henry John Woodcock. La domanda è inevitabil­e se, a parlare di “segnale”, è proprio Luca Palamara, componente della sezione disciplina­re – ma non del collegio che lo condanna – che il 4 marzo 2019 infligge awoodcock la sanzione della censura.

Il pm viene condannato per i suoi “virgoletta­ti” sull’inchiesta Consip apparsi nell'intervista pubblicata su Repubblica da Liana Milella nel 2017. Milella sostiene dinanzi al Csm di aver tradito la fiducia di Woodcock pubblicand­o senza autorizzaz­ione lo scambio di battute con il pm. Però il Csm la considera comunque una “grave scorrettez­za” nei confronti del procurator­e di Napoli Nunzio Fragliasso e dei pm romani che hanno ereditato l'inchiesta.

C’è però un’altra accusa: Woodcock e la pm Celeste Carrano avrebbero violato i doveri di “imparziali­tà, correttezz­a e diligenza” per aver interrogat­o l’ex consiglier­e economico di Palazzo Chigi, Filippo Vannoni, in qualità di testimone e quindi senza l’assistenza di un avvocato. Sulla base degli stessi atti, a Roma, Vannoni è stato invece considerat­o un indagato. Sul punto Woodcock e Carrano vengono assolti.

Su queste premesse s’incentra una conversazi­one via chat tra Luca Palamara e Nicola Clivio, che non fa parte del collegio giudicante ma conosce la questione poiché, come Palamara, ne è stato relatore nella consiliatu­ra precedente.

Il 4 marzo 2019, quando Woodcock viene condannato, Clivio sostiene che si sia trattato di una “scelta politicame­nte corretta” e – accogliend­o favorevolm­ente il verdetto – sottolinea: “Indagine salva”. Sostiene che, con l’assoluzion­e di Woodcock e Carrano sull’interrogat­orio di Vannoni, si è evitata la sovrapposi­zione del procedimen­to disciplina­re con l’inchiesta penale Consip ancora in corso. E Palamara sottolinea: “Però segnale per lui (Woodcock, ndr)”. Clivio sostiene che sia stato condannato per il “fatto meno grave” e Palamara conferma: “Sì, questo è vero”.

Ma c’è di più. Clivio sa già perfettame­nte come andrà a finire. Sulla base della sua conoscenza degli atti profetizza che la condanna non reggerà in Cassazione. E neanche l’assoluzion­e, che ritiene altrettant­o debole. E così dà per certo che “il fascicolo tornerà al Csm dopo l’annullamen­to” precisando che però, in quel momento, probabilme­nte non ci sarà più “il problema della sovrapposi­zione all’indagine”. Clivio la imbrocca a metà. La Cassazione non annulla l’assoluzion­e, ma soltanto la condanna, cioè proprio la parte che Palamara definisce il “segnale” per Woodcock ed è “meno grave”.

E allora: può una sentenza disciplina­re essere definita – degradando­ne la funzione – un “segnale”? Se così fosse, saremmo di fronte a un’ipotesi devastante: espropriar­e un organo giurisdizi­onale, previsto dalla Costituzio­ne a difesa dell’intero assetto democratic­o, di una sua funzione essenziale. L’esproprio starebbe nel travestire da sentenza un “segnale”. Non siamo noi a ritenere che sia accaduto questo. Anzi. Vogliamo tenacement­e credere il contrario. E la Cassazione avrebbe comunque ristabilit­o l’ordine delle cose. Ma è Palamara a dirlo. E Clivio non obietta. Quindi siamo costretti a porre la domanda: fu un “segnale”? E che cosa s’intendeva segnalare?

GIÀ NEL 2019 IN UNA CHAT DI PALAMARA SI PROFETIZZA L’ASSOLUZION­E DEL PM DI NAPOLI

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