Chiomonte, il cantiere avanza I Notav pronti all’estate calda
Marce nei boschi, flash-mob nelle piazze dei paesi di montagna, presidi fissi nei vecchi mulini a fianco del cantiere e proteste in cima agli alberi. Con la ripresa dei lavori a Chiomonte – mirati ad allargare il cantiere per costruire opere collaterali al tunnel della Maddalena – si riaccende la l o tt a dei No Tav, che da trent ’anni si oppongono alla grande opera. “Mobilitazione permanente” è la parola d’ordine e la spiegazione di cosa sta avvenendo in Val di Susa da domenica scorsa. Un gruppo di No Tav, prevedendo che nel giro di poche ore sarebbero arrivate le ruspe, lo scorso weekend si è piazzato negli ex mulini dei boschi della Clarea, a cento metri dai cancelli del cantiere. La zona è stata interdetta dal prefetto di Torino con un’ordinanza, ma i No Tav sono rimasti lì, barricati e “circondati” dalle forze dell’ordine. I fabbricati sono stati concessi tempo fa in comodato d’uso a un militante No Tav. “È il nostro presidio permanente del movimento”, spiega Guido Fissore, di Villar Focchiardo, ex consigliere comunale e anima storica dei No Tav della val di Susa. “Ogni sera – racconta – ci troviamo e camminiamo insieme da Giaglione ai mulini per portare viveri, acqua e dare il cambio alle persone che resistono. Continueremo così”.
IL PRESIDIO serve ai No Tav sia per dimostrare la contrarietà all’opera, sia come punto d’osservazione. Non è l’unico strumento della protesta No Tav.
“Ci siamo immaginati – spiega Francesco Richetto, di Bussoleno – un’estate con una forte mobilitazione in cui cercheremo di dare la possibilità a tutti i No Tav di essere presenti, in valle e non solo. Venerdì sera faremo una grande assemblea e metteremo giù un calendario a misura di Covid, con appuntamenti all’aperto, nel rispetto delle misure di sicurezza. Pensiamo a eventi culturali, musicali e di lotta”. La voglia di dire “no” all’estensione di un cantiere percepito come “inutile” e “dannoso”, viene ribadita ogni sera. Da lunedì dopo le 18 un corteo parte da Giaglione per raggiungere il presidio dei Mulini. Qualche sera fa i No Tav sono arrivati fino alle reti. Le forze dell’ordine hanno sparato lacrimogeni nei boschi. La prosecuzione dei lavori in questo momento, dopo la pandemia,
“è un’aggressione criminale”, precisa Richetto. “Non solo dal punto di vista materiale – sottolinea - ma dal punto di vista politico e progettuale. Ripartire, con il Covid, con gli stessi errori di prima non ha senso. Non c’è una visione di rispetto per l’ambiente e per l’uomo, in una fase che dovrebbe essere invece non di spese folli e di sprechi, ma di armonia tra l’uomo e la natura. Dovremmo seminare cose utili, mentre la Corte dei conti francese ci dice che le ricadute del Tav arriveranno forse nel 2080”. “Protestiamo – spiega Guido Fissore, nel movimento dal 1990, quando iniziarono le prime proteste – anche perché per allargare il cantiere di un solo ettaro, hanno dispiegato hanno militarizzato un’area e bloccato tre chilometri di valle. Per noi è una follia”.