La “Trama Zero” per favorire Lo Voi a Palermo
TOGHE Nel 2016 chiude la partita il Consiglio di Stato, presieduto da Virgilio: Pignatone (per il pm Fava) lo conosce da anni, ma lo indaga senza astenersi
Luca Palamara faccia i nomi e i cognomi. Ormai è un ritornello quotidiano. Non c’è dubbio che su più di un argomento dovrebbe dire tutto ciò che sa. Anche della vicenda Lo Voi- Lo Forte. Dovrebbe spiegare perché, per esempio, nel maggio 2019, parlando con il consigliere del Csm Luigi Spina del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, gli dice queste parole: “Lo Voi lo fa fa Pignatone il ricorso de Lo Forte... c’è pure Pignatone in mezzo... sono dei matti...”. Vediamo a cosa fa riferimento.
Nel gennaio 2016 il Consiglio di Stato, con i giudici Riccardo Virgilio presidente e Nicola Russo relatore, chiude la partita sulla procura di Palermo: boccia il ricorso di Guido Lo Forte, che aveva vinto al Tar, e conferma Francesco Lo Voi a capo della Procura.
La nomina di Lo Voi è del dicembre 2014. Una delle prime di cui si occupa il Csm in cui s’è appena insediato Palamara. Quest’ultimo, ufficialmente, si schiera con Lo Forte. Interrogato dalla Procura di Perugia – spiegando di averne parlato con il procuratore aggiunto di Roma Giuseppe Cascini – racconta: “Cascini mi chiese pure se sapevo di qualcosa tra Pignatone e Lo Voi ed in particolar modo delle vicende inerenti il ricorso al Consiglio di
Stato. Mi riferisco alla nomina del Procuratore di Palermo che (...) mi aveva visto fortemente impegnato a sostenere Franco Lo Voi fortemente voluto da Pignatone”.
Una nomina che vantava un precedente importante: nell’agosto 2014, con la precedente consiliatura del Csm, quando Lo Forte è a un soffio dalla vittoria, il presidente della Repubblica Giulio Napolitano invia una lettera al Csm chiedendo di rispettare i criteri cronologici per gli uffici giudiziari. La procura di Palermo è in fondo alla lista e la pratica passa al Csm successivo che nomina Lo Voi.
Il ricorso di Lo Forte, che vince al Tar, rimette però tutto in discussione. Ma tutto resta invece come prima: il Consiglio di Stato dà ragione a Lo Voi. Sia Lo Forte sia Lo Voi hanno ovviamente soltanto esercitato i loro diritti. E il seguito della storia non riguarda loro ma i due giudici che si occupano del contenzioso. Sia Virgilio sia Russo saranno poi indagati per corruzione in atti giudiziari dalla procura di Roma guidata da Pignatone. I loro nomi finiscono anche negli atti della procura di Perugia – non da indagati – che indaga su Palamara. Un testimone sostiene che il pm si sia interessato del ricorso in questione e di averlo saputo da Russo. È certo che Russo conosca Palamara. Ma Palamara da questo sospetto ampiamente scagionato. Durante il suo interrogatorio, peraltro, l’argomento viene affrontato solo di sfuggita. A sua voltarusso, interrogato dai pm romani, dice di aver ricevuto segnalazioni sui suoi procedimenti da magistrati e ufficiali della Finanza. Quando gli chiedono i nomi però non fiata. Sottolinea di aver sempre agito correttamente. Leggendo gli atti di Perugia si scopre che, se da un lato Russo frequentava Palamara, il presidente del Consiglio di Stato Virgilio frequentava invece Pignatone. E con questo non abbiamo ovviamente intenzione di sostenere che l’ex procuratore di Roma sia mai intervenuto sulla vicenda in questione. Il punto è un altro. E riguarda un altro fronte del caso Palamara: lo scontro con il pm Stefano Fava, che presenta un esposto al Csm perché ritiene che il suo capo non si sia astenuto da alcuni fascicoli che riguardavano gli indagati Giuseppe Centofanti e Piero Amara. Il primo è un semplice conoscente di Pignatone, il secondo ha avuto rapporti di lavoro con il fratello del magistrato, Domenico Pignatone (Amara sostiene però di non averlo mai retribuito, ndr). E in effetti Pignatone nel maggio 2017 – alcuni mesi dopo l’avvio dell’indagine – scriverà all’allora procuratore generale della corte d’appello, Giovanni Salvi, chiedendogli se debba astenersi, ricevendo l’autorizzazione a occuparsi dei fascicoli. Negli atti di Perugia si legge però una lettera in cui Fava, il 5 marzo 2019, scrive a Pignatone per ricordargli che, nel 2016, gli ha “comunicato di c o no s c e re ” Virgilio “da trenta anni”. E che quando Fava gli ha comunicato “le
risultanze investigative” Pignatone ne era rimasto “molto sorpreso” perché lo “aveva conosciuto come persona integerrima”. Della conoscenza di Virgilio, però, in base agli atti che abbiamo potuto consultare, Pignatone non scrive nulla a Salvi quando gli chiede se debba astenersi. Eppure – se quanto Fava sostiene è vero – si tratterebbe di una frequentazione di 30 anni, superiore alla conoscenza con Centofanti, che invece menziona. “Non credo sia questa la sede per fare valere le mie ragioni e i miei diritti” ci ha risposto Pignatone quando gli abbiamo chiesto di commentare le parole di Fava e Palamara. “In questa vicenda – aggiunge – io sono parte lesa di condotte altrui, come già risulta da provvedimenti adottati dalle Autorità competenti. Se poi ci sono cose da chiarire in sede istituzionale, le chiarirò in quella sede”.
La Procura Nel 2014 Lo Forte è a un soffio dalla vittoria, ma Napolitano fa rinviare la pratica al Csm successivo: vince Lo Voi Palamara: “Lo voleva Pignatone”