Fca, un recupero dell’occupazione, ma solo nel 2022
Dopo essersi assicurato il finanziamento da 6,3 miliardi garantito dallo Stato Fca ha informato ieri il Parlamento con una audizione del suo responsabile per l’europa e il Medio oriente, Pietro Gorlier, alla commissione Industria del Senato. E oltre alle rassicurazioni generali il dirigente della casa automobilista ha dovuto fare un’ammissione che non rassicura per niente: “Abbiamo un piano di riassorbimento completo di tutta la manodopera che abbiamo in Italia per il 2022-23” ha infatti spiegato ai senatori Gorlier. Un’eternità per un gruppo che è ancora in larga parte in cassa integrazione e con pochissime produzioni riattivate. Del resto, dalle sue parole si capisce che il finanziamento servirà a tappare i buchi provocati dal Covid e che per rimettersi in sesto e quindi riassorbire quanti oggi sono in Cassa integrazione, servirà molto tempo. I 6,3 miliardi di finanziamento Sace “sono legati alle nostre necessità di liquidità nel breve periodo, quindi coprono le spese che stiamo sostenendo in Italia e hanno lo scopo di sostenere noi e la nostra filiera”. La situazione è allarmante: “Sul mercato italiano ci sono 450 mila veicoli in stock, che non vengono assorbiti alla velocità di prima”. E quindi Fca chiede incentivi all’ibrido leggero per rimettere in moto la filiera “e alleggerire la posizione finanziaria, oggi molto critica, di 12 mila concessionari”. Nessun trasferimento di produzione all’estero ma, come detto, riassorbimento dell’occupazione in un tempo lungo.
Sulla vicenda incombe l’emendamento al decreto Rilancio presentato alla Camera dal Pd Gianluca Benamati che propone 4 mila euro di incentivo per le auto Euro 6 con emissioni di CO2 superiori a 61 grammi al chilometro. Non esattamente ecologiche. Un emendamento che preoccupa, ad esempio, la Fiom che con Michele De Palma chiede un tavolo di confronto serio ma anche una scelta più ecologica sugli incentivi in grado di affrontare il problema degli stock di auto in giacenza e prendendo a esempio proprio quanto fatto dalla Francia. Il presidente della commissione Industria del Senato, Pietro Girotto, del M5S, se da un lato dice che “finalmente abbiamo un impegno pubblico per quanto riguarda l’occupazione” dall’altro garantisce di “vigilare affinché questi impegni siano confermati”.
La situazione, come si vede, è piuttosto complessa e può avere un’influenza sul processo di fusione con Psa-peugeot. Carlo Tavares, Ad di Psa-peugeot, intervenuto ieri a margine dell’assemblea degli azionisti francesi, ha invitato a “non destabilizzare” la fusione che, a suo dire procederà secondo le linee guida indicate. La dichiarazione da un lato vuole assicurare che le richieste della Ue, relative al possibile ruolo dominante nel campo dei furgoni leggeri, sembra soprattutto rispondere a quanto sollevato il giorno prima dal fondo di investimento francese Phitrust (azionista di Psa con obiettivi “sociali e ambientali”): “Dopo l’annuncio della fusione Psa-fca, ha scritto il Fondo, il gruppo Psa ha mostrato la sua resistenza alla crisi grazie a una liquidità favorevole e alla buona gestione dei suoi costi: non è il caso del gruppo Fca il cui equilibrio finanziario è apparso più fragile”. La situazione dei due gruppi, quindi, non giustificherebbe una fusione “50/50” come deciso a dicembre e quindi non si giustificherebbe il ricco dividendo da 5,5 miliardi per gli azionisti di Fca, leggi gli Agnelli. Il prestito italiano, che al momento non offre grandi certezze sul fronte dell’occupazione, potrebbe paradossalmente mettere nei guai anche la fusione.