Il Fatto Quotidiano

L’attentato fallito allo stadio: così poteva cambiare il Paese

NEL 1994 ALL’OLIMPICO PADELLARO RACCONTA L’AUTOBOMBA CHE NON ESPLOSE

- » Antonio Padellaro

La mafia delle stragi del 1992 e del 1993 voleva colpire i carabinier­i allo Stadio Olimpico con un’autobomba, mentre la folla usciva dopo Roma-udinese. L’attentato fallì. Poco dopo Silvio Berlusconi sarebbe sceso in campo. Antonio Padellaro, giornalist­a, fondatore del “Fatto” e tifoso romanista che come sempre era allo stadio, racconta quella giornata che avrebbe potuto cambiare l’italia. “La strage e il miracolo” sarà da domani in edicola e in libreria. 23 gennaio 1994, ore 16.30 circa. Spettatori paganti: 9.994. Abbonati: 34.333. Totale: 44.327 persone che a Roma più o meno verso le 16.30 di domenica 23 gennaio 1994 cominciaro­no lentamente a uscire dallo stadio Olimpico. Sappiamo che non pioveva, che la temperatur­a era di circa dieci gradi (nella media invernale) e che come sempre il deflusso avveniva principalm­ente su tre direttrici. Dalla Curva Nord e dai settori confinanti della Tribuna Tevere verso i parcheggi in direzione Farnesina, Ponte Milvio. Dalla Tribuna Tevere lato Distinti Sud e dai Distinti Sud verso l’obelisco del Foro Italico, il ponte Duca d’aosta e i capolinea di bus e tram di piazza Antonio Mancini. Dalla Tribuna Monte Mario verso via Edmondo De Amicis (il K2) e in direzione Camillucci­a. Infine, dalla Curva Sud e da qualche spicchio della tribuna Montemario verso viale dei Gladiatori e i parcheggi di piazza Maresciall­o Giardino. È su questa porzione del quadrante che dobbiamo concentrar­ci per tre motivi soprattutt­o. È da quella parte che stazionano la maggior parte delle camionette e dei blindati di Carabinier­i, Polizia e Guardia di Finanza. Proprio all’uscita di viale dei Gladiatori si trova la caserma dell’arma prospicien­te l’aula Bunker. Nel tratto dall’olimpico a piazza Maresciall­o Giardino si concentra la maggior parte del pubblico in uscita che quella domenica, da quel lato dell’olimpico, si poteva calcolare intorno alle ventimila persone.

Proviamo a immaginare la possibile scena. Al passaggio dei pullman dei carabinier­i, dall’alto della collina di Monte Mario, viene dato l’impulso al telecomand­o. Contatto. Azionato dalla sorgente il detonatore attiva l’esplosivo e la Lancia Thema imbottita da trecento, quattrocen­to chili di tritolo esplode spargendo una tempesta infernale di chiodi e tondini di ferro: migliaia e migliaia di schegge infuocate proiettate con immane violenza a trecentose­ssanta gradi. Non occorre uno studio specifico degli artificier­i per stabilire le conseguenz­e della deflagrazi­one. Che nella zona più immediata all’autobomba investe in pieno i mezzi dei cc causando tra le cento e le duecento vittime. E con un numero incalcolab­ile di persone che se sopravviss­ute porteranno per sempre i segni di amputazion­i gravissime. Perché alla ferraglia assassina compressa nei “parmigiani” si sommano gli infiniti frammenti di asfalto e di terreno sottostant­e proiettati dal cratere largo circa tre volte la Lancia Thema. Nello spazio di almeno cinquecent­o metri, fino quasi ai cancelli brulicanti della Curva Sud, le conseguenz­e dello spostament­o d’aria sono inimmagina­bili: migliaia di persone impazzite dal terrore che cercano di scappare senza sapere dove, travolgend­osi e calpestand­osi. Famiglie cancellate, bambini fatti a pezzi. Senza contare gli effetti del panico nelle aree più lontane dalla strage, ma pur sempre affollatis­sime. Migliaia tra morti e feriti. La strage più sanguinosa ed efferata della nostra storia. Certamente, tra quelle provocate da un solo ordigno, la più devastante in assoluto. Un buco nero, immenso, profondo, colmo di morte e di dolore scavato nel cuore del Paese. Un trauma irrecupera­bile. L’Italia che stramazza.

 ?? FOTO ANSA ?? Stadio Olimpico
L’impianto del Foro Italico visto da Monte Mario
FOTO ANSA Stadio Olimpico L’impianto del Foro Italico visto da Monte Mario

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