Chiesa e cliché sui gay
Decidere se fare una legge contro l’omofobia è un affare della politica, cioè del Parlamento e del governo di un Paese, che si spiega e giustifica in base a una esigenza specifica. Per esempio quando vi fosse un’ondata di aggressioni o altri delitti omofobici. Oggi in Italia qualcosa del genere c’è, ci sono ancora bullismo spicciolo (persecuzione del compagno effeminato, aggressioni stradali di copie gay, ecc.) che fanno anche notizia sui giornali: Occorre o no intervenire con una legge? È questa, appunto, una valutazione che spetta al legislatore, cioè al Parlamento.
In questi giorni sentiamo che rispetto a questa legge ancora in discussione (con vari progetti diversi in Parlamento) la Conferenza Episcopale Italiana ha emanato una nota di messa in guardia preventiva, affermando che non c’è alcuna necessità di un simile provvedimento legislativo, giacché le leggi esistenti bastano e che, d’altra parte, la legge progettata rischierebbe di violare la libertà di opinione esponendo chiunque voglia difendere pubblicamente la famiglia tradizionale a essere perseguito penalmente per omofobia.
Per chi segue con simpatia la politica di Papa Francesco, questo può essere un osso duro da digerire. Il Papa è stato finora molto cauto ogni volta che è stato interpellato a proposito dell’omosessualità: si ricordino ad esempio di sue risposte come “Chi sono io per giudicare …?”, ma è certo che la posizione tradizionale della Chiesa è pur sempre ancora quella espressa – da ultimo – da un vescovo italiano secondo cui la condotta omosessuale è oggettivamente disordinata. Se gli si domandasse perché, la risposta sarebbe molto probabilmente che si tratta di comportamenti “contro natura”.
Certo l’omosessualità appare molto spesso come disordine sociale e morale e negli anni recenti, con i vari Pride, lo ha spesso fatto provocatoriamente per dar voce al proprio disagio scandalizzando i benpensanti. Ma anche il Papa sa che ci sono omosessuali che vivono “civilmente” e con equilibrio la loro esperienza né più né meno dei tanti eterosessuali che non sono puttanieri, corruttori di minori, stupratori seriali o maniaci sessuali.
E non sarà inutile ricordare, o forse si, che molto spesso il “disordine” della vita omosessuale è direttamente legato allo stigma sociale che la colpisce. Ci sono per esempio ragazzi scacciati di casa perché scoperti gay che per vivere a volte finiscono nella prostituzione; ricatti fondati sulla paura di rivelazioni imbarazzanti, suicidi di persone che non reggono più la loro condizione in una società che non li accetta... ecc.
Lo stigma sociale è forse segno della oggettiva immoralità e anti-naturalità dell’omofilia?
Il punto è probabilmente che la morale tradizionale della Chiesa non può più seriamente ritenersi fondata sulla natura, che troppo a lungo è stata usata come il paravento della difesa di ogni ordine costituito, e che in tanti sensi non è più
I TEMPI CAMBIANO La morale tradizionale della Chiesa non può più seriamente ritenersi fondata sulla natura, che troppo a lungo è stata usata come il paravento della difesa di ogni ordine costituito
neanche filosoficamente la base dell’etica cristiana. O non può più esserlo.
Questa e tante altre spinose materie, pensiamo all’aborto, al divorzio, alla maternità surrogata ecc., possono essere ancora , di competenza – quasi – esclusiva della Chiesa?
La stessa legge sul divorzio dapprima era sembrata un attentato alla sacralità della famiglia, e come tale fu combattuta da molti partiti cattolici, ma alla fine ha avuto effetti positivi per molti.
Di larga parte della morale tradizionale, sempre difesa dalla Chiesa, sentiamo assai poco rimpianto in vero. Nella morale sessuale e familiare è probabilmente inevitabile che ci si attenga in genere alla cosiddetta natura: senza un certo legame con la famiglia e la trasmissione della vita sembra infatti difficile evitare che la sessualità diventi un far west abbandonato al consumismo più sfrenato, come del resto è de facto ormai nella nostra società. La Chiesa, ma anche del resto la legge civile, fa bene a resistere a questa deriva.
Ma tutto ciò giustifica l’ostilità della Cei a un progetto di legge che punisca l’omofobia? Nella Dichiarazione di Abu Dhabi, Sulla Fratellanza Umana firmata dal Papa e dalla massima autorità dottrinale musulmana nel 2019, si parla della diversità umana – persino di quella tra le religioni – come di un fatto provvidenziale che va rispettato riconoscendo le diverse forme di cultura, di vita e di comunità.
Solo così si può pensare a un’etica cristiana “liberale” che metta da parte i paletti della “natura” (che in certa filosofia tradizionale giustificava financo la schiavitù) che faccia riferimento alla, certo “naturale” riduzione della violenza, della sopraffazione e del dominio sulle persone. E che valuti anche le leggi della società civile in base al criterio della libertà e della fratellanza fra le persone.