A scuola così: orari diversi, mascherine, banchi singoli
Proteste in piazza e istituti autonomi
■Previsto in giornata l’accordo finale con le Regioni. Ieri nel Consiglio dei ministri la Azzolina ha chiesto lo stanziamento di un ulteriore miliardo per garantire le nuove misure
Immaginiamo così la scuola di settembre, nei panni di uno studente: si avrà un orario diverso da quello delle altre classi per entrare, si dovranno seguire i percorsi indicati sul pavimento e nei corridoi, indossare la mascherina se si hanno più di sei anni (a meno che ad agosto il ministro della Salute non rilevi che se ne possa fare a meno), andare in classe e sedersi al proprio banco che dovrebbe essere singolo, sanificato e avere almeno due metri quadrati di spazio esclusivo a disposizione. Forse il compagno di classe sarà seduto di fronte, forse – se la scuola ha ricevuto abbastanza soldi ed è riuscita a spenderli in tempo – il banco sarà high tech e con le rotelle, forse in classe ci sarà solo una parte dei compagni a fare italiano, gli altri saranno a studiare matematica insieme ad un’altra classe o a giocare a basket con l’allenatore della squadra dell’oratorio. Poi ci sarà il cambio, si passerà alla matematica o al basket, facendo attenzione a non incontrarsi. O forse si imparerà a suonare uno strumento musicale. Chissà. La certezza, per ora, è che per ogni scuola sarà diverso. Per ogni città, paese, plesso. Bisognerà adeguare la didattica alle peculiarità dell’istituto e degli enti locali. Sono i limiti delle linee guida, che danno per definizione un indirizzo, poi la declinazione sarà lasciata all’autonomia delle scuole in base alle loro caratteristiche. Il massimo possibile secondo alcuni, il minimo indispensabile secondo altri. La verità è nel mezzo: tra ciò che è stato deciso e ciò che si sarebbe potuto fare meglio, adesso e decenni addietro.
IL TEMPO.
Le linee guida, che dovrebbero essere approvate oggi, arrivano quando mancano solo due mesi alla riapertura delle scuole (uno dei quali è agosto), confermata al 14 settembre. Il tempo è poco: si stabilisce ora di creare tavoli regionali e cabine di regia che facciano ispezioni e ricognizioni dei problemi e delle necessità nelle scuole per capire come stanno messe. “Una classificazione che avrebbero dovuto elaborare da oltre un mese con l’ausilio dei presidi – ha detto il presidente dell’as so ci az io ne nazionale presidi, Antonello Giannelli nei giorni scorsi –. Noi dirigenti non possiamo toccare uno spillo nelle scuole che sono di proprietà dei comuni, di province o città metropolitane”. Il tavolo di lavoro che ha analizzato tutti gli aspetti della didattica si è insediato il 23 marzo e ha lavorato per due mesi. Ora si spera che le regioni riescano a fare tutte le ricognizioni in una settimana e che in base alle richieste e alle necessità si possano stanziare soldi con un decreto già dal 15 luglio. A inizio giugno è stata prevista la figura del “sindaco commissario” che potrà fare interventi sulle strutture in modo più veloce (buttare giù un muro, ad esempio) e ieri in Consiglio dei ministri è stato chiesto un miliardo in più per l’organico e i nuovi spazi. È una corsa contro il tempo con molte incognite. L’aspirazione a un miracolo, per citare Conte.
PERSONALE.
Si parla poi di ulteriore personale, se necessario nei casi in cui per forza di cose le classi dovranno essere rimodu
late o le loro ore ridistribuite. E potrà solo essere personale supplente dal momento che in questi mesi non sono stati fatti - causa epidemia - i concorsi ordinari per assumere gli insegnanti che erano previsti. Anche in questo caso, dovranno essere le scuole e le Regioni a fare il punto sui bisogni per la didattica, sempre con la stessa corsa contro il tempo di cui sopra. Gli istituti che non lo prevedono, potranno riaprire il sabato e sarà possibile richiedere anche più personale non-docente. Basti pensare che ogni spostamento e cambio d’ora diventerà più complesso per il distanziamento e la sanificazione, dunque dovrà aumentare la vigilanza da parte di tutti. I tempi si dilateranno. Anche perché le linee guida prevedono poi la possibilità di rimodulare le classi e le lezioni, di far spostare i ragazzi nei diversi spazi dentro e fuori le scuole, di aggregarli ad altre classi e laboratori in base alle necessità. Insomma, un po’ meno rapporto docente - classe, un po’ più “scuola americana” itinerante. Meglio all’aperto, se possibile e con la didattica a distanza se necessario.
IL VERO PROBLEMA.
Lo abbiamo già raccontato: ridurre il numero di studenti per classe non è stata una opzione tenuta in considerazione. Avrebbero raddoppiato gli spazi e i docenti. Guardiamo ai numeri. La distanza tra gli alunni deve essere di almeno un metro. Questo significa che come minimo ogni alunno avrà bisogno di circa quattro metri quadrati. La settimana scorsa era stato Tuttoscuola a simulare, a ribasso (quindi su due metri quadrati), la condizione delle scuole italiane, assumendo come dato di partenza un’au la scolastica tipo di circa 48 metri quadrati. Togliendo lo spazio per la cattedra, ne resta per accogliere al massimo 17-18 alunni. In sostanza, sarebbero 241.466 le classi costrette a ricercare soluzioni logistiche alternative. E ipotizzando che una parte vada a finire in aule adeguatamente capienti e un’altra in adeguati spazi alternativi, nel migliore dei casi ci sarebbero non meno di 72mila nuove classi nate per sdoppiamento. “Le classi sdoppiate dovrebbero adattarsi a turnare con due possibili opzioni – si legge - dimezzare gli orari delle lezioni e avvalersi degli stessi insegnanti su ogni turno oppure mantenere gli orari di lezione raddoppiando il numero degli insegnanti”. Nel primo caso gli studenti dimezzerebbero il tempo di studio, nel secondo si dovrebbe andare a scuola anche di pomeriggio. “Le classi sdoppiate, in ogni grado, avrebbe bisogno di 124.591 docenti in più”. Con un costo per lo stato di diversi miliardi di euro. Ad oggi, gli insegnanti, tra tempo determinato e indeterminato, sono 872.268, la spesa per i loro stipendi ammonta a poco meno di 40 miliardi all’anno.
GLI ENTI LOCALI.
La ricerca di spazi alternativi viene poi affidata ai “patti territoriali” tra le scuole e altre realtà adatte ad accogliere gli studenti. Potranno essere coinvolti anche animatori e persone che possano portare avanti “attività integrative o alternative alla didattica, anche inerenti al terzo settore (ad es. le associazioni sportive dilettantistiche) al associazioni musicali, teatrali, artistiche in generale” si legge nelle linee guida. A queste persone sarà affidata anche la responsabilità di sorveglianza e vigilanza degli alunni. Dovranno essere scelte, nominate e infine pagate ma non è chiaro in che modo e con che garanzie. Senza contare che cambierà l’intensità della didattica e che pende sulla testa dei presidi (molti dei quali in procinto di andare in pensione e che saranno sostituiti il primo settembre) il tema della responsabilità in caso di contagio. Anche qui poche certezze: resta la responsabilità datoriale, ma il timore è che possano averla anche per gli alunni.
Bisognerà correre per identificare i fabbisogni degli istituti e stanziare i fondi