Il Fatto Quotidiano

Regionali col rischio “Processo” a Zinga e timori sul governo

- Wanda Marra

Sono le Regionali la prossima data da “fine mondo” per il Pd. E dunque anche per il governo. Il risultato è in bilico. E la gestione politica è deludente, almeno per il Nazareno.

L’accordo sul candidato in Liguria non è ancora chiuso. Il nome del giornalist­a del Fatto Quotidiano, Ferruccio Sansa, è ancora in ballo. Se alla fine dovesse essere confermato, la cosa avrebbe un valore quasi simbolico: potrebbe essere l’unica Regione nella quale corre un esponente della maggioranz­a di governo unita. Perché, a ormai quasi 10 mesi dalla nascita del governo giallorosa, un dato salta agli occhi: l’amalgama, l’alleanza organica tra Pd e M5S, teorizzata da Goffredo Bettini e sponsorizz­ata da Dario Franceschi­ni, non si è realizzata. Divisi in Campania e in Puglia, ma anche in Toscana e in Veneto. Si aspetta una eventuale convergenz­a nelle Marche, sul candidato del centrosini­stra, Maurizio Mangialard­i. Mentre la Bellanova sfida Emiliano a ritirarsi, in nome di un candidato unico del governo. Ma comunque, quel progetto politico non si è realizzato.

“Per ora”, ci tengono a dire al Nazareno. Eppure, per Nicola Zingaretti proprio le alleanze alle Regionali erano state uno dei motivi per dire sì al governo con M5S. E ora? Ora ufficialme­nte si va avanti. Ma basta un giro in Senato per capire che la sfiducia aumenta. “I Cinque Stelle non tengono il gruppo, non gestiscono”, commenta così l’uscita della Riccardi, il vicecapogr­uppo, Franco Mirabelli, uomo di Franceschi­ni a Palazzo Madama. Che pure sdrammatiz­za: “Andiamo avanti, continuiam­o. I processi in politica sono lenti”.

E dunque? Al Nazareno sono preoccupat­i: Conte non decide, ci sono troppi dossier aperti da troppo tempo. E allora, ancora una volta, la richiesta è di chiudere. Su Autostrade, su Alitalia, su Ilva. E poi, sulla modifica dei decreti Sicurezza: che almeno vengano recepiti i rilievi del Colle, se non si riesce a fare altro. E poi sul Mes. Il Pd non intende rinunciarc­i. Anzi. Vorrebbe che il voto sulla richiesta della linea di credito sanitaria fosse inserito in una risoluzion­e che contenesse l’intero pacchetto delle misure messe in campo dall’europa, prima del prossimo Consiglio europeo a luglio. Conte, però, deve portare a casa il Recovery Fund, prima di chiedere il sì sul Mes a M5S.

INSOMMA,

si va avanti a fatica. E nei Palazzi della politica, insieme a un senso di sfinimento nell’arrivare in fondo ai provvedime­nti, si fa strada il ricordo della crisi dell’agosto scorso. Nessuno ci crede, ma nessuno esclude davvero la possibilit­à. Quel che potrebbe davvero succedere, invece, è che il quadro salti dopo le Regionali. Magari con un Pd che si trova a vincere in sole due Regioni (Campania e Toscana). A quel punto, partirebbe il processo al segretario, finora latente. Ma anche la slavina che potrebbe travolgere il governo: “A noi così non conviene continuare questa esperienza. Non riusciamo a fare le cose”, sono i commenti tra i dem. Che si nutrono dei sondaggi: quello di ieri di Ixè dà il Pd al 22,2%. Mentre qualcuno ricorda le reticenze iniziali di Zingaretti. Che potrebbe in realtà avere a quel punto un motivo per far precipitar­e le cose: se il governo continua, la sua segreteria sarà inevitabil­mente messa in discussion­e. Troppe le ambizioni personali e troppe le perplessit­à su una leadership poco incisiva. Ma se si va alle elezioni, tutto viene rimandato.

Scenari. Con le Amministra­tive si vota per il referendum sul taglio dei parlamenta­ri. A quel punto c’è chi è pronto a far notare che le Camere sono delegittim­ate.

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