Scalfarotto chi?
Da che mondo è mondo essere di sinistra significa guardarsi soprattutto dai propri amici piuttosto che dai propri nemici. Senza arrivare al primato dello stalinista Stalin, che fece fuori il maggior numero di comunisti della storia, qui vorremmo ritornare, più modestamente sullo strano caso di Ivan Scalfarotto. Già trattato compiutamente su queste pagine da Andrea Scanzi, il quale non riusciva a capacitarsi di come un sottosegretario renziano potesse candidarsi alla presidenza della Regione Puglia contro il candidato del Pd, Michele Emiliano. Con zero chance di essere eletto e concrete possibilità di agevolare la vittoria dell’esponente del centrodestra, Raffaele Fitto. Comprendo lo sconcerto di Andrea e di quanti non vedono alcun senso logico nella mossa dell’ivan. E neppure mi sento di applicare al soggetto in questione la definizione classica del cretino, come di colui che mentre danneggia gli altri reca nocumento a se stesso. No, Scalfarotto è uomo intelligente e dunque nel tentativo di trovare spiegazioni meno banali ci siamo ricordati di illustri esempi di odio vigilante (e militante) nella sinistra, che hanno condotto regolarmente la sinistra al disastro. Dalla caduta del governo Prodi nel 1998, grazie al fattivo contributo del compagno Fausto Bertinotti. Alle congiure piuttosto sinistre che disarcionarono Massimo D’Alema da palazzo Chigi, o Walter Veltroni dalla segreteria del Pd. Fino al celeberrimo “Enrico stai s ere no”, con cui Matteo Renzi giustiziò Letta. Mi rendo conto però che sono esempi che non calzano in quanto complotti interni alla sinistra messi in atto da cospiratori assetati di potere. Scalfarotto, al contrario, pur sapendo perfettamente che “non lo vota neanche il gatto” (Scanzi), come mai si adopera per condurre alla rovina il suo alleato avvantaggiando il suo nemico? E perché mai, allora, Bruto accoltella Cesare da cui pure era amato come un figlio? Invidia? Gelosia? Coglionaggine? Il nemico del mio amico è mio amico, è il teorema di Scalfarotto. Infatti a tarda sera il suo mentore Renzi chiede a Emiliano di farsi da parte. C’è del metodo in quella pugnalata.