Il Fatto Quotidiano

Errori e varianti: è il costruttor­e Telt la causa dei mega-ritardi dell’opera

- Luca Giunti*

La scorsa settimana la Corte dei Conti europea ha pubblicato una relazione su alcune mega infrastrut­ture di trasporto. Il rapporto esprime un giudizio severo per la grande opera della Val di Susa: i ritardi, l’insostenib­ilità economica, gli irrecupera­bili danni ambientali, l’inefficaci­a del progetto. Non è una novità. Le Corti dei Conti hanno sempre segnalato le criticità della Torino-lione. Quella francese nel 2012 ne stimò la spesa totale in 26 miliardi, giudicando­la insopporta­bile (9,6 costa solo il tunnel di base). Quella italiana denunciò il debito generazion­ale provocato dall’intera rete ferroviari­a AV quando i ragazzi del Fridays for Future erano ancora bambini.

NON È NULLA

di nuovo per chi è abituato a studiare i documenti ufficiali e non i comunicati stampa di Telt. La quale spesso nei suoi annunci implicitam­ente ammette di progredire molto lentamente: da dicembre 2018 ad aprile 2020, ad esempio, 3,5% di avanzament­o in 15 mesi ( 0,23% al mese, 2,8% all’anno). Le testimonia­nze si sprecano. L’architetto Mario Virano, al timone prima come Commissari­o di Governo e poi come Direttore generale della stessa Telt, nel 2009 al Senato aveva annunciato l’avvio dei cantieri principali per l’autunno 2013. A ottobre 2013 in Commission­e Trasporti della Provincia di Torino li posticipò tra il 2015 e il 2016. La Gazzetta Ufficiale del 24 gennaio 2018 nella Delibera Cipe n. 67 rese pubblico un cronoprogr­amma ottimistic­o: inizio degli scavi del tunnel a ottobre 2017 e dei lavori di attrezzagg­io e impiantist­ica a gennaio 2026. Inimmagina­bile. Non è una novità nemmeno che Telt perda i finanziame­nti europei. È già successo a Chiomonte, dove non è riuscita a spendere 400 milioni. L’UE glieli ha riassegnat­i nel bilancio seguente, ma non è detto che il giochino riesca sempre.

Telt attribuisc­e i ritardi al Movimento No Tav. Da un lato, nessuno dei documenti ufficiali citati lo indica tra le cause; dall’altro, perché amministra­tori, tecnici e cittadini non dovrebbero opporsi a un’opera che è certificat­a essere inutile e devastante per l’ambiente? Un’altra scusa invocata da Telt riguarda le autorizzaz­ioni ministeria­li e la burocrazia, troppo lente. Nemmeno queste reggono. La Torino-lione è incardinat­a dentro la Legge Obiettivo del governo Berlusconi che le garantisce iter privilegia­ti, tanto è vero che, al contrario di qualsiasi infrastrut­tura normale, al gestore – prima Ltf oggi Telt – è concesso di approvare da sé le varianti in corso d’opera. Questo è uno dei punti caldi. La superficia­lità nella progettazi­one e la contraddit­torietà di molti indirizzi fanno sì che le modifiche siano frequenti, dopo l’approvazio­ne definitiva. Il cantiere di Chiomonte, modesto, ne ha viste ben 6 in 6 anni. Alcune erano di poco conto ma altre, come la modifica del deposito dello smarino, piuttosto rilevanti. Cambiare u n’opera autorizzat­a comporta rinvii, nuove valutazion­i e insofferen­za nei funzionari.

Il cantiere di Chiomonte è un buon esempio anche per altri fenomeni. L’area venne sgomberata a luglio del 2011 ma i lavori veri e propri, secondo Telt, sono iniziati solo l’anno dopo. Quando il progetto venne approvato nel 2010 era descritto come un cantiere provvisori­o di 5 anni, da rinaturali­zzare e restituire alla comunità. Anche per questo aveva ottenuto una valutazion­e di impatto ambientale positiva, pur con decine di prescrizio­ni e critiche. Se, passati 5/6 anni, come è accaduto, il progetto viene cambiato e diventa senza fine, è evidente che le valutazion­i e le autorizzaz­ioni dovranno essere ripresenta­te e riapprovat­e, dilatando tempi e costi.

IL PROGETTO d el la Torino-lione ha visto la sua prima analisi costi-benefici nel 2012, oltre vent’anni dopo la sua ideazione. Produceva un risultato di poco positivo – nonostante le critiche metodologi­che riportate persino al suo interno – solo a condizione che l’intera nuova ferrovia fosse in esercizio nei tempi stabiliti. La Francia ha deciso di valutare solo dopo il 2030 se fare la sua tratta nazionale, e l’italia non ha ancora licenziato un vero progetto per la porzione Bussoleno-torino. La Torino-lione è vecchia e climaticid­a. Prima verrà accantonat­a, meglio sarà per tutti. *Membro della Commission­e

Tecnica Torino-lione

REPORT UE IL PROGETTO È UNO SPRECO MA LO SI SA DA DECENNI

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Nato come “temporaneo” licantiere Tav di Chiomonte doveva durare solo 5 anni FOTO LAPRESSE

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